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Gasdotto e terremoti. Diritti delle popolazioni e difesa dei territori.

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Il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus aderisce all’incontro promosso da Mounitain Wilderness – Umbria e dai Comitati Norcia per l’Ambiente e No devastazioni Umbria fra tutti i soggetti che si battono contro il progetto di gasdotto SNAM che vorrebbe attraversare l’Appennino sovrapponendosi alle faglie sismiche fra le più pericolose d’Italia, con i Comitati popolari dei territori colpiti dai recenti sisma per rivendicare il diritto alla ricostruzione e a restare nei propri paesi.

Un Appennino senza popolazioni diventerebbe terra di nessuno, facile preda di multinazionali e sfruttamento indiscriminato.
All’incontro sarà presente il geologo Francesco Aucone e una rappresentanza del Movimento No Tap. Tutti sono invitati a partecipare, l’incontro è aperto a tutti.
L’appuntamento è presso la sala conferenze del parco naturale regionale di Colfiorito, a Foligno (PG), il 2 aprile 2017, alle ore 10.30.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus


Per estrarre il marmo è necessario che la cava sia autorizzata.

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Massa, Cava Valsora Palazzolo

anche sulla Rivista telematica di diritto ambientale Lexambiente (“Per estrarre il marmo è necessario che la cava sia autorizzata“), 28 marzo 2017

 

Pronuncia di rilevante interesse, seppure in sede cautelare, da parte del T.A.R. Toscana in materia di attività estrattiva.

L’ordinanza T.A.R. Toscana, Sez. II, 16 febbraio 2017, n. 94 interviene in uno dei numerosi contenziosi presenti riguardanti i siti estrattivi del marmo sulle Alpi Apuane.

L’attività estrattiva del marmo, com’è noto, è tanto remunerativa quanto fortemente impattante sul territorio e sul paesaggio, nonché sulle risorse naturali.   Assume, quindi, estrema importanza il rispetto rigoroso delle autorizzazioni amministrative per le cave e il relativo esercizio.

Nella fattispecie concreta, il contenzioso è nato dall’avvenuto accertamento di attività estrattiva condotta dalla Turba Cava Romana s.r.l. nella Cava Valsora Palazzolo in difformità rispetto al piano di coltivazione autorizzato e alla conseguente contestazione effettuata dal Comune di Massa (nota Settore 6, Ambiente, Attività produttive, Mobilità, Sport, Turismo prot. n. 1498 del 13 maggio 2016) e al successivo diniego di autorizzazione paesaggistica in sanatoria (note Settore 6, Ambiente, Attività produttive, Mobilità, Sport, Turismo prot. n. 27209 e 27210 del 12 gennaio 2017), a causa del parere negativo (verbale n. 22565 del 12 gennaio 2016 in sede di conferenza di servizi) emanato dalla competente Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Lucca.

Alpi Apuane, marmettola cementata in un corso d’acqua

Nell’ambito della conferenza di servizi del 12 gennaio 2016 la Società estrattiva aveva presentato, ai sensi dell’art. 64 della legge regionale Toscana n. 30/2015, un progetto di risistemazione ambientale comprendente attività estrattive.

Il parere negativo della Soprintendenza appare in via generale ampiamente giustificato, in quanto l’accertamento della compatibilità paesaggistica postumo è consentito (art. 167, comma 4°, del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) solo nei “casi eccezionali degli abusi minori ivi catalogati”, come da giurisprudenza costante (vds. Cass. pen., Sez. III, 15 gennaio 2014, n. 1486).

Infatti, il rilascio di autorizzazione paesaggistica in sanatoria è consentito solo

“a) per i lavori, realizzati in assenza o difformita’ dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l’impiego di materiali in difformita’ dall’autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”.

In nessun caso è consentito quando l’attività estrattiva non sia autorizzata, conducendo il Giudice amministrativo toscano ad affermare che “il ricorso principale appare infondato stante la necessità di munirsi del titolo abilitante all’escavazione, anche se effettuata per motivi di sicurezza”.

Il Collegio concede comunque la sospensione cautelare dell’efficacia del provvedimento, ma solo in quanto il diniego della Soprintendenza è stato motivato in modo troppo succinto e solo “a fini di un riesame da parte della Soprintendenza da effettuare entro trenta giorni dalla comunicazione della presente ordinanza”.  Una motivazione adeguata dovrebbe condurre a dissipare i residui dubbi in sede di udienza di discussione nel merito, già convocata per il 13 giugno 2017.

Alpi Apuane, cave del Sagro (fra cui Castelbaito Fratteta)

Da evidenziare è anche l’avvenuta sospensione dei lavori estrattivi non autorizzati e l’ordine di ripristino ambientale effettuato con ordinanza del Presidente del Parco naturale regionale delle Alpi Apuane n. 2 del 3 giugno 2016 ai sensi dell’art. 64 della legge regionale Toscana n. 30/2015.

Urge, però, evidenziare una grave carenza della normativa regionale in materia di aree naturali protette in correlazione con quella estrattiva, alla luce della situazione esistente.

Si deve ricordare che gran parte del comparto estrattivo del marmo ricade nell’ambito del parco naturale regionale delle Alpi Apuane e che, ai sensi dell’art. 69 della legge regionale Toscana n. 30/2015, “l’ente parco svolge tutte le funzioni relative ad accertamenti, valutazioni, considerazioni, autorizzazioni, atti in proposito”.  Tuttavia, è previsto soltanto il potere di ordinare la sospensione dei lavori e il ripristino ambientale (art. 64 della legge regionale Toscana n. 30/2015), ma non è prevista la possibilità di revoca delle autorizzazioni in caso di accertata grave violazione delle prescrizioni autorizzative.

Per sua stessa natura, poi, la sospensione dei lavori non può che essere temporanea (vds. Cons. Stato, Sez. IV, 22 febbraio 2017, n. 823).

Potrebbe soccorrere la previsione di cui all’art. 21 della legge regionale Toscana n. 35/2015 sulle cave, che dispone (comma3°) l’adozione da parte del Comune territorialmente competente del provvedimento di decadenza dalla concessione estrattiva, qualora l’Impresa estrattiva non provveda alla sospensione dei lavori in caso di violazione delle prescrizioni autorizzative o alla messa in sicurezza ovvero al rispristino ambientale (commi 1° e 2°).

Potrebbe anche applicarsi la disposizione generale sulla revoca degli atti amministrativi di cui all’art. 21 quinques della legge n. 241/1990 e s.m.i., ma nella realtà dei fatti questo non avviene.

A fronte di numerosi e reiterati casi di riscontrata grave violazione delle prescrizioni autorizzative da parte di Aziende estrattive del marmo sulle Alpi Apuane con gravissimi danni all’ambiente e alle risorse naturali (soprattutto al patrimonio idrico), non si registrano i conseguenti opportuni provvedimenti di revoca e chiusura dei relativi siti estrattivi.

De iure condendo è ormai improcrastinabile un intervento del Legislatore regionale che preveda l’obbligo di chiusura dell’attività estrattiva e del successivo ripristino ambientale (per quanto è possibile) in caso di riscontrate gravi violazioni di prescrizioni e limiti delle autorizzazioni alle attività estrattive del marmo.

dott. Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

Alpi Apuane, Fivizzano, Cava Vittoria, scarico detriti (15 luglio 2016)

00094/2017 REG. PROV. CAU.

01193/2016 REG. RIC.        

   

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 1193 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Turba Giorgio in qualità di legale rappresentante dell’impresa Turba Cava Romana s.r.l., rappresentato e difeso dagli avvocati Laura Buffoni e Piero Fillioley, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via delle Masse 139;

contro

il Comune di Massa in persona del Sindaco in carica rappresentato e difeso dagli avvocati Francesca Panesi e Manuela Pellegrini, con domicilio eletto presso l’avv. Domenico Iaria in Firenze, via dei Rondinelli 2;
l’Ente Parco Regionale delle Alpi Apuane in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Fabio Ciari, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale in Firenze, piazza dell’Unità Italiana, 1;
il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato presso la quale è domiciliato in Firenze, via degli Arazzieri 4;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

– della determinazione dirigenziale del Comune di Massa, Settore 6, Ambiente, Attività produttive, Mobilità, Sport, Turismo n. 1498 del 13.05.2016, prot. n. 1387, notificata in data 19.05.2016, recante oggetto: “atto formale di accertamento e contestazione per l’esecuzione di lavori in difformità al piano di coltivazione autorizzato – Ditta: Turba Cava Romana S.r.l. – Cava: m 72 Valsora Palazzolo” nonché per la condanna al risarcimento di ogni danno subito e subendo

e con atto di motivi aggiunti del 30 gennaio 2017, della determinazione dirigenziale del Comune di Massa, Settore 6 Ambiente, Attività produttive, Mobilità, Sport, Turismo n. 1498 del 13.05.2016, prot. 1387, notificata in data 19.05.2016, recante oggetto “atto formale di accertamento e contestazione per l’esecuzione di lavori in difformità al piano di coltivazione autorizzato- Ditta: Turba Cava Romana s.r.l.- Cava M72 Valsora Palazzolo” dei seguenti provvedimenti:

– nota del Comune di Massa, Settore 6 Ambiente, attività Produttive, Mobilità, Sport e Turismo, prot. 27209 del 12.01.2017, notificato in pari data, con cui il Comune di Massa ha comunicato che, “a seguito di parere obbligatorio vincolante espresso con esito negativo dalla Soprintendenza di Lucca SA- BAP non può rilasciare la autorizzazione paesaggistica in sanatoria”;

– nota del Comune di Massa, Settore 6 Ambiente, Attività Produttive, Mobilità, Sport e Turismo, prot. n. 27210 del 12.01.2017, notificato in pari data, recante la comunicazione del parere negativo della Soprintendenza su domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 d. lgs. 42 del 2004, la dichiarazione di inefficacia della SCIA presentata dalla società ai sensi dell’art. 23 comma 2 l.r. n. 35 del 2015 e l’ordine alla società di presentare, ai sensi dell’art. 167, commi 2 e 3, d. lgs. 42/2004, nel termine di 90 giorni un progetto di effettiva rimessione in pristino;

– nonché, per quanto occorrer possa, del parere negativo sulla domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica espresso dalla Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le Province di Lucca e Massa Carrara nella Conferenza di Servizi del 12.01.2016, di cui al verbale pratica n. 22565;

– nonché per quanto occorrer possa, del parere negativo espresso dalla Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le Province di Lucca e Massa Carrara nella Conferenza dei servizi del 12.01.2016, di cui al verbale pratica n. 22565 sul progetto di risistemazione ambientale presentato ai sensi dell’art. 64, l.r. n.30/2015 dalla società al Parco Regionale delle Alpi Apuane con richiesta di integrazione di un nuovo progetto di messa in pristino;

– nonché, ancora, per quanto occorrer possa, della nota del Parco Regionale delle Alpi Apuane prot. n. 3863 del 25.11.2016, notificata in pari data;

– nonché, infine, della nota del Comune di Massa del 29.11.2016, notificata in pari data;

del successivo verbale della Conferenza di servizi, pratica n. 22565 del 23.12.2016;

– nonché per la condanna dell’amministrazione comunale e del Ministero al risarcimento di ogni danno subito e subendo.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Massa, del Parco Regionale delle Alpi Apuane e del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo;

Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;

Visto l’art. 55 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2017 il dott. Alessandro Cacciari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato che:

– il ricorso principale appare infondato stante la necessità di munirsi del titolo abilitante all’escavazione, anche se effettuata per motivi di sicurezza;

– il parere espresso dalla Soprintendenza sulla domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica in sanatoria formulata dalla ricorrente sembra carente di motivazione, come denunciato nei motivi primo e secondo del ricorso per motivi aggiunti, poiché nella conferenza dei servizi tenuta il 12 gennaio 2017 il suo rappresentante si è limitato a motivarlo con la mancanza “dei presupposti previsti dall’articolo 167, comma 4” del decreto legislativo 42/2004 e delle “condizioni rinvenibili nella giurisprudenza relativa e nella circolare ministeriali” senza aggiungere altro;

Ritenuto pertanto di accogliere la domanda cautelare in tali limiti;

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) accoglie la domanda cautelare e per l’effetto sospende l’esecutività dei provvedimenti impugnati, nei limiti di cui in motivazione, a fini di un riesame da parte della Soprintendenza da effettuare entro trenta giorni dalla comunicazione della presente ordinanza.

Fissa per la trattazione di merito del ricorso l’udienza pubblica del 13 giugno 2017.

Compensa le spese della presente fase cautelare.

La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Saverio Romano, Presidente

Luigi Viola, Consigliere

Alessandro Cacciari, Consigliere, Estensore

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alessandro Cacciari Saverio Romano
 
 
 

IL SEGRETARIO

depositata il Segreteria il 16 febbraio 2017

 

Carrara, bacino estrattivo Torano

(foto A.G., F.L., archivio GrIG)


Una proposta di legge vergognosa contro i parchi naturali.

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Asinara, asini bianchi e vecchie strutture carcerarie (foto Fiorella Sanna)

L’VIII Commissione “Ambiente” della Camera dei Deputati presieduta dall’on. Ermete Realacci, già presidente di Legambiente, ha licenziato il testo unificato costituente la proposta di legge n. 4144 riguardante la modifica della legge n. 394/1991 e successive modifiche e integrazioni sulle aree naturali protette.

Un testo penosamente carente sul piano della tutela ambientale. Nella proposta di legge il peso politico e amministrativo delle comunità locali diventa preminente, rischiando di privare i parchi nazionali di una dimensione nazionale, relegandoli all’interno di logiche e spinte localistiche e di parte.

Monti Sibillini

La rappresentanza scientifica, sia direttamente nei consigli direttivi che nelle figure apicali direzionali, presidenti e direttori, è di fatto esclusa dalla gestione delle aree naturali protette, così senza una guida tecnica efficace e indipendente.   I direttori non saranno più assunti da speciali elenchi nazionali basati sui titoli o e sulle competenze specifiche, ma direttamente chiamati dai presidenti, a loro volta, di nomina politica. Lo stesso vicepresidente verrà nominato dai membri designati dalla comunità del parco.

Altra squallida ambiguità è quella della gestione faunistica. Da un lato si parla di divieto di caccia, altrove si introduce la possibilità di una gestione faunistica in cui l’abbattimento non sembra più essere un caso estremo e marginale.   Affidare i “prelievi faunistici” a privati con la sola menzione dell’uso di metodi selettivi non esclude l’utilizzo di metodologie disastrose nei confronti di altre specie faunistiche. Così, la caccia nelle. aree contigue al parco, oggi esercitata dai soli residenti, trova un ampliamento verso i non precisati “aventi diritto”.

Alghero, Isola Piana

Le aree naturali marine protette non hanno, poi, chiarezza gestionale. L’affidamento della gestione è in favore di consorzi di enti locali, con elementi di estrazione scientifica o da associazioni ambientaliste. Ancora una volta con il grave pericolo di esser in balìa di interessi localistici.

In realtà, una modifica della legge quadro sui parchi dovrebbe prevedere un’integrazione con le disposizioni comunitarie relative alla Rete Natura 2000, mentre queste ultime – così come le zone umide rientranti nella Convenzione internazionale di Ramsar – non sono qualificate aree naturali protette.

Il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha sottoscritto – insieme a gran parte delle associazioni ambientaliste (WWF, Italia Nostra, Legambiente, F.A.I., ecc.) un documento di commento critico e richieste di modifica alla proposta di legge n. 4144 con l’obiettivo di renderla effettivamente una legge in difesa dei parchi naturali.

La Camera dei Deputati è ancora in tempo per modificare il testo e migliorarlo.  Lo faccia, per il bene dell’ambiente italiano.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

qui il documento delle associazioni ambientaliste con commenti e richieste di modifica alla proposta di legge n. 4144

qui il documento Aree protette, tesoro italiano (2016)

 

La Nuova Sardegna, 29 marzo 2017

Aquila reale (Aquila chrysaetos)

(foto J.I., S.D., archivio GrIG)


Il GrIG al workshop “Storia del Futuro – Media Civici e documentaristi con il pubblico che cambia”, Torino (31 marzo – 1 aprile 2017).

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albero e neve

Torino: anche il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus (GrIG) a “Storia del Futuro – Media Civici e documentaristi con il pubblico che cambia”, Workshop di documentaristi e media civici indipendenti,  il 31 marzo e l’1 aprile 2017.

Due ambiti editoriali di impegno civile, il documentario e i media civici indipendenti, iniziano un percorso sperimentale di convergenza: l’idea è quella di muoversi insieme con l’obiettivo di acquisire la forza necessaria per riuscire a fare concorrenza ai media mainstream, che sono stati, fino ad oggi, portatori del pensiero unico neoliberale e fonte parziale delle informazioni per gli italiani.

Emblematico è il caso dei mega-progetti, descritti da decenni con favore dalla grande stampa, solitamente senza che venissero prodotte inchieste serie sui costi ambientali nè sull’aggravio del debito pubblico.

Con le due giornate di workshop si cerca così di forgiare strumenti utili per una nuova stagione editoriale indipendente nel contesto culturale della società dell’informazione.

Interverranno molte realtà del mondo dell’attivismo: No TAV Valsusa, No Tav Padova Verona, Comitati ambientalisti lombardi, Opzio-neZero Veneto, No Gasaran, Comitato No Tap di Melendugno, No Muos, Comitato Acqua Pubblica Torino, MeridioNews, Off Topic Milano, Stop devastazioni e saccheggio dei territori, il GrIG – Gruppo d’Intervento Giuridico e altri. Saranno presenti anche alcuni economisti (Nino Galloni, Guido Ortona).

Spunti di riflessione saranno tratti dal film “Lezioni di Storia” di J.M. Straub e D. Huillet (come si passa dalla Repubblica all’Impero?…) e dagli studi di Ivan Cicconi (che ha praticato la sorveglianza civica per oltre un trentennio e, generosamente, ha sempre messo la sua enorme competenza a disposizione di attivisti e Comitati).

Ad organizzare il workshop (che conclude la XIII edizione delle Giornate Europee del Cinema e dell’Audiovisivo) è l’associazione F.e.r.t. di Torino (“Filming with a European Regard in Turin”), importante realtà per il cinema indipendente italiano ed europeo.

Sede: Unione Culturale Franco Antonicelli, via Cesare Battisti 4b, Torino.

Il Programma completo è a disponibile a questo link:

http://www.fert.org/european-days-2016/docs-media-civici-indipendenti

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

workshop “Storia del Futuro – Media Civici e documentaristi con il pubblico che cambia” (Torino, 31 marzo-1 aprile 2017)

esperienze di interazione

fra documentaristi, media civici,

editori, attivisti, studenti, pubblico

Unione Culturale Franco Antonicelli di Torino

venerdì 31 Marzo  |  sabato 1° Aprile 2017

ore 9:30 – 18:30    | ore 9.30 – 13.30

L’Associazione F.E.R.T.  organizza il workshop “Storia del Futuro – Media Civici e documentaristi con il pubblico che cambia”, evento di chiusura delle “Giornate Europee del Cinema e dell’Audiovisivo” che quest’anno si sono concentrate su nuovi percorsi di collaborazione tra piattaforme online e documentaristi.

Nella due giorni si intrecceranno due ambiti editoriali di impegno civile, il documentario e i media civici entrambi emergenti ma emarginati dal sistema vigente dei media – che potranno iniziare un percorso sperimentale di convergenza, a contatto diretto con studenti e pubblico, loro concreti referenti.

Questo primo incontro è un evento culturale di portata civile e sociale in un Paese, l’Italia, dove la libertà d’informazione è debole a causa dell’incremento di concentrazione, indebitamento, autocensura dei media, situazione che crea disaffezione delle giovani generazioni verso l’offerta di contenuti strutturati e l’indegna classificazione dell’Italia tra i Paesi a limitata libertà di stampa.

Molti cittadini attivi denunciano una consuetudine di connivenza tra i principali media e i tanti mega-progetti previsti nel Paese, con il sostegno cieco degli uni verso gli altri, senza che siano prodotte inchieste sui costi ambientali e sull’aggravio del debito pubblico. Al contrario il lavoro dell’ingegner Ivan Cicconi, recentemente scomparso, è stato essenziale per quei movimenti che hanno cercato di sviluppare inchieste e fare luce sui meccanismi perversi dietro la realizzazione delle grandi opere. Il suo metodo ha aiutato lo sviluppo della sorveglianza civica per esercitare un controllo efficace dei meccanismi di decisione sui mega-progetti, per rivelarne i paradigmi, per rafforzare la legittimità democratica e contrastare la corruzione.

Lo scopo del workshop è costruire strumenti per nuove confederazioni editoriali/produttive capaci di penetrazione culturale alternativa – concorrenziale – al sistema vigente dei media, nella presunzione che un ragguardevole potenziale di largo pubblico, oggi misconosciuto, sia raggiungibile e pronto ad attivarsi in nuovi rapporti di fruizione e partecipazione.

All’interno del workshop ci sarà un evento cinematografico dedicato a J.M. Straub – D. Huillet con la proiezione al Cinema Massimo 3 di “Lezioni di Storia” un capolavoro del cinema indipendente europeo assente dagli schermi italiani da quarant’anni, filo conduttore dei lavori di queste due giornate. Sono previste due proiezioni Venerdì 31 Marzo alle ore 18.30 e alle ore 20.30, con presentazione di Adriano Aprà, storico e critico del cinema e con un intervento dell’economista Nino Galloni.

Firenze, Campo di Marte, ingresso del tunnel dell’alta velocità ferroviaria

IL PROGRAMMA:

Il workshop all’Unione Culturale intreccia, per tutta la sua durata, tre percorsi di elaborazione identificati come: la Distanza, la Sorveglianza, la Confederazione.

Venerdì 31 marzo e la mattina di sabato 1 aprile – per la prima volta –  numerosi comitati da tutta Italia si riuniscono per discutere di documentari e comunicazione alternativa ai media mainstream sui mega-progetti. Fra essi, oltre al movimento No Tav della Valsusa, il GRIG-Gruppo di Intervento Giuridico, i Comitati ambientalisti lombardi, Opzione Zero del Veneto, No Gasaran del Cremonese, No Tap di Melendugno, No Muos, Acqua Pubblica Torino, MeridioNews, No Tav Padova Verona, Lab Off Topic Milano, Stop Devastazioni Adriatico e altri. Alle 11.30 è previsto l’intervento dell’economista Nino Galloni, con una lettura sulla “post-verità” negli investimenti infrastrutturali e di impatto ambientale.

INFORMAZIONI E ACCESSO

La prenotazione è obbligatoria e l’entrata è gratuita nel limite dei posti disponibili; è però richiesta la partecipazione attiva all’intero programma della giornata.

Il workshop accoglie e attiva produttori/editori, piattaforme online, autori, mediattivisti, consulenti editoriali, studenti, pubblico.

Per iscrizioni, inviare email a: info@fert.org

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Evento organizzato da Associazione F.E.R.T. – Filming with a European Regard in Turin, con il contributo dell’Assessorato Cultura della Regione Piemonte, con la collaborazione del Museo Nazionale del Cinema di Torino, con il patrocinio di ANPPIA – Associazione Nazionale Perseguitati Politici Antifascisti.
Media partner: Trancemedia.eu

CONTATTI:

Sito internet: www.fert.org
Ufficio Stampa: Luana Garofalo, luanagarofalo82@gmail.com, tel: 3470904817

 

l’albero, la collina e la luna

(foto E.R., archivio GrIG)


Più piombo nel sangue uguale meno intelligenza.

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Portoscuso, polo industriale di Portovesme

Non è una novità assoluta, ma si tratta di un’autorevole conferma.

Più alto è il livello di piombo nel sangue durante l’età infantile, minore è il quoziente intellettivo e, conseguentemente, minore è la possibilità di successo in età adulta.

Per ogni aumento di 5 microgrammi (mcg) di piombo per decilitro di sangue si perdono 1,5 punti di quoziente intellettivo.

Mauro Zaratta (Taranto, 17 agosto 2012, da http://www.gettyimages.com)

Sono i dati raccolti in una ricerca svolta da un’equipe della Duke University (U.S.A.) e pubblicati recentemente sul Journal of American Medical Association (Association of Childhood Blood Lead Levels With Cognitive Function and Socioeconomic Status at Age 38 Years and With IQ Change and Socioeconomic Mobility Between Childhood and Adulthood, Aaron Reuben,  Avshalom Caspi,   Daniel W. Belsky, e altri, 28 marzo 2017) condotta su un campione di 565 neozelandesi.

Nulla di nuovo, però.

Portoscuso, porto e zona industriale di Portovesme

Già nel 2008 l’Università di Cagliari (Dipartimento Sanità pubblica, Medicina del lavoro) nel corso di una ricerca (Plinio Carta, Costantino Flore) affermò chiaramente la sussistenza di deficit cognitivi in un campione di bambini di Portoscuso, dovuto a valori di piombo nel sangue superiori a 10 milligrammi per decilitro (vds. “Environmental exposure to inorganic lead and neurobehavioural tests among adolescents living in the Sulcis-Iglesiente, Sardinia” in Giornale italiano di medicina del lavoro ed ergonomia, 15 aprile 2008, in http://www.biowebspin.com/pubadvanced/article/18409826/#sthash.kjkUGkfA.dpuf).

La letteratura medica, infatti, ha finora indicato un’associazione inversa statisticamente significativa tra concentrazione di piombo ematico e riduzione di quoziente intellettivo, corrispondente a 1.29 punti di QI totale per ogni aumento di 1 µg/dl di piomboemia (sulla tossicità del piombo vds. http://www.phyles.ge.cnr.it/htmlita/tossicitadelpiombo.html).

Ora, molto probabilmente, sarà necessario rivedere al ribasso le stime: 5 microgrammi, infatti, corrispondono a 0,005 milligrammi.

Taranto, complesso siderurgico Ilva

A Portoscuso come a Taranto il piombo nel sangue è una realtà.

E’ una realtà impunita, nonostante reiterate denunce ecologiste.

Ed è una realtà che non fa vergognare amministratori pubblici assenti e industriali inquinatori.  Per non parlare dei politici sempre a bocca aperta, ma pudìchi e silenziosi davanti a questo avvelenamento strisciante.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

Taranto, acciaieria Ilva

A.N.S.A., 29 marzo 2017

Esposizione a piombo durante infanzia riduce intelligenza.   Per ogni aumento 5 mcg nel sangue, persi 1,5 punti di QI.

ROMA – Più alto è il livello di piombo nel sangue durante l’infanzia, maggiore è la perdita di punti di quoziente intellettivo e, di conseguenza, minore la possibilità di far carriera in età adulta. Lo dimostra uno studio pubblicato sul Journal of American Medical Association (Jama). A partire dal 1920, un composto chiamato piombo tetraetile è stato aggiunto alla benzina per la sua capacità di aumentare la potenza del motore.
Emesso poi nei gas di scarico veniva bloccato nel terreno dei suoli accanto a strade trafficate e respirato dai bambini che vi giocavano. La benzina con piombo è stata gradualmente eliminata nella maggior parte dei Paesi, ma è ancora usata in alcuni paesi asiatici e del Medio Oriente. I ricercatori della Duke University, negli Usa, hanno preso in esame più di 565 bambini nati nel 1972 e 1973 in Nuova Zelanda, Paese che ha avuto alcuni dei più alti livelli di piombo presenti nella benzina.

Dalla nascita fino all’età adulta, queste persone sono stati regolarmente valutate per le loro capacità cognitive e, all’età di 11 anni, ne sono stati testati i campioni di sangue: il livello era in media 10,99 microgrammi (mcg) per decilitro di sangue (oggi la soglia di “preoccupazione” è pari a 5 microgrammi per decilitro, livello superato dal 94 per cento dei bambini dello studio). I partecipanti che avevano più di 10 mcg di piombo per decilitro di sangue avevano, a 38 anni, un quoziente intellettivo (QI) in media di 4,25 punti inferiore rispetto ai coetanei meno esposti.

In pratica, per ogni aumento di 5 mcg di piombo nel sangue, la persona perdeva circa 1,5 punti di QI. “All’epoca diversamente da quanto oggi accade”, sottolineano i ricercatori, “tali quantità erano viste come non pericolose, quindi alla maggior parte dei bimbi non è stato mai dato alcun trattamento”. Lo studio ha poi confrontato i cambiamenti nella posizione sociale, confrontando quella di partenza della famiglia di ogni bimbo con quella degli stessi all’età di 38 anni: coloro che erano stati più esposti avevano occupazioni con livelli economici quattro decimi più bassi rispetto ai coetanei.

 

Portovesme, bacino “fanghi rossi” bauxite (foto Raniero Massoli Novelli, 1980)

(foto da http://www.gettyimages.com, A.N.S.A., Raniero Massoli Novelli, S.D., archivio GrIG)


Proposta di legge regionale urbanistica sarda: elementi positivi, ma non ci siamo.

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Carloforte, La Caletta, eco-mostro in costruzione

anche su Il Manifesto Sardo (“Sulla proposta di legge regionale urbanistica sarda“, n. 235, 1 aprile 2017

 

Dopo anni di meditazioni, la Giunta regionale Pigliaru ha proposto la tanto attesa legge urbanistica sarda.

Sono testi complessi, recentemente pubblicati sul sito web istituzionale della Regione autonoma della Sardegna[1].

Un elemento importante per la partecipazione e il coinvolgimento in scelte così rilevanti per l’Isola è dato dal quanto previsto nella medesima deliberazione di approvazione: “il disegno di legge sarà … pubblicato in una apposita sezione del sito istituzionale e aperto alle osservazioni di tutti gli attori coinvolti sui temi della pianificazione territoriale e paesaggistica: parti istituzionali, parti economiche e sociali, università, ordini professionali, organismi in rappresentanza della società civile, associazioni ambientali, soggetti portatori degli interessi e delle volontà dei territori”.

Narbolia, pineta costiera di Is Arenas e gru

Ci sarà, quindi, una fase di partecipazione pubblica e, in quella sede, potranno trovar corpo approfondimenti e analisi critiche consone.

Un’anticipazione doverosa di quanto opportunamente previsto dall’art. 25 del disegno di legge riguardo il dibattito pubblico sulle grandi opere (“La realizzazione di interventi, opere o progetti, di iniziativa pubblica o privata, con possibili rilevanti impatti di natura ambientale, paesaggistica, territoriale, sociale ed economica è preceduta da un dibattito pubblico sugli obiettivi e le caratteristiche degli interventi”).

Disposizione che si appresta a entrare nell’ordinamento regionale sulla scorta di quel debat public, la c.d. legge Barnier, la n. 95-101 del 2 febbraio 1995 e parzialmente modificata nel 2001-2002, che – secondo stime di esperti – ha ridotto dell’80% la conflittualità relativa ai progetti con sensibile impatto ambientale.

Vi sarebbero assoggettati progetti di rilievo nazionale o regionale relativi a porti e aeroporti, infrastrutture ferroviarie e stradali, elettrodotti e qualsiasi infrastruttura di passaggio e stoccaggio di materiale combustibile, bacini idroelettrici e dighe, opere di importo superiore ai 50.000.000,00 euro, così come su programmi e progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico, ricerca e sfruttamento di idrocarburi,  grandi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, in quanto funzionali al raggiungimento degli obiettivi di burden sharing.   Inoltre, “nei casi in cui gli interventi proposti siano soggetti a valutazione di impatto ambientale (VIA), lo svolgimento del dibattito pubblico è condizione per l’avvio della procedura di valutazione”.

Stintino, complesso turistico-edilizio Il Bagaglino

Poco sensata, invece, è la previsione della richiesta di svolgimento della procedura di dibattito pubblico da parte del “10 per cento dei residenti nel territorio interessato dall’iniziativa, che abbiano compiuto diciotto anni anche organizzati in associazioni e comitati” oltre che da Giunta regionale e Comuni ed eventuale amministrazione pubblica titolare del progetto.  Basti pensare che per un progetto interessante la Città metropolitana di Cagliari (431.642 residenti) sarebbe necessaria la sottoscrizione di più di 43 mila residenti maggiorenni. Una follìa.

Analoga ambiguità (art. 25, comma 8°) è quella di subordinare l’intervento nel dibattito pubblico dei “residenti nel territorio interessato dall’intervento, sia in forma singola che in gruppi organizzati, le associazioni portatrici di interessi diffusi, nonché gli ulteriori soggetti che abbiano interesse per il territorio o per l’oggetto del processo partecipativo” alla “motivata valutazione sull’utilità della partecipazione da parte dell’amministrazione pubblica procedente”: anche un bambino comprende che l’amministrazione pubblica procedente così farebbe intervenire solo chi pare e piace.

Ma, a un primo esame, necessariamente balza agli occhi un elemento fortemente negativo, la possibilità – per l’ennesima volta – di incrementi volumetrici entro la fascia costiera dei mt. 300 dalla battigia marina (mt. 150 nelle Isola minori) previsti dall’art. 31 del disegno di legge regionale, in palese violazione di quanto indicato nel piano paesaggistico regionale (P.P.R. – 1° stralcio costiero).

Cabras, Chiesa di S. Giovanni di Sinis

La previsione è incostituzionale: come già chiarito dalla sentenza Corte cost. n. 189 del 20 luglio 2016, infatti, ha affermato ancora una volta che le norme di tutela paesaggistica (e quelle del piano paesaggistico, in particolare) prevalgono sulle disposizioni regionali urbanistiche, visto che “gli interventi edilizi ivi previsti non possono essere realizzati in deroga né al piano paesaggistico regionale né alla legislazione statale”, in quanto “si deve escludere, proprio in ragione del principio della prevalenza dei piani paesaggistici sugli altri strumenti urbanistici (sentenza n. 11 del 2016), che il piano paesaggistico regionale sia derogabile”.

L’Assessore regionale dell’urbanistica Cristiano Erriu, intervistato da La Nuova Sardegna (19 marzo 2017), ha fatto in proposito affermazioni non corrette.

Come si conciliano le novità della legge urbanistica con le norme del Ppr? C’è il rischio di uno stop da parte dei giudici della Consulta?

La sentenza della Corte costituzionale (la n. 189/2016, n.d.r.) afferma che le norme del Ppr non possono essere derogate e in questa proposta di legge non cambia nulla. Nella fattispecie, tra i casi previsti dall’art. 20 del Ppr, si sta solo prendendo atto che la discrezionalità delle norme si è protratta ogni oltre ragionevolezza e che, quindi, se ne consente l’attuazione a chiunque rientri nelle condizioni stabilite, anche più restrittive, ma senza fare ricorso alle intese che hanno fatto discutere in questi anni“.

S. Anna Arresi, spiaggia di Porto Pino

Quanto sostenuto dall’Assessore Erriu non sta in Cielo nè in Terra e nemmeno in Mare.     La disciplina del P.P.R. afferma testualmente riguardo la fascia costiera (“risorsa strategica fondamentale per lo sviluppo sostenibile del territorio sardo“, art. 19 delle N.T.A. del P.P.R.) fuori dai centri abitati: “nelle aree inedificate è precluso qualsiasi intervento di trasformazione” (art.  20 delle N.T.A. del P.P.R.), mentre è consentita la “riqualificazione urbanistica e architettonica degli insediamenti turistici o produttivi esistenti“.

Non si parla di nuove volumetrie o premi volumetrici che dir si voglia, e la Corte costituzionale, con la sentenza n. 189/2016, ha affermato chiaramente che si tratta dell’unica interpretazione costituzionalmente corretta.

Il libro dei sogni di cemento possono anche rimetterlo nel cestino dei rifiuti.   Anche se confondono ancora il turismo con il mattone.

Il Presidente della Regione Pigliaru afferma di voler “regole chiare”. Benissimo la “regola chiara” c’è già: nella fascia dei 300 metri dalla battigia marina non si costruisce, punto e basta.

Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

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[1]  testi pubblicati:

 

Fenicotteri rosa (Phoenicopterus roseus)

(foto per conto GrIG, S.D., archivio GrIG)


I Comuni “dormono”, la speculazione edilizia procede.

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Pula, Agumu, villa abusiva dentro una serra (marzo 2017)

Ennesima operazione contro l’abusivismo edilizio in Sardegna.

Il Corpo forestale e di vigilanza ambientale, su disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari, ha provveduto al sequestro preventivo di otto ville di circa 120 metri quadri di superficie ognuna realizzate all’interno di serre agricole nella località costiera di Agumu, in Comune di Pula (CA).

Nessuna autorizzazione paesaggistica, nessun permesso di costruire, totalmente abusive.

Pula, Agumu, abusi edilizi dentro serre agricole (marzo 2017)

Indagato l’imprenditore Simone Palomba (50 anni, di Pula), che, disinvoltamente, aveva già provveduto all’accatastamento.

Ovviamente al Comune di Pula nessuno aveva visto, nessuno sapeva nulla.

Magari concentrati su come riempire di ombrellini colorati il cielo o su come far divertire i bambini senza bastonare i criceti, il controllo del territorio sembra passato proprio in secondo piano.

Così, negli anni scorsi, sempre sulla costa di Agumu, nessuno si era accorto del campeggio-villaggio abusivo “Golfo dei Fenici”, oggetto di azioni legali del Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e degli Amici della Terra e poi posto anch’esso sotto sequestro preventivo (2010).

Pula, campeggio “Golfo dei Fenici”, loc. Agumu

Agumu per il Comune di Pula significa altro: occhi, anima e cuore solo per il folle progetto di porto turistico e insediamenti edilizi, a due passi dall’area archeologica punico-romana di Nora, posta in pericolo da simili progetti.

Ma non si tratta certo di un caso isolato.

Nessuna attenzione per la vigilanza sul territorio, scarsa voglia di rompere le uova nel paniere all’imprenditoria locale più o meno disinvolta, antipatia per la legalità sono troppo spesso il filo conduttore delle politiche ambientali di tanti Comuni, in Sardegna e nel resto d’Italia.

Ancora non si vuol capire che non si fa turismo con la speculazione edilizia, soprattutto se abusiva.  L’ambiente e i beni culturali sono la nostra prima ricchezza, sarebbe ora di riconoscerlo con fatti concreti.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

Pula, costa di Nora

dal sito web istituzionale Sardegna Ambiente, 30 marzo 2017

Pula. Sequestrati otto immobili abusivi.

Ieri 29 marzo il Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale, Servizio Ispettorato di Cagliari, ha portato a termine un’operazione di polizia che si è conclusa col sequestro di otto immobili edificati senza alcuna autorizzazione, all’interno di una serra.
I fatti sono stati accertati in località Agumu, in agro comunale di Pula, in zona agricola compresa nella fascia costiera tutelata dal Piano paesaggistico regionale.
Il Nucleo investigativo forestale di Cagliari ha scoperto l’avvenuta edificazione degli immobili all’interno di una serra agricola dismessa. Gli edifici, ciascuno della superficie di circa 120 mq, sono risultati privi di concessione edilizia, della prevista autorizzazione paesaggistica e tuttavia già accatastati.
Al momento è indagato il proprietario dell’area a cui sono stati contestati la lottizzazione abusiva e l’abuso edilizio in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, reati per cui è prevista la pena della reclusione sino a due anni e la confisca dell’area lottizzata.
Le indagini sono coordinate dalla Procura della Repubblica di Cagliari a cui è stato inviato un dettagliato rapporto.

Pula, Nora, Torre del Cortellazzo

da Il Corriere della Sera, 31 marzo 2017

AMBIENTE E ILLEGALITÀ. Sardegna, ville abusive vista mare nascoste sotto serre agricole.    Stavano nascendo a pochi metri dalla spiaggia di Is Molas nel Cagliaritano, erano grandi ciascuna 150 metri quadrati. Il costruttore le aveva addirittura denunciate al Catasto, sperando nella prescrizione della violazione edilizia. (Claudio Del Frate).

rustico edilizio

da La Nuova Sardegna, 29 marzo 2017

Pula, la forestale sequestra otto villette abusive in costruzione dentro le serre.   Costruttore edile iscritto nel registro degli indagati, gli immobili sono da 120 metri quadri ciascuno. (Luciano Onnis).

Giglio di mare (Pancratium maritimum)

da Sardinia Post, 29 marzo 2017

Nella maxi serra villette abusive al posto dei pomodori, indagato 50enne.

da L’Unione Sarda, 29 marzo 2017

Pula, scoperte otto villette abusive nascoste in mezzo alla campagna.

(foto C.F.V.A., C.B., J.I., S.D., archivio GrIG)


Ancora tagli di alberi lungo l’argine del fiume Bacchiglione!

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Trambacche di Veggiano, Pioppi prima del taglio

L’associazione ecologista Gruppo d’intervento Giuridico onlus ha inoltrato nei giorni scorsi (30 Marzo 2017) una richiesta di informazioni a carattere ambientale e di adozione di opportuni provvedimenti relativamente al taglio di diversi alberi di grande fusto lungo l’argine del Fiume Bacchiglione, nel tratto  in località Via Molini (SP 72) – Trambacche di Veggiano (PD). La richiesta è stata inoltrata, tra gli altri, all’Ufficio Ambiente del comune di Veggiano, al Gruppo Carabinieri Forestale Padova, al Consorzio di Bonifica Brenta e al Genio Civile di Padova.

Trambacche di Veggiano, Via Molini (S.P. n. 72), Pioppi prima del taglio

L’area in questione risulta inoltre essere tutelata con vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142, comma 1 lett. c) del d.lgs. n. 42/2004 (c.d. Codice dei beni culturali e del paesaggio) e del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 in quanto rientrante nella fascia di 150 metri dall’argine del fiume Bacchiglione.

I tagli hanno riguardato numerose piante della specie Pioppo tutte sanissime e con età anche di 50/70 anni che avevano anche la funzione di tenere compatto l’argine del fiume, ad esempio in caso di piene eccezionali. Spiace constatare come si presenta ora parte del paesaggio rispetto a quando c’erano gli imponenti alberi.

In ogni caso, non è questo il momento per procedere al taglio o potatura degli alberi: infatti, è in corso il periodo riproduttivo per le specie dell’avifauna selvatica.

Trambacche di Veggiano, taglio dei Pioppi (marzo 2017)

L’art. 5 della direttiva n. 2009/147/CE sulla tutela dell’avifauna selvatica, esecutiva in Italia con la legge n. 157/1992 e s.m.i., comporta in favore di “tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri” (art. 1 della direttiva) “il divieto:

a) di ucciderli o di catturarli deliberatamente con qualsiasi metodo;

b) di distruggere o di danneggiare deliberatamente i nidi e le uova e di asportare i nidi;

c) di raccogliere le uova nell’ambiente naturale e di detenerle anche vuote;

d) di disturbarli deliberatamente in particolare durante il periodo di riproduzione e di dipendenza quando ciò abbia conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della presente direttiva;

e) di detenere le specie di cui sono vietate la caccia e la cattura”.

Il disturbo/danneggiamento/uccisione delle specie avifaunistiche in periodo della nidificazione può integrare eventuali estremi di reato (artt. 544 ter cod. pen., 30, comma 1°, lettera h, della legge n. 157/1992 e s.m.i.) o violazioni di carattere amministrativo (art. 31 della legge n. 157/1992 e s.m.i.).

Trambacche di Veggiano, taglio dei Pioppi (marzo 2017)

L’associazione Gruppo d’Intervento Giuridico onlus auspica, quindi, un solerte intervento delle amministrazioni interessate, a tutela dell’ambiente e dell’avifauna presenti nell’area.

Sempre lungo l’argine del Fiume Bacchiglione, nel tratto del Comune di Cà di Mezzo, l’associazione Gruppo d’Intervento Giuridico onlus aveva già inviato (6 aprile 2016) una richiesta di informazioni a carattere ambientale e di adozione di opportuni provvedimenti relativamente al taglio di diversi alberi, anche in questo caso dal forte impatto ambientale.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus – Veneto

 

Trambacche di Veggiano, taglio dei Pioppi (marzo 2017)

(foto M.F., archivio GrIG)



Lettera aperta a Sergio Rizzo sugli usi civici.

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Umbria, Appennino sotto la neve

Scambio di opinioni sugli usi civici e la loro realtà attuale con uno dei più bravi giornalisti italiani.

Buona lettura!

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

Gent.mo dott. Rizzo,

Lei è uno dei più noti, capaci e stimati giornalisti italiani. Personalmente apprezzo particolarmente la Sua notevole capacità di documentarsi e di individuare il fulcro dei problemi.

Stupisce, pertanto, la liquida – visto che si parla di acqua – semplificazione con cui bolla in sostanza i diritti di uso civico come ridicoli, “medievali” e dannosi (“L’ente medievale ricorre al Tar e blocca un progetto da 30 milioni”, Il Corriere della Sera, 30 marzo 2017).

Lo spunto è dato dalla “battaglia” legale avviata dalla Comunanza Agraria dell’Appennino Gualdese contro la proroga della concessione per l’emungimento di acqua minerale (fra l’altro, senza alcuna gara) in favore della società Rocchetta s.p.a. rilasciata dalla Regione Umbria nel 2015 su 224 ettari, quasi tutti appartenenti al demanio civico di Gualdo Tadino (PG).

Appennino, Lupo (Canis lupus italicus)

Il “nocciolo” della contesa è semplice e tutt’altro che secondario: quei terreni e quelle acque sono dei cittadini gualdesi, titolari dei diritti di uso civico, non del Comune, che si è arrogato il diritto di disporne, non della Regione Umbria.

Il quadro normativo (legge n. 1766/1927 e s.m.i.; regio decreto n. 332/1928 e s.m.i.; legge regionale Umbria n. 1/1984) è chiaro: i diritti di uso civico sono inalienabili (art. 12 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.), inusucapibili ed imprescrittibili (artt. 2 e 9 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.), analogamente alle terre civiche (art. 2 della legge regionale Umbria n. 1/1984).  Qualsiasi cambio di destinazione d’uso di terreni a uso civico dev’essere autorizzato dalla Giunta regionale e basato su un piano di sviluppo economico (artt. 3 e 7 della legge regionale Umbria n. 1/1984).

Quella che lei chiama “associazione per il pascolo libero”, in realtà è il soggetto che rappresenta i cittadini titolari dei diritti di uso civico e che deve difendere i valori ambientali e socio-economici dell’Appennino gualdese. Il Commissario per gli Usi civici non è “uno di quei tribunalini speciali” oziosi e solo il fatto che l’allora ministro Calderoli, tutt’altro che preclaro statista, li abbia definiti “dannosi”, avrebbe dovuto farLe suonare un campanello d’allarme. Si tratta, infatti, di giudici specializzati in una materia rilevante e che pochi conoscono e abolirli avrebbe fatto il degno paio con la soppressione dannosissima del Corpo Forestale dello Stato.

I diritti di uso civico significano in Italia più di 5 milioni di ettari di boschi, coste, pascoli, acque, suoli agricoli.

E’ grazie alle Regole Ampezzane, usi civici “medievali”, che i boschi della conca di Cortina d’Ampezzo di sono conservati, per esempio.

Sono terre collettive la gran parte dell’Altopiano dei Sette Comuni, per fare un altro esempio.

Trino Vercellese, Bosco delle Sorti

Così, è grazie alla Partecipanza di Trino Vercellese che si è salvato l’ultimo grande bosco planiziale della pianura padana.

In Sardegna ne abbiamo oltre 400 mila ettari, un sesto dell’Isola, assediati da occupazioni illegittime, discariche industriali, speculazioni immobiliari.

Il “medievale diritto” di cui parla, oltre a consentire la fruizione collettiva delle terre e ad aver permesso la sopravvivenza di numerosissime comunità locali in tutta Italia, attualmente costituisce anche un importante strumento di tutela ambientale.

Spero di averLe quantomeno ispirato la curiosità di capire che cosa siano davvero gli usi civici e il loro ruolo nell’Italia di oggi.

Con i più cordiali saluti.

Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

foglie nel bosco

Sergio Rizzo molto cortesemente ha risposto (3 aprile 2017).

 

La ringrazio per le osservazioni.

Quanto alla gara, è vero: questi affidamenti si fanno tramite gara. Nella fattispecie, la Regione (che come lei sa è titolare delle acque) si è fatta convincere a prolungare la concessione in cambio dell’investimento. Sono cose che accadono piuttosto frequentemente, e per quanto non sia una procedura ortodossa è certo meno scandalosa questa della proroga delle concessioni autostradali per cui non mi risulta che qualcuno nella nostra stampa (tranne il sottoscritto) abbia alzato il dito.

Detto questo, veniamo alla questione centrale. In Italia si sono verificati molti casi del genere: a Cortina d’Ampezzo le Regole, che lei ha citato, hanno bloccato non la devastazione dei boschi, ma una gara attraverso cui l’Anas voleva trasformare le case cantoniere abbandonate in luoghi di ristoro.

E a Cortina, come a Gualdo, il problema è che cosa siano e che cosa oggi rappresentino quegli enti, se ente può essere considerato la parola giusta. Rappresentano gli agricoltori? Gli allevatori?

La cosa francamente non si capisce: sappiamo solo che il presidente è una biologa e che nel consiglio c’è una ex guardia forestale, mentre gli aderenti alla Comunanza sono circa 300 (ma sono notizie non ufficiali, perché questi dati nel sito non ci sono). Trecento, in un Comune di 15 mila abitanti.

Soprattutto, che cos’è un Comune? “quei terreni e quelle acque sono dei cittadini gualdesi, titolari dei diritti di uso civico, non del Comune, che si è arrogato il diritto di disporne”, scrive lei. Se ne deduce che il Comune è cosa diversa dai cittadini, che pure ne hanno votato il sindaco affinché li rappresentasse.  La cosa mi lascia francamente perplesso.

Non dico che gli usi civici in qualche caso non abbiano ragion d’essere, ma vanno ricordate le loro radici, spesso medievali: servivano a difendere la collettività dai soprusi feudali, garantendo alcuni diritti. Diritto di pascolo e di legnatico, soprattutto. Ora però grazie a Dio il feudalesimo è finito da un pezzo e dovremmo essere in democrazia.

Non sarebbe il caso di modernizzare quell’istituto, per renderlo almeno compatibile con il fatto che per fortuna abbiamo il suffragio universale?

Tutto qui.

Sergio Rizzo, Il Corriere della Sera

 

Umbria, Appennino, boschi

Gent.mo dott. Rizzo,

la ringrazio per la risposta, concordo su diverse considerazioni, in particolare sulla scandalosa proroga delle concessioni autostradali passata generalmente sotto silenzio, proprio con la sua lodevole eccezione.

La Regione Umbria, per il caso della concessione relativa all’acqua minerale di Gualdo Tadino, avrebbe dovuto, per legge, coinvolgere i titolari dei diritti di uso civico nell’ambito di un piano economico e fare una specifica gara, così avrebbe potuto soddisfare i vari interessi coinvolti (art. 8 della legge regionale Umbria n. 1/1984 e s.m.i.).

Non ho idea di quale “gara attraverso cui l’Anas voleva trasformare le case cantoniere abbandonate in luoghi di ristoro” abbiano bloccato le Regole Ampezzane, ma sul web trovo che le Regole hanno ristrutturato proprio un ex cantoniera per farvi un esercizio per il turismo scolastico.   Di sicuro hanno conservato per secoli e conservano il patrimonio boschivo locale sostanzialmente in un positivo rapporto con il Comune di Cortina d’Ampezzo.

Chi rappresentano gli organi di gestione dei demani civici?    Rappresentano la comunità locale, secondo usi e procedure che si sono formati nel corso dei secoli.    Hanno perciò composizione e organi di rappresentanza differenti nelle varie parti d’Italia.

A Cortinai Regolieri sono i capifamiglia discendenti dall’antico ceppo ampezzano, che amministrano il patrimonio comunitario secondo i Laudi, le antiche leggi approvate dall’assemblea costituita dai capifamiglia”, a Gualdo Tadino i titolari sono i residenti da almeno 5 anni nel territorio comunale, in Sardegna – dove i demani civici sono gestiti dai rispettivi Comuni nell’esclusivo interesse della comunità locale (art. 11 della legge regionale Sardegna n. 12/1994 e s.m.i.) – c’è la previsione forse più “democratica”: “gli usi civici, intesi come i diritti delle collettività sarde ad utilizzare beni immobili comunali e privati, rispettando i valori ambientali e le risorse naturali, appartengono ai cittadini residenti nel Comune nelle cui circoscrizione sono ubicati gli immobili soggetti all’uso” (art. 2 della legge regionale Sardegna n. 12/1994 e s.m.i.).

Ma anche se appare strano, spesso “il Comune è cosa diversa dai cittadini, che pure ne hanno votato il sindaco affinché li rappresentasse”: per esempio, in Sardegna vi sono centinaia di casi in cui le amministrazioni comunali di turno (regolarmente elette) hanno illegittimamente venduto terreni a uso civico a imprese immobiliari o industriali senza averne alcun titolo, ponendosi in oggettivo contrasto con i diritti dei cittadini.

E’ certamente opportuno favorire la “modernizzazione” di istituti e partecipazione nella gestione dei demani civici, valutando caso per caso, sempre tenendo conto del loro grande valore ambientale e sociale.

Grazie ancora per l’attenzione, con i più cordiali saluti.

Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

Appennino, boschi dell’Umbria

da Il Corriere della Sera, 30 marzo 2017

L’ente medievale ricorre al Tar e blocca un progetto da 30 milioni.    L’associazione per il pascolo libero riesumata contro la fabbrica Rocchetta. L’ampliamento dell’industria delle acque minerali bloccato da un ricorso al tribunale regionale della Comunanza agraria Appennino Gualdese. (Sergio Rizzo)

In principio fu papa Leone X: correva l’anno del Signore 1514, gennaio 29. Poi ecco i giacobini, l’otto germile del 1799. Il 26 novembre del 1976 è toccato invece al Comune. E ora è la volta di Rocchetta. Non c’è pace sulla montagna di Gualdo Tadino, meravigliosa cittadina aggrappata sull’Appennino fra l’Umbria e le Marche. Lì il tempo sembra essersi fermato al Medioevo. E non soltanto per lo spettacolare maniero che svetta sull’abitato. A Gualdo c’è una guerra che si trascina da secoli e adesso viene combattuta contro l’ampliamento di una fabbrica per l’acqua minerale. Il che almeno identifica uno dei due contendenti. Si tratta, appunto, della società per azioni Rocchetta, già titolare di una concessione che scadrebbe nel 2022.

acqua e gemme

Progetto paralizzato dal ricorso al Tar

Scadrebbe, perché a dicembre del 2015 la Regione Umbria di Catiuscia Marini l’ha prorogata fino al 2040 accogliendo così un piano di investimenti industriali per 30 milioni e mezzo che comporterebbe la creazione di una trentina di posti di lavoro. Nonché la sistemazione, a spese della stessa Rocchetta, di un’area devastata dall’alluvione del 2013 e mai risanata. Oltre al pagamento di un canone annuale. Ma il progetto, che era pronto a partire già oltre un anno fa, è paralizzato dal solito ricorso al Tar. Un classico, nel Paese dei contenziosi e delle gabole burocratiche, che qui però ha un sapore tutto particolare.
Perché il ricorso arriva direttamente dal Medioevo. L’ha presentato la Comunanza agraria Appennino Gualdese: un organismo che affonda le proprie radici nella notte dei tempi e che si credeva ormai dissolto, prima che riemergesse a sorpresa qualche anno fa, proprio mentre prendevano corpo i piani per aumentare lo sfruttamento delle acque minerali di cui la zona è ricchissima.

La storia di quelle terre

Per secoli le terre della montagna erano state utilizzate dai cittadini di Gualdo Tadino come pascolo e legnatico. Finché nel 1514 papa Leone X le confiscò assegnandole alla Camera Apostolica. Trent’anni dopo, però, il suo successore dovette fare marcia indietro finché nel 1799 la Repubblica romana napoleonica non decise di privatizzarle. Il Regno d’Italia riconobbe in seguito ai gualdesi il diritto al «dominio collettivo» esercitato fin dal Medioevo dai predecessori della Comunanza, il cui statuto originario risale al 1896, e si andò avanti per ottant’anni. Un bel giorno del 1976, poi, il Comune decise di intestarsi la proprietà di quei 2.800 ettari.

Roma, Commissariato per gli Usi Civici per Lazio, Umbria, Toscana

Il tribunale speciale

Il sindaco Massimiliano Presciutti, che sull’ampliamento dello stabilimento ci ha messo la faccia, dice che lo chiese la stessa Comunanza. Ammettendo che fu commesso solo l’errore di non scioglierla formalmente. Errore che si sarebbe rivelato catastrofico, perché gli oppositori dell’acqua minerale si sono trovati così fra le mani un grimaldello micidiale. Gli è bastato far rinascere la Comunanza, nominando un consiglio alla cui testa c’è Nadia Monacelli, di professione biologa. Quindi rivolgersi per farsi riconoscere al Commissariato liquidazione degli usi civici per Lazio, Toscana e Umbria. Che cos’è? Uno di quei tribunalini speciali istituiti nel 1927 e che nel 2009 il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli avrebbe voluto sopprimere, qualificandolo in una proposta di legge fra gli enti definiti «dannosi»: testuale. La legge non passò e i commissariati per gli usi civici sono rimasti. Compreso appunto quello che il 7 marzo 2016 ha confermato alla Comunanza agraria Appennino Gualdese il medievale diritto al «dominio collettivo».

Il ricorso al Tar

Il giorno stesso, forte della sentenza, l’avvocato di Nadia Monacelli ha depositato il ricorso al Tar contro la proroga della concessione a Rocchetta, sostenendone l’incostituzionalità, argomentando una lunga serie di irregolarità e comunque l’impoverimento della collettività locale a causa dell’aumento del prelievo idrico. Impossibile immaginare l’esito: è altrettanto impossibile, tuttavia, non notare come seguendo la migliore tradizione della giustizia italiana il Tar si sia preso più di 20 mesi solo per esaminare la pratica. L’udienza è fissata a novembre 2017. E comunque vada, nella guerra all’acqua minerale la Comunanza non è sola: al fianco c’è il Movimento 5 Stelle che ha già bollato come «un progetto inquietante» l’intera operazione.
Il sindaco Presciutti ha un diavolo per capello: «Oggi ero con i 300 della ex Merloni rimasti senza lavoro, che non sanno dove sbattere la testa. Qui servono lavoro e investimenti, se quando arrivano gli mettiamo anche i bastoni fra le ruote».

 

corso d’acqua nel bosco

(foto S.L., E.R., S.D., archivio GrIG)


Cantieri lavorano alacremente in quel di Stintino…

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Stintino, Le Saline, cantiere

Oltre ai funghi che crescono velocemente con le piogge e il terreno giusto, in Sardegna con la stessa velocità lavorano i cantieri edilizi, con o senza la pioggia, anche in zone di particolare pregio e di grande importanza per la tutela dell’avifauna, come la località Le Saline, nel Comune di Stintino (SS).  

Per questo, in seguito a diverse segnalazioni da parte di persone preoccupate per la tutela ambientale del sito, l’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha inoltrato (4 aprile 2017) una specifica richiesta di informazioni ambientali e adozione degli opportuni provvedimenti relativamente ai lavori di natura edilizia che sarebbero in corso sull’area, rientrante nella Z.P.S. – zona di protezione speciale “Stagno di Pilo, di Casaraccio e Saline di Stintino” (direttiva 2009/147/CE sulla salvaguardia dell’avifauna selvatica, esecutiva con D.P.R. n. 357/1997 e s.m.i.), l’area è considerata tra le più importanti zone umide del Nord Sardegna.

Ricordiamo che l’area in argomento è tutelata con specifico vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), mentre la fascia dei 300 metri dalla battigia marina è tutelata con specifico vincolo di conservazione integrale (legge regionale n. 23/1993, piano paesaggistico regionale – P.P.R.).

Interessati, tra gli altri, il Sindaco di Stintino, il Soprintendente per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Sassari, il Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale, e per opportuna conoscenza il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sassari.

Il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus auspica un solerte intervento da parte delle Amministrazioni pubbliche interessate, nonché un costante controllo del territorio, affinché si tuteli, soprattutto in via preventiva, l’inestimabile valore di un’area di fondamentale importanza per l’ambiente ed il paesaggio della nostra terra.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

Garzetta (Egretta garzetta)

(foto per conto GrIG, S.D., archivio GrIG)


Gas sulla pelle dei bambini.

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Pochi giorni dopo il vigliacco e sanguinario attentato alla metropolitana di San Pietroburgo (14 morti e decine di feriti), attribuito al fondamentalismo islamico, ecco un bombardamento con gas tossico, probabilmente il gas nervino sarin, su Idlib, nella Siria settentrionale vicino al confine con la Turchia, sotto il controllo di forze fondamentaliste islamiche.

74 vittime, fra cui 25 bambini e 16 donne, morti fra atroci sofferenze.  Decine i feriti, molti gravissimi.

E’ ormai provato l’utilizzo di quelle armi chimiche vietate dalla convenzione internazionale di Parigi del 1993 da varie parti in lotta nella sanguinosa guerra civile in Siria, in corso ormai dal 2011.

Forse 350 mila morti, oltre 4 milioni di profughi all’estero, quasi 8 milioni di siriani sfollati all’interno del massacrato Paese mediorientale, l’imperversare dell’autoproclamato Stato Islamico sono la realtà della Siria.

Corollario è l’ennesima prova della sostanziale irrilevanza dell’O.N.U.

Ancora una volta il prezzo più pesante lo pagano i più piccoli e indifesi.

Ancora una volta e non sarà l’ultima.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

A.N.S.A., 5 aprile 2017

Gas Sarin in Siria: 74 morti. Mosca difende Assad e non accetta risoluzione Onu.   Sono 25 i bambini morti martedì e 16 le donne.

Ci sono 25 minori e 16 donne tra i 74 civili morti per soffocamento, documentati con nome e cognome, nell’attacco compiuto martedì con presunte sostanze chimiche nella Siria centro-settentrionale: lo ha detto all’ANSA uno dei medici che hanno accolto i primi feriti nella zona di Idlib subito dopo l’attacco. Interpellato telefonicamente, il dottor Ahmad Dbays ha detto di aver documentato la morte di 74 persone e che il bilancio è destinato a salire – “forse oltre 100 morti” – a causa della gravità delle condizioni di salute di decine di feriti.

“Se le informazioni arrivate sull’attacco in Siria saranno confermate, si tratta del peggiore attacco dal 2013″, ha detto Kim Won-Soo, Alto Rappresentante Onu per il disarmo.

Gli Usa hanno presentato una bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza Onu in cui si chiede al governo di Assad di collaborare nell’inchiesta su quanto avvenuto.

Ma il ministero degli Esteri russo ha bollato i resoconti sull’attacco chimico a Idlib, in Siria, come “fake”. “Gli Usa hanno presentato una risoluzione al consiglio di sicurezza dell’Onu basandosi su dei rapporti falsi”, ha detto la portavoce del ministero citata dalle agenzie.

“Non vediamo un particolare bisogno di adottare una risoluzione” dopo l’attacco in Siria, ha detto il vice rappresentante russo all’Onu durante la riunione del Consiglio di Sicurezza. Mosca “ha condannato l’uso di armi chimiche in ogni circostanza e affermato che gli autori devono essere ritenuti responsabili”, sottolineando però che “la campagna anti-Damasco deve essere cestinata nella discarica della storia”. Inoltre, ha ribadito come “ogni volta che ci sono progressi nei colloqui politici sulla Siria avvengono strani incidenti, come l’attacco di ieri”.

L’attacco chimico in Siria è “orribile, indicibile”, un “terribile affronto all’umanità”, ha detto Donald Trump.

“Quando l’Onu non riesce a portare avanti il suo dovere di agire collettivamente, ci sono momenti in cui gli Stati sono costretti ad agire per conto proprio”: lo ha detto l’ambasciatrice americana Nikki Haley durante il Consiglio di Sicurezza sulla Siria, aggiungendo che se le Nazioni Unite non interverranno “noi potremmo” farlo.

La bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu elaborata da Usa, Francia e Gran Bretagna, di cui l’ANSA ha avuto copia, “condanna” l’attacco chimico di ieri. Secondo il documento, il presidente siriano Bashar al Assad deve “cooperare pienamente con il meccanismo di inchiesta e con Onu e Opac. Deve fornire i dati dei voli militari del giorno dell’attacco, i nomi degli individui al comando di squadre ed elicotteri, e accesso alle basi aeree da cui si crede siano state lanciate le armi chimiche”.

In Siria “sono stati uccisi bambini con armi chimiche. Assassino Assad, come ti libererai di loro? Come pagherai, mentre il mondo resta in silenzio, le Nazioni Unite restano in silenzio?”, ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. “Da lì abbiamo portato nel nostro Paese quelli che potevamo per cure immediate, ma non è abbastanza. Come padre mi dispiace”, ha aggiunto Erdogan.

E la guerra prosegue: è di 18 civili uccisi, tra cui 5 minori e 9 donne, il bilancio di un attacco aereo governativo, con armi convenzionali, nella regione a est di Damasco. Lo riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), precisando che le 18 persone sono state colpite nelle ultime 24 ore a Sabqa, a est di Damasco, in un’area fuori dal controllo governativo. Il bilancio è destinato a salire a causa dell’alto numero di feriti in condizioni molto gravi.

“Le prime analisi indicano che” quello di ieri nella provincia di Idlib, in Siria, “è stato un attacco chimico. Le invieremo all’Organizzazione mondiale della sanità”, ha aggiunto il ministro della Salute turco, Recep Akdag in merito alle ipotesi dell’utilizzo di gas sarin, spiegando che 30 feriti sono ora ricoverati negli ospedali di Gaziantep, nel sud-est della Turchia.

Nuovi raid aerei sono stati compiuti in mattinata nel nord-ovest della Siria, nell’area colpita dal presunto attacco chimico attribuito alle forze governative. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), non si hanno ancora bilanci esatti dei nuovi bombardamenti.

L’UNICEF: ‘L’UMANITA’ E’ MORTA OGGI IN SIRIA

Almeno altri due feriti che erano stati trasportati ieri in Turchia sono invece morti. Subito dopo l’attacco, Ankara aveva inviato in Siria 30 ambulanze, fornendo alle squadre di medici in servizio al valico di frontiera di Cilvegozu un equipaggiamento straordinario per il trattamento di feriti da agenti chimici.

GLI EFFETTI DELLE ARMI CHIMICHE (VIDEO)

“Assistiamo inorriditi agli ultimi eventi in Siria”, “faccio appello – ha detto il Papa circa la strage di Idlib – alla coscienza di quanti hanno responsabilità politiche, a livello locale e internazionale, affinché cessi questa tragedia e si rechi sollievo a quella cara popolazione da troppo tempo stremata dalla guerra”. Ha espresso “ferma deplorazione per l’inaccettabile strage avvenuta ieri nella provincia di Idlib, dove sono state uccise decine di persone inermi, tra cui tanti bambini”.

DORMIVANO TUTTI, POI L’ATTACCO AEREO (LA TESTIMONIANZA VIDEO)

Non ho visto assolutamente nulla che non suggerisca la responsabilità del regime” per l’attacco con i gas di ieri in Siria. “Tutte le prove che ho visto suggeriscono che è stato il regime di Assad, nella piena consapevolezza di usare armi illegali in un attacco barbaro contro il suo stesso popolo”. Lo dice il ministro degli esteri britannico, Boris Johnson, arrivando alla Conferenza sulla Siria. “Vorrei vedere che i colpevoli paghino un prezzo per questo. E certamente non vedo come un governo di questo genere possa continuare ad avere alcun tipo di legittima amministrazione sul popolo di Siria”. “Se è confermato che è stato un altro attacco chimico del regime di Assad, con o senza la complicità dei russi, mostra che questo è un governo che non ha alcuna compassione per il suo popolo” ha detto ancora Jonson, definendo “appropriata” l’idea di una messa sotto accusa davanti ad una corte internazionale. L’attacco, ha concluso, “conferma che è un regime barbaro che è impossibile continui ad avere autorità sulla Siria dopo il conflitto”.

Il portavoce del ministero, il generale maggiore Igor Konashenkov, ha detto stamattina che le attività militari russe hanno registrato ieri un attacco delle forze aeree siriane su depositi di armi e una fabbrica di munizioni nella periferia orientale della città di Khan Sheikhoun. Konashenkov ha aggiunto che armi chimiche prodotte dalla fabbrica sono state utilizzati in Iraq e lo stesso tipo di armi erano state usate precedentemente dai ribelli ad Aleppo, dove si erano riscontrate sintomatologie simili a quelle osservate nelle immagini arrivate ieri da Khan Sheikhoun.

ATTACCO CHIMICO IN SIRIA, LE FOTO DRAMMATICHE

LA GIORNATA DI MARTEDI’

Bambini e adulti stesi per strada, seminudi, con gli occhi sbarrati nello sforzo sovrumano per continuare a respirare, mentre vengono innaffiati con getti d’acqua. Altri con la schiuma alla bocca, o mentre vengono intubati dai medici. Le immagini che arrivano da Khan Sheikhun sono come quelle della Ghuta orientale, nell’estate del 2013. Un altro attacco chimico in Siria, che ha provocato decine di morti, e che gli attivisti e i governi occidentali imputano al regime di Assad.

A differenza di quello avvenuto alle porte di Damasco, dove 1.400 persone furono uccise dal gas Sarin caricato su missili terra-terra, l’attacco di oggi è “venuto dal cielo”, ha detto l’inviato speciale dell’Onu per la Siria, Staffan de Mistura, invocando “una chiara individuazione della responsabilità”. Ma, come insegna l’esperienza degli ultimi anni, non sarà un’impresa facile, anche se già domani il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà in seduta di emergenza. La Russia ha immediatamente affermato che al momento dell’attacco nessun suo aereo militare era impegnato in raid sulla provincia nord-occidentale di Idlib, dove è situata Khan Sheikhun, controllata da gruppi di insorti e da qaedisti dell’organizzazione Fatah al Sham. Il comando delle forze armate di Damasco, invece, ha atteso diverse ore prima di diffondere un comunicato in cui respinge le accuse e afferma che “i responsabili dell’uso di agenti chimici sono i terroristi e chi li sostiene”. Rimane incerto il numero delle vittime.

Ma il bilancio potrebbe aggravarsi perché ci sono altri 160 intossicati, alcuni dei quali in gravi condizioni. Nessuna notizia precisa nemmeno sul tipo di gas che sarebbe stato usato. Un membro di un centro di informazione dell’opposizione della zona, Mohammed Hassoun, citato dall’agenzia Ap, ha detto di aver sentito da alcuni medici che potrebbero essere stati utilizzati diversi agenti, tra cui il Sarin, già impiegato per l’attacco di quattro anni fa sulla Ghuta orientale. Abu Hamdu, capo del servizio di difesa civile dell’opposizione a Khan Sheikhun, ha detto che ore dopo l’attacco anche un ospedale da campo in cui venivano curate le vittime è stato bombardato, ma non si hanno notizie di morti o feriti. La Russia e la Turchia, gli sponsor del cessate il fuoco in vigore in Siria dal 30 dicembre, si sono immediatamente consultate al massimo livello. I presidenti Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan hanno avuto una conversazione telefonica e, secondo fonti presidenziali di Ankara, “Erdogan ha detto che un tale attacco disumano è inaccettabile”.

Tuttavia, entrambi hanno insistito sulla necessità di preservare la tregua. Durissime, come sempre in queste occasioni, le reazioni dei governi europei e di quello americano. “Ovviamente c’è una primaria responsabilità del regime”, ha sottolineato l’Alta rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini. Il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha detto che l’Italia sarà in prima linea al Consiglio di sicurezza dell’Onu e alla Conferenza di Bruxelles sulla Siria, anch’essa in programma domani, “nel chiedere con forza che vengano individuati i responsabili”. Contraddittoria la reazione degli Usa. La Casa Bianca non ha dubbi che l’attacco sia stato compiuto dal governo di Bashar al Assad, ha detto il portavoce Sean Spicer, addossando la responsabilità anche all’amministrazione di Barack Obama, che “non fece nulla” contro Damasco per l’uso di armi chimiche in passato. Ma allo stesso tempo lo stesso Spicer ha detto che Washington non è pronta a parlare di un prossimo passo sulla Siria.

 

Palmira (foto B.B.C.)


Polo logistico di Passo Corese: dov’è la valutazione di impatto ambientale su tutti gli interventi in corso di realizzazione?

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polo logistico di Passo Corese

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha inoltrato una nuova (6 aprile 2017) una specifica richiesta di informazioni ambientali e adozione degli opportuni provvedimenti riguardo la realizzazione del grande Polo logistico di Passo Corese, in Comune di Fara in Sabina (RI).

Coinvolti il Ministero dell’ambiente (Ministro e Direzione generale per le valutazioni ambientali), il Ministero per i beni e attività culturali (Ministro e Soprintendenza per le Belle Arti e Paesaggio), la Regione Lazio (Settore V.I.A./V.A.S.), Corpo forestale dello Stato, Comune di Fara in Sabina e Istituzioni europee (Commissione europea e Commissione “petizioni” del Parlamento europeo). Informata la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rieti.

ruderi di Cures Sabini (da http://www.sabinideltevere.it)

Infatti, in seguito alla precedente istanza (20 dicembre 2016), è emersa, da un lato, la sussistenza di varie proroghe dell’efficacia del permesso di costruire n. 60 del 4 novembre 2008 per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria del polo logistico[1] con validità fino al dicembre 2018, d’altro canto, in buona sostanza, la Direzione regionale Governo dei rifiuti – Area Valutazione di impatto ambientale della Regione Lazio ha di fatto confermato (nota prot. n. 49980 dell’1 febbraio 2017) lo svolgimento del procedimento di V.I.A. esclusivamente per le opere di urbanizzazione primaria.

Sul sito web istituzionale del Consorzio per lo sviluppo industriale della Provincia di Rieti, soggetto promotore del Polo logistico di Passo Corese, si legge che “il Polo Logistico si sviluppa su un’area di 180 ettari, di cui 120 a destinazione logistica e industriale. Inoltre sono previsti 11 ettari da destinare a servizi, attività ricettive, terziario, uffici, attrezzature sportive e ricreative”.  Sono previsti “circa 700.000 mq di superficie coperta”, mentre dall’estate 2016 è in costruzione su oltre 222 mila metri quadri di superficie il nuovo centro di distribuzione di Amazon, il colosso mondiale del commercio on line.[2]

Tuscia, acquedotto romano

Non solo.     Come ampiamente noto (vds. “Amazon, apre nuovo centro e assume 1.200 persone. Delrio: Inviterei i loro manager alla direzione Pd’. L’azienda Usa aprirà vicino a Roma il suo secondo polo di logistica. Alla presentazione, ha partecipato il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, cha ha elogiato lo spirito di gruppo di chi lavora nella società. Il polo partirà in autunno”, edizione online La Repubblica, 10 febbraio 2017), è in corso di avanzata realizzazione il “nuovo centro di distribuzione Amazon in Italia” comprendente “un capannone a più piani da 60mila mq di superficie utile (la struttura è già visibile)”.

Risulta, però, allo stato effettuata la necessaria procedura di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) soltanto riguardo le opere di urbanizzazione del polo logistico (determinazione Direttore Area V.I.A. Regione Lazio prot. n. 164106 del 24 settembre 2007), non considerando il complesso degli interventi, molto più ampio (attività principalmente logistiche e industriali ma con una cospicua parte di territorio da destinare a servizi, attività ricettive, terziario, uffici, attrezzature sportive e ricreative), come richiede la normativa e la giurisprudenza europea e nazionale.

L’area risulta parzialmente d’interesse archeologico, interessando la zona di Cures Sabini, antico centro dei Sabini, parte della Sabina tra Montopoli di Sabina, Fara Sabina, Passo Corese, il Tevere e la Salaria, nonché parzialmente tutelata con vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), come indicato anche dal Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (P.T.P.R.) della Regione Lazio (Parco archeologico e culturale. Tav C 20).

paesaggio agrario (foto Benthos)

Nemmeno risulta effettuata la procedura di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), necessaria qualora si volesse considerare il complesso di interventi in corso di realizzazione nel Polo logistico non come un intervento coordinato, ma come un programma di interventi.

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha, quindi, chiesto alle amministrazioni pubbliche competenti di valutare l’opportunità di adozione di provvedimenti sospensivi dei lavori carenti delle valutazioni ambientali e ha chiesto alle Istituzioni comunitarie di verificare il rispetto della normativa europea in tema di V.A.S. e di V.I.A. (direttive n. 2001/42/CE e n. 2011/92/UE).

Informata anche, per le valutazioni di competenza, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rieti.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

 

 

________________________

[1] precisamente con note dell’11 ottobre 2011, del 5 dicembre 2012 (con contestuale trasferimento del titolo in favore della Parco Industriale della Sabina s.p.a. di Bologna),  del 31 ottobre 2013 e del 5 novembre 2015, tuttora vigente (scadenza 15 dicembre 2018).

[2] in forza di  deliberazione Giunta regionale 4 agosto 2016, n. 499Approvazione dello schema di Protocollo d’Intesa tra la Regione Lazio, il Consorzio per Sviluppo Industriale della Provincia di Rieti, il Comune di Fara in Sabina (RI), la società Vailog s.r.l. e la società Parco Industriale della Sabina S.p.a. per lo sviluppo del territorio della Provincia di Rieti” e relativo protocollo d’intesa e provvedimento autorizzativo unico n. 3 del 29 luglio 2016 rilasciato dal Comune di Fara in Sabina per la costruzione dello stabilimento.

 

acqua e gemme

(foto da http://www.sabinideltevere.it, Benthos, S.D., archivio GrIG)


Carloforte, dove il rispetto delle normative ambientali è un optional.

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Carloforte, allestimento per spettacoli Palapaize, (marzo 2017)

A Carloforte (CI) l’abusivismo edilizio ha prosperato, a corrente alterna, spesso e volentieri.

Come si può pretendere, però, che i cittadini siano rispettosi di leggi e normative ambientali, quando il primo ad applicarle disinvoltamente (per non dire altro) è il proprio Comune?

E’ il caso dell’allestimento dello spazio per concerti denominato Palapaize, realizzato disinvoltamente e illegittimamente dal Comune, demolendo parzialmente l’ex Stadio comunale “Pino Solitario”.

Il suo mantenimento è autorizzato?

Carloforte, ex Stadio comunale Pino Solitario, lavori edilizi (maggio 2016)

Qualche dubbio è lecito averlo, visto che il Servizio Tutela Paesaggistica di Cagliari della Regione autonoma della Sardegna ha affermato chiaramente (nota prot. n. 40911/TP/CA-CI del 21 ottobre 2016) che l’autorizzazione paesaggistica (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) aveva quale “data di scadenza del periodo di vigenza” il “30.09.2016”, termine abbondantemente trascorso senza alcuna rimozione delle strutture e senza che nemmeno sia stato finora consegnato alla Struttura regionale preposta alla tutela paesaggistica il “provvedimento finale di chiusura della Conferenza (di servizi del 23 maggio 2016, n.d.r.), senza il quale non si può ritenere né emessa né efficace l’autorizzazione”.

Nessuna rimozione sembra sia stata fatta, anzi, con deliberazione Giunta comunale di Carloforte n. 32 del 24 febbraio 2017, è stato approvato il progetto definitivo per la “Riqualificazione dell’ex Stadio Pino Solitario con realizzazione di un’area per spettacoli e area per lo sport”.

Carloforte, Sabino, strada bitumata (feb. 2016)

Non solo.

Si è ancora in attesa del ripristino ambientale coattivo relativo alla condizione della viabilità rurale nelle campagne di Sabino, illecitamente asfaltata curiosamente senza alcun incarico da parte del Comune ma con pagamento da parte dello stesso Comune.

Infatti, su diffida regionale con ordinanza dirigenziale n. 41/2015 del 14 dicembre 2015 il Responsabile dell’Area tecnica del Comune di Carloforte ha disposto “la dovuta rimozione dello strato bituminoso e la rimessa in pristino dello stato dei luoghi e con determinazione di liquidazione del Responsabile dell’Area servizi del Comune di Carloforte n. 124/2016 del 24 febbraio 2016  è stato liquidato l’importo complessivo di euro 35.014,75 in favore della Professionisti del paesaggio s.r.l. per i lavori di bitumazione stradale abusivi e oggetto del provvedimento di ripristino ambientale a spese del trasgressore.

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari, Servizio Tutela Paesaggistica di Cagliari della Regione autonoma della Sardegna, Soprintendenza per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Cagliari sono ampiamente informati, anche grazie alle varie segnalazioni del Gruppo d’Intervento Giuridico onlus.

In questi giorni (7 aprile 2017) è seguita una nuova istanza ecologista per la rimozione delle opere non autorizzate e il ripristino ambientale.

E allora che si fa?    Si premia la disinvoltura e si buttano nel cestino le norme di tutela ambientale e del territorio?

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

Carloforte

(foto per conto GrIG, S.D., archivio GrIG)


La destinazione ad area agricola tutela il territorio.

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campo di grano

Importante pronuncia del T.A.R. Lombardia in tema di classificazione di aree agricole per garantire una migliore vivibilità del territorio e del contesto comunale.

La sentenza T.A.R. Lombardia, MI, Sez. II, 21 febbraio 2017, n. 434 ha riconosciuto legittima l’attività pianificatoria del Comune di Desio che aveva provveduto all’individuazione di aree classificate “E – agricole” nel Piano di Governo del Territorio (P.G.T.), aree in precedenza edificabili (“C – residenziale, completamento urbanistico”).

Il Giudice amministrativo lombardo ha ricordato che “per costante giurisprudenza, le scelte urbanistiche compiute dalle autorità preposte alla pianificazione territoriale costituiscono espressione di ampia discrezionalità. Si tratta, infatti, di scelte di merito, che non possono essere sindacate dal giudice amministrativo, a meno che risultino inficiate da arbitrarietà o irragionevolezza manifeste, ovvero da travisamento dei fatti in ordine alle esigenze che si intendono nel concreto soddisfare (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 22 maggio 2014, n. 2649; Id., 25 novembre 2013, n. 5589; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 15 maggio 2014, n. 1281)”.

Non può, di conseguenza, esser invocato il principio dell’affidamento per pretendere il mantenimento delle precedenti classificazioni edificabili, perchè “non può invece ammettersi – in coerenza con gli indirizzi giurisprudenziali sopra riportati – l’insorgere di un affidamento al mantenimento delle previsioni contenute nello strumento urbanistico generale in un momento antecedente all’accordo con il Comune finalizzato a darvi effettiva attuazione” in quanto “la posizione del soggetto che semplicemente aspiri a dare corso a una lottizzazione convenzionata non può essere equiparata a quella di chi sia pervenuto a regolare i propri rapporti con il Comune mediante una convenzione che ponga diritti e obblighi in capo alle parti”, non essendo “neppure ravvisabile la fattispecie del c.d. lotto intercluso”.

paesaggio agricolo

La motivazione, in casi simili, dev’essere desunta dai principi generali del piano: “il PGT di Desio del 2014 risulta essere ispirato chiaramente all’obiettivo di contenere il consumo del suolo e di indirizzare le politiche urbanistiche verso il recupero del patrimonio edilizio esistente. Tale finalità costituisce la direttrice che informa l’intero impianto del nuovo strumento urbanistico, come reso evidente dalla relazione illustrativa, la quale si apre – significativamente – con un paragrafo 1.1 intitolato ‘Desio non può più espandere l’urbanizzato’ … In un tale contesto, è da ritenere che la scelta del Comune di rendere inedificabili le aree delle ricorrenti non sia manifestamente arbitraria o irragionevole, ma si ponga in linea con gli obiettivi che l’Amministrazione ha inteso perseguire”.

Nella pianificazione urbanistica trova quindi spazio anche l’esigenza di salvaguardia ambientale: “’all’interno della pianificazione urbanistica possano trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi’” (Cons. Stato, Sez. IV, 21 dicembre 2012, n. 6656), proprio perchè “l’urbanistica, ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo” (Cons. Stato, Sez. IV, 21 dicembre 2012, n. 6656).          Conseguentemente, “l’esercizio dei poteri di pianificazione territoriale ben può tenere conto delle esigenze legate alla tutela di interessi costituzionalmente primari, tra i quali rientrano quelli contemplati dall’articolo 9 della Costituzione (Cons. Stato, Sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710; in termini analoghi, tra le tante: Id. 5 settembre 2016, n. 3806; Id., 25 maggio 2016, n. 2221; Id., 21 dicembre 2012, n. 6656; Id., 28 novembre 2012, n. 6040; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 5 giugno 2014, n. 1465)”.

Un autorevole sostegno giurisprudenziale, pertanto, per una migliore pianificazione, tesa allla tutela ambientale e della qualità della vita.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

campagna veneta

dalla Rivista telematica di diritto ambientale Lexambiente, 3 aprile 2017

TAR Lombardia (MI) Sez. II n. 434 del 21 febbraio 2017

Urbanistica. Destinazione a verde agricolo.

La destinazione di un’area a verde agricolo non implica necessariamente che la stessa soddisfi in modo diretto e immediato interessi agricoli, ben potendo giustificarsi con le esigenze dell’ordinato governo del territorio, quale la necessità di impedire ulteriori edificazioni, ovvero di garantire l’equilibrio delle condizioni di vivibilità, assicurando la quota di valori naturalistici e ambientali necessaria a compensare gli effetti dell’espansione dell’aggregato urbano.

 

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00434/2017 REG. PROV. COLL.

00537/2008 REG. RIC.

02306/2009 REG. RIC.

03110/2012 REG. RIC.

01171/2015 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 537 del 2008, proposto da:
Dickson Due s.r.l. (già Dickson s.r.l.), in persona del legale rappresentante pro tempore; Rampazzo Ing. Luigi & C. Costruzioni Edili – RAL.CO s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore; dott. Luigi Paolo Rampazzo; Immobiliare Brianverde s.a.s. di Sellitti Luigi e C., in persona del legale rappresentante pro tempore; tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Maria Sala e Claudio Sala, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori, in Milano, Via Hoepli, 3;

contro

CIPE – Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, non costituito in giudizio;
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell’economia e delle finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, Ministero per i beni e le attività culturali, A.N.A.S. s.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, con domicilio in Milano, Via Freguglia, 1;
Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Piera Pujatti, con domicilio in Milano, Piazza Città di Lombardia, 1;
Comune di Desio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Mario Viviani, con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Milano, Galleria San Babila, 4/A;

nei confronti di

Autostrada Pedemontana Lombarda s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Raffaella De Giorgi, Domenico Masucci e Luisa Maria Vivacqua, con domicilio ex lege presso la Segreteria del Tribunale Amministrativo Regionale, in Milano, Via Filippo Corridoni, 39;
Concessioni Autostradali Lombarde s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Anna Laura Ferrario, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Simona Pagnotta in Milano, Via Vincenzo Monti, 41;

sul ricorso numero di registro generale 2306 del 2009, proposto da:
Dickson Due s.r.l. (già Dickson s.r.l.), in persona del legale rappresentante pro tempore; Rampazzo Ing. Luigi & C. Costruzioni Edili – RAL.CO s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore; dott. Luigi Paolo Rampazzo; Immobiliare Brianverde s.a.s. di Sellitti Luigi e C., in persona del legale rappresentante pro tempore; tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Maria Sala e Claudio Sala, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori, in Milano, Via Hoepli, 3;

contro

Comune di Desio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Mario Viviani, con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Milano, Galleria San Babila, 4/A;
Provincia di Milano non costituito in giudizio;

nei confronti di

Provincia di Milano, non costituita in giudizio;
Autostrada Pedemontana Lombarda s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Raffaella De Giorgi, Domenico Masucci e Luisa Maria Vivacqua, con domicilio ex lege presso la Segreteria del Tribunale Amministrativo Regionale, in Milano, Via Filippo Corridoni, 39;

sul ricorso numero di registro generale 3110 del 2012, proposto da:
Dickson Due s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e Immobiliare Brianverde s.a.s. di Sellitti Luigi e C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Maria Sala e Claudio Sala, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori, in Milano, Via Hoepli, 3;

contro

Comune di Desio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Claudio Colombo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A. M. Poggi, in Milano, Via Beccaria, 5;

nei confronti di

Provincia di Monza e Brianza, non costituita in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 1171 del 2015, proposto da:
Dickson Due s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e Immobiliare Brianverde s.a.s. di Sellitti Luigi e C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Maria Sala, Claudio Sala e Silvia Rolando, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori, in Milano, Via Hoepli, 3;

contro

Comune di Desio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Claudio Colombo, con domicilio eletto presso ATAP Coop a r.l., in Milano, Piazza Cinque Giornate, 10;
Provincia di Monza e Brianza, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

quanto al ricorso n. 537 del 2008:

– in parte qua della Deliberazione CIPE n. 77 in data 29 marzo 2006, recante approvazione del progetto preliminare della “Pedemontana Lombarda: collegamento autostradale Dalmine-Como-Varese-Valico del Gaggiolo”, pubblicata sulla G.U. n. 273 del 23 novembre 2006, unitamente agli Allegati, allo stato non conosciuti;

– della delibera di Giunta Regionale n. 7/17643 del 21 maggio 2004 nonché della delibera di Giunta Regionale n. VII/20902 del 16 febbraio 2005, entrambe richiamate nella Deliberazione CIPE n. 77/2006, allo stato non conosciute;

– di ogni altro atto preordinato, presupposto, consequenziale e/ o comunque connesso, ivi compreso, per quanto occorrer possa, il Certificato di destinazione urbanistica prot. n. 49489 in data 21 dicembre 2007, a firma del Direttore del Settore tecnico – Servizio edilizia privata ed urbanistica del Comune di Desio;

e con condanna al risarcimento dei danni patiti e patiendi;

quanto al ricorso n. 2306 del 2009:

per l’annullamento

in parte qua, della deliberazione del Consiglio comunale di Desio n. 29 del 20 aprile 2009, avente ad oggetto “Esame controdeduzioni alle osservazioni presentate dal P.G.T. (Documento di Piano, Piano dei Servizi e Piano delle Regole). Approvazione definitiva”;

nonché di tutti gli atti preordinati, connessi e conseguenti e, in particolare: in parte qua, della deliberazione del Consiglio comunale n. 85 del 18 ottobre 2008, avente ad oggetto “Adozione ai sensi dell’art. 13 della L.R. n. 12/2005, degli atti costituenti il P.G.T.: Documento di Piano, Piano dei Servizi e Piano delle Regole”;

quanto al ricorso n. 3110 del 2012:

per l’annullamento

in parte qua, della deliberazione del Consiglio comunale di Desio n. 35 del 3 luglio 2012, avente ad oggetto “Esame controdeduzioni alle osservazioni presentate alla variante degli atti di PGT – Approvazione definitiva”;

nonché di tutti gli atti preordinati, connessi e conseguenti e, in particolare, per quanto occorrer possa:

– in parte qua, della deliberazione del Consiglio comunale n. 38 in data 8 novembre 2011, avente ad oggetto “Variante degli atti di PGT – Adozione”;

– in parte qua, della deliberazione del Consiglio comunale n. 149 del 6 dicembre 2011, avente ad oggetto “Presa d’atto delle correzioni ed integrazioni del testo della variante al PGT adottata con deliberazione C.C. n. 38/2011”;

– in parte qua, della deliberazione del Consiglio comunale n. 198 del 21 agosto 2012, avente ad oggetto “Varianti al PGT approvate dal Consigio Comunale con deliberazione n. 35 del 3 luglio 2012 e n. 36 del 4 luglio 2012 – Presa d’atto del testo del PGT come modificato a seguito dell’approvazione definitiva”;

– delle note del Settore edilizia privata ed urbanistica, prot. n. 26978 del 20 settembre 2012, aventi ad oggetto “controdeduzioni alla variante degli atti di PGT adottata con deliberazione C.C. n. 38 dell’8 novembre 2011 e successivamente approvata con deliberazione C.C. n. 35 del 3 luglio 2012”, ricevute da Dickson Due s.r.l. e Immobiliare Brianverde s.a.s. in data 4 ottobre 2012;

– della determinazione della Giunta provinciale di Monza e Brianza n. 1399/2012 del 30 maggio 2012, recante approvazione dei contenuti della Relazione istruttoria allegata, a mezzo della quale è stata espressa valutazione di compatibilità con il P.T.C.P. vigente, provvedimento non conosciuto, richiamato nella delibera di Consiglio comunale n. 35 del 2012;

e per la condanna del Comune di Desio al risarcimento dei danni subiti e subendi;

quanto al ricorso n. 1171 del 2015:

per l’annullamento, in parte qua

– della delibera del Consiglio comunale di Desio n. 47 del 24 settembre 2014, con la quale è stato approvato il nuovo PGT;

– di ogni altro atto preordinato, presupposto, consequenziale e/o comunque connesso, ivi compresi, per quanto occorrer possa: la delibera del Consiglio comunale n. 4 del 6 febbraio 2014, con la quale è stato adottato in nuovo PGT, unitamente agli allegati; la determinazione dirigenziale n. 1970 del 4 agosto 2014, con la quale la Provincia di Monza e Brianza ha espresso parere di compatibilità, unitamente alla deliberazione della Giunta provinciale n. 82 del 30 luglio 2014, relativa alle proposte comunali di modifica o integrazioni degli atti di piano provinciale, atti non conosciuti, richiamati nella delibera di approvazione del nuovo PGT;

e per la condanna del Comune di Desio al risarcimento dei danni subiti e subendi;

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’economia e delle finanze, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, del Ministero per i beni e le attività culturali, della Regione Lombardia, del Comune di Desio, di A.N.A.S. s.p.a., di Autostrada Pedemontana Lombarda s.p.a. e di Concessioni Autostradali Lombarde s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 novembre 2016 la dott.ssa Floriana Venera Di Mauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

  1. Con ricorso iscritto al numero di R.G. 537 del 2008, Dickson s.r.l. (ora Dickson Due s.r.l.), Rampazzo Ing. Luigi & C. Costruzioni Edili – RAL.CO s.r.l., Immobiliare Brianverde s.a.s. di Sellitti Luigi e C., nonché il dott. Luigi Paolo Rampazzo hanno impugnato la deliberazione del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica n. 77 del 29 marzo 2006, recante l’approvazione del progetto preliminare della “Pedemontana Lombarda: collegamento autostradale Dalmine-Como-Varese-Valico del Gaggiolo ed opere ad esso connesse”. Hanno inoltre impugnato alcuni atti presupposti, nonché il certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di Desio il 21 dicembre 2007.

1.1 Le società ricorrenti hanno allegato nel ricorso di essere proprietarie di un complesso di aree ricadenti, in base al Piano Regolatore Generale (PRG), in zona C residenziale, la cui trasformazione edificatoria era subordinata all’approvazione di un apposito piano attuativo, denominato C15.

Secondo quanto pure allegato nel ricorso, l’ambito oggetto della prevista trasformazione è interamente di proprietà delle società ricorrenti, salvo una porzione di proprietà comunale. Le società hanno perciò presentato al Comune, in data 30 maggio 2005, un’istanza con la quale chiedevano all’Ente di partecipare alla lottizzazione, oppure di negoziare la cessione dell’area in favore delle richiedenti, al fine di consentire di dare corso alla formazione del piano attuativo. A tale richiesta è seguita la nota comunale del 9 agosto 2005, con la quale è stato reso noto che l’area era, in realtà, di proprietà del Consorzio Intercomunale Milanese per l’Edilizia Popolare (CIMEP), ma che era in corso l’acquisizione della stessa da parte del Comune.

Successivamente, divenuto proprietario dell’area, il Comune ha emesso la deliberazione n. 76 del 27 ottobre 2006, con la quale ha deliberato la vendita ai pubblici incanti del terreno incluso nel perimetro del futuro piano di lottizzazione C15.

L’asta, fissata per il 19 dicembre 2006, è stata però annullata; circostanza, questa, che i ricorrenti dichiarano di aver appreso il 18 dicembre 2006, ossia il giorno precedente a quello in cui si sarebbe dovuta svolgere la procedura.

I ricorrenti affermano, poi, di essere venuti a conoscenza soltanto il 24 dicembre 2007, a seguito del rilascio di apposito certificato di destinazione urbanistica, della circostanza che il 29 marzo 2006 era stato approvato dal CIPE il progetto preliminare dell’autostrada Pedemontana Lombarda, comportante la realizzazione di uno svincolo nell’area destinata alla lottizzazione C15.

1.2 Da ciò la proposizione del ricorso, con il quale sono stati allegati i seguenti motivi:

  1. I) violazione delle garanzie procedimentali, in quanto la procedura di approvazione del progetto preliminare dell’infrastruttura viaria si sarebbe svolta senza previa comunicazione di avvio del procedimento, così impedendo ai ricorrenti di proporre soluzioni alternative, idonee al contemperamento dei contrapposti interessi;
  2. II) carenza di istruttoria e difetto di motivazione, nonché perplessità e illogicità manifeste della deliberazione del CIPE, derivanti proprio dalla mancata acquisizione e ponderazione dell’interesse delle società ricorrenti, che avevano maturato un affidamento in relazione al comportamento tenuto dal Comune;

III) contraddittorietà, perplessità e illogicità dell’operato del Comune, poiché l’Ente avrebbe taciuto la situazione fino al rilascio del certificato di destinazione urbanistica in favore delle società ricorrenti e, inoltre, non si sarebbe attivato per reperire alternative idonee a soddisfare la finalità di consentire la realizzazione della lottizzazione C15; l’agire del Comune avrebbe determinato, inoltre, un aggravio economico per la realizzazione dell’arteria stradale, stante la necessità di indennizzare i proprietari espropriati corrispondendo il valore venale degli immobili.

Con lo stesso ricorso è stata chiesta anche la condanna delle Amministrazioni resistenti al risarcimento del danno.

1.3 Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i Ministeri specificati in epigrafe, A.N.A.S. s.p.a., la Regione Lombardia, il Comune di Desio, Autostrada Pedemontana Lombarda s.p.a. e Concessioni Autostradali Lombarde s.p.a.

  1. Con un secondo ricorso, iscritto al numero di R.G. 2306 del 2009, i medesimi ricorrenti hanno impugnato la delibera del Consiglio comunale di Desio n. 29 del 20 aprile 2009, recante l’approvazione del Piano di Governo del Territorio (PGT), in una con la precedente delibera di adozione, n. 85 del 18 ottobre 2008.

2.1 Nel proporre questa seconda impugnazione, i ricorrenti hanno affermato che, una volta venuti a conoscenza dell’approvazione del progetto preliminare dell’autostrada Pedemontana Lombarda, essi hanno predisposto una soluzione progettuale volta a contemperare l’interesse pubblico alla realizzazione dell’arteria viaria con gli interessi privati di utilizzazione dell’area per l’edificazione. Tale soluzione è stata sottoposta in data 16 maggio 2008 a Concessioni Autostradali Lombarde – CAL s.p.a., che il successivo 23 maggio ha rilasciato un’attestazione di compatibilità tecnica per la realizzazione delle opere del piano attuativo C15 ricadenti in fascia di salvaguardia.

Ottenuta tale attestazione, i ricorrenti hanno presentato al Comune, in data 15 luglio 2008, un’istanza diretta a ottenere la conferma, nel PGT in corso di formazione, della destinazione dell’ambito C15 già prevista dal PRG, allo scopo di poter dare attuazione alla relativa trasformazione.

Il PGT adottato il 18 ottobre 2008 è stato, tuttavia, ritenuto dai ricorrenti non rispondente alle loro esigenze, in quanto prevedeva la classificazione delle aree di loro proprietà come “Aree di Completamento soggette a permesso di costruire convenzionato – indirizzo funzionale residenziale”, con assegnazione di un indice di edificabilità territoriale di 0,3 mq/mq, inferiore all’indice di utilizzazione fondiaria di 0,93 mq/mq previsto dal precedente strumento urbanistico.

I ricorrenti hanno quindi presentato un’osservazione, con la quale hanno chiesto la conferma della capacità edificatoria già prevista dal PRG e, in subordine, di sospendere ogni determinazione sul punto fino all’approvazione del progetto definitivo del sistema viabilistico pedemontano da parte del CIPE.

In sede di approvazione del piano, l’osservazione è stata parzialmente accolta, confermando la capacità edificatoria già attribuita all’area in sede di adozione, ma stabilendo che la disciplina urbanistica così fissata si intendesse soggetta a riesame a seguito dell’approvazione del progetto definitivo della viabilità della Pedemontana Lombarda.

2.2 Il ricorso diretto contro previsioni del PGT è affidato a un unico motivo, con il quale i ricorrenti hanno allegato che il Comune non avrebbe minimamente motivato le ragioni per le quali ha ritenuto di accogliere solo parzialmente l’osservazione formulata al piano adottato. Secondo la prospettazione dei ricorrenti, l’Amministrazione avrebbe avuto invece l’onere di esplicitare le ragioni di pubblico interesse alla base delle sue scelte, a fronte di una situazione in cui l’accordo finalizzato a dare corso alla lottizzazione dell’area non si era concretizzato, a suo tempo, solo per poco, e comunque per ragioni estranee alla volontà dei proprietari. Inoltre, la previsione pianificatoria recante un rinvio al futuro del riesame della disciplina avrebbe contenuto generico, e tale da non assicurare alcuna tutela alle ragioni degli interessati.

2.3 Si sono costituiti in giudizio il Comune di Desio e Autostrada Pedemontana Lombarda s.p.a.

  1. Con un terzo ricorso, iscritto al numero di R.G. 3110 del 2012, le sole Dickson Due s.r.l. e Immobiliare Brianverde s.a.s. hanno impugnato – unitamente agli atti presupposti – la deliberazione del Consiglio comunale di Desio n. 35 del 3 luglio 2012, recante l’approvazione di una variante parziale al PGT.

3.1 In particolare, le ricorrenti hanno allegato che la variante avrebbe reso sostanzialmente inedificabile il complesso immobiliare di loro proprietà, includendolo in parte tra le aree destinate all’agricoltura e di valore paesaggistico, ambientale ed ecologico, e in parte tra le aree destinate a sede dell’autostrada Pedemontana e relativa fascia di rispetto.

3.2 Contro le nuove scelte pianificatorie assunte dall’Amministrazione comunale le ricorrenti hanno allegato quanto segue:

  1. I) la scelta di classificare le aree come destinate all’agricoltura, affermandone la valenza paesaggistica, sarebbe del tutto irragionevole, trattandosi di un ambito compreso tra zone urbanizzate e delimitato a nord dall’autostrada; si tratterebbe, inoltre, di una determinazione ingiustificatamente lesiva dell’affidamento delle ricorrenti, le quali non avrebbero potuto dare attuazione, a suo tempo, alle previsioni del PRG, mediante la predisposizione del piano attuativo, solo a causa del comportamento ostativo del Comune, proprietario di una parte dell’area;
  2. II) il Comune avrebbe controdedotto in modo incompleto, generico e apodittico alle osservazioni, presentate dalle ricorrenti a seguito dell’adozione della variante, con le quali si chiedeva il mantenimento dell’indice di utilizzazione fondiaria previsto dal PRG (0,93 mq/mq) e il ripristino della possibilità di edificazione prevista dal PGT, eliminata a seguito della riclassificazione dei terreni come aree destinate all’agricoltura;

III) contraddittorietà, perplessità e illogicità dell’operato del Comune, il quale si era mostrato favorevole all’attuazione dell’ambito edificatorio previsto dal PRG, fino all’emergere della questione relativa alla localizzazione dell’autostrada Pedemontana, ma poi, una volta venuto meno ogni ostacolo all’edificazione, per effetto dell’attestazione di compatibilità tecnica rilasciata da CAL s.p.a., avrebbe precluso inopinatamente la possibilità di dare corso alla trasformazione dell’area; la scelta del Comune sarebbe contraddittoria anche rispetto al comportamento dell’Amministrazione in una controversia tributaria insorta con Dickinson Due s.r.l., in relazione alla determinazione della base imponibile su cui calcolare l’ICI per l’anno 2005: controversia che si è conclusa con una conciliazione, con la quale le parti si sono date atto dell’edificabilità dell’area e dell’impossibilità di trasformarla, a causa del mancato stralcio o vendita dell’area comunale; analoghe conclusioni il Comune avrebbe raggiunto per l’imposta relativa all’anno 2006.

Le ricorrenti hanno inoltre proposto domanda di risarcimento del danno.

3.3 Si è costituito in giudizio il Comune di Desio.

  1. Con un quarto ricorso, iscritto al numero di R.G. 1171 del 2015, Dickson Due s.r.l. e Immobiliare Brianverde s.a.s. hanno impugnato – unitamente agli atti presupposti – la deliberazione del Consiglio comunale di Desio n. 47 del 24 settembre 2014, recante l’approvazione della variante generale al Piano di Governo del Territorio.

4.1 Le nuove previsioni pianificatorie hanno, in particolare, incluso le aree delle ricorrenti tra gli spazi aperti agricoli a compensazione ecologica-ambientale.

4.2 Al riguardo, le ricorrenti hanno allegato che:

  1. I) la scelta compiuta dal Comune avrebbe sostanzialmente riproposto l’azzonamento ad area agricola, e sarebbe, come tale, impropria e contraddittoria, oltre che lesiva dell’affidamento delle ricorrenti;
  2. II) l’osservazione presentata dalle ricorrenti, che chiedevano il ripristino delle potenzialità edificatorie attribuite all’area dal previgente PRG, sarebbe stata respinta con controdeduzioni incomplete, generiche, apodittiche ed errate; in ogni caso, l’inclusione del compendio immobiliare, ad opera del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) della Provincia di Monza e della Brianza, nell’ambito della rete verde di ricomposizione paesaggistica (articolo 31 delle NTA del PTCP) e del Corridoio trasversale della rete verde (articolo 32 delle NTA del PTCP) non sarebbe ostativa all’edificazione, contrariamente a quanto affermato dal Comune;

III) contraddittorietà, perplessità e illogicità dell’operato del Comune, per le ragioni già illustrate nel terzo motivo del ricorso R.G. n. 3110 del 2012.

Le ricorrenti hanno inoltre proposto domanda di risarcimento del danno.

4.3 Si è costituito in giudizio il Comune di Desio.

  1. All’udienza pubblica del 30 novembre 2016 le cause R.G. n. 537 del 2008, n. 2306 del 2009 n. 3110 del 2012 e n. 1171 del 2015 sono state chiamate e sono quindi passate in decisione.

DIRITTO

  1. Il Collegio ritiene preliminarmente necessario disporre, ai sensi dell’articolo 70 cod. proc. amm., la riunione dei ricorsi R.G. n. 537 del 2008, n. 2306 del 2009, n. 3110 del 2012 e n. 1171 del 2015, stanti le evidenti ragioni di connessione.
  2. Ciò posto, vanno anzitutto esaminate le domande impugnatorie proposte con i diversi ricorsi.
  3. In tale prospettiva, il Collegio deve rilevare che le domande di annullamento proposte con il ricorso R.G. 537 del 2008 sono in parte irricevibili e in parte inammissibili.

3.1 Quanto al primo profilo, è infatti fondata l’eccezione – sollevata dall’Avvocatura dello Stato e dalle difese della Regione Lombardia, di Autostrada Pedemontana Lombarda s.p.a. e di CAL s.p.a.– di tardività dell’impugnazione della delibera del CIPE n. 77 del 29 marzo 2006 e, conseguentemente, anche delle delibere regionali in essa richiamate.

La Sezione ha, infatti, già avuto modo di affermare che il termine per proporre ricorso contro una delibera di approvazione del progetto di una infrastruttura strategica, quale quella di cui si tratta, ai sensi della legge 21 dicembre 2001, n. 443 e poi della Parte I, Titolo III, Capo IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (ora abrogato dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50) decorre dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, disposta ai sensi dell’articolo 11 del regolamento CIPE 9 luglio 1998, n. 63. Inoltre, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del progetto preliminare delle infrastrutture strategiche è prevista dall’articolo 3, comma 7 del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190 (oggi abrogato, ma applicabile alla presente fattispecie ratione temporis). Si tratta, quindi, di una pubblicazione “prevista da disposizioni di legge o di regolamento”, ai sensi dall’articolo 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (vigente al tempo della proposizione del ricorso, e oggi sostituito dall’articolo 41, comma 2 cod. proc. amm.), e come tale idonea a far decorrere il termine per la proposizione dell’impugnazione giurisdizionale (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 10 giugno 2014, n. 2963; Id., Sez. VI, 23 gennaio 2013, n. 394; Id., Sez. VI, 13 aprile 2010, n. 2047; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 23 febbraio 2016, n. 373, relativa all’impugnazione della stessa delibera CIPE censurata nel presente giudizio; v. anche: Id., Sez. III, 30 luglio 2013, n. 2018; Id., Sez. II, 25 maggio 2010, n. 1669; TAR Lombardia, Brescia, 14 agosto 2008, n. 859).

Nel caso oggetto del presente giudizio, la delibera impugnata è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2006, mentre il ricorso è stato presentato alla notifica il 21 febbraio 2008, e quindi ben oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione.

L’impugnazione è, quindi, irrimediabilmente tardiva, e va perciò dichiarata irricevibile.

3.2 E’, invece, inammissibile – come correttamente eccepito dalla difesa comunale – l’impugnazione del certificato di destinazione urbanistica prot. n. 49489, rilasciato dal Comune di Desio in data 21 dicembre 2007.

Sul punto, è sufficiente richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale per il quale il certificato di destinazione urbanistica ha portata meramente ricognitiva di situazioni di fatto e di diritto altrove definite e, come tale, è sfornito di ogni efficacia provvedimentale e, quindi, privo di concreta lesività, il che ne rende inammissibile l’autonoma impugnazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4 febbraio 2014, n. 505; TAR Lombardia Milano, Sez. I, 24 marzo 2016, n. 586; TAR Lazio, Latina, 22 maggio 2013, n. 482; TAR Lazio, Roma, Sez. II bis, 6 marzo 2012, n. 2241; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 12 gennaio 2010, n. 21).

  1. Le domande di annullamento proposte con i ricorsi n. 2306 del 2009 e n. 3110 del 2012 sono invece ormai prive d’interesse per i ricorrenti.

Con tali ricorsi sono stati impugnati – rispettivamente – il PGT approvato dal Comune di Desio con deliberazione del Consiglio comunale n. 29 del 20 aprile 2009 e la variante parziale apportata al medesimo piano con deliberazione del Consiglio comunale n. 35 del 3 luglio 2012, unitamente agli atti presupposti alle predette deliberazioni.

Le previsioni pianificatorie censurate sono state, però, ormai sostituite dalla variante generale al PGT, approvata con deliberazione del Consiglio comunale n. 47 del 24 settembre 2014. E, per costante giurisprudenza, nel caso in cui venga impugnata la prescrizione contenuta in un piano urbanistico, qualora nelle more del giudizio tale strumento sia interamente sostituito da un altro piano, non vi è più interesse a discutere sul precedente strumento, anche laddove il nuovo abbia riprodotto la prescrizione impugnata (cfr., ex multis: Cons. Stato, Sez. IV, 24 febbraio 2004, n. 731; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 15 dicembre 2015, n. 2640; Id., 29 ottobre 2015, n. 2276).

Da ciò l’improcedibilità di tali domande.

  1. Va quindi presa in esame l’impugnazione proposta con il ricorso R.G. n. 1171 del 2015, diretta contro la richiamata deliberazione del Consiglio comunale n. 47 del 24 settembre 2014, di approvazione della variante generale costituente il c.d. nuovo PGT di Desio.

5.1 Con il primo motivo di ricorso le ricorrenti lamentano che la scelta di includere le aree delle ricorrenti negli “Spazi aperti ed agricoli – aa3 – Spazi aperti agricoli a compensazione ecologica – ambientale” contrasterebbe con la vocazione edificatoria del compendio immobiliare e sarebbe contraddittoria e lesiva dell’affidamento maturato dalle stesse società.

Le censure non possono essere accolte.

5.1.1 Per costante giurisprudenza, le scelte urbanistiche compiute dalle autorità preposte alla pianificazione territoriale costituiscono espressione di ampia discrezionalità. Si tratta, infatti, di scelte di merito, che non possono essere sindacate dal giudice amministrativo, a meno che risultino inficiate da arbitrarietà o irragionevolezza manifeste, ovvero da travisamento dei fatti in ordine alle esigenze che si intendono nel concreto soddisfare (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 22 maggio 2014, n. 2649; Id., 25 novembre 2013, n. 5589; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 15 maggio 2014, n. 1281).

In questa prospettiva, le scelte urbanistiche non necessitano, di regola, di apposita motivazione, oltre a quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico-discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano (Ad. plen., n. 24 del 1999), salvo che ricorra una delle evenienze che, in conformità ai consolidati indirizzi della giurisprudenza (più volte richiamati anche da questa Sezione; v., tra le ultime: TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 15 settembre 2016, n. 1680; Id., 23 marzo 2015, n. 783; Id., 30 settembre 2014, n. 2404; Id., 22 luglio 2014, n. 1972), determinano un onere motivatorio più incisivo. Tali evenienze sono state ravvisate: a) nella lesione dell’affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione, da accordi di diritto privato intercorsi fra il Comune e i proprietari delle aree, da aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi del titolo edilizio o di silenzio rifiuto su domanda di rilascio del permesso di costruire, ecc.; b) nel caso in cui l’autorità intenda imprimere destinazione agricola ad un lotto intercluso da fondi legittimamente edificati (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 1 ottobre 2004, n. 6401; Id., 4 marzo 2003, n. 1197); c) nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico effettui un sovradimensionamento delle aree destinate ad ospitare attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale (cd. aree standard), quantificandole in misura maggiore rispetto ai parametri minimi fissati dall’art. 3 del d.m. n. 1444 del 1968 e dall’art. 9, comma 3, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 (cfr. Ad. plen. n. 24 del 1999; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 4 gennaio 2011, n. 4).

Non costituisce, invece, posizione di affidamento tutelabile in sede giurisdizionale quella del soggetto che veda semplicemente assegnata alla sua area una disciplina peggiorativa rispetto a quella dettata dai previgenti atti di pianificazione (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 20 giugno 2012, n. 3571; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 30 settembre 2014, n. 2404; TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 18 dicembre 2013, n. 1143).

5.1.2 Nel caso oggetto del presente giudizio, le ricorrenti affermano di essere titolari di un particolare affidamento, derivante dalla circostanza di non essere pervenute alla stipulazione della convenzione di lottizzazione con il Comune – sulla base del PRG vigente fino all’entrata in vigore del PGT del 2009 – soltanto per ragioni ad esse non imputabili.

Occorre tuttavia rilevare che la posizione del soggetto che semplicemente aspiri a dare corso a una lottizzazione convenzionata non può essere equiparata a quella di chi sia pervenuto a regolare i propri rapporti con il Comune mediante una convenzione che ponga diritti e obblighi in capo alle parti. Le ragioni per le quali le trattative tra le parti non abbiano condotto alla stipulazione della convenzione possono infatti assumere rilevanza eventualmente, sussistendone i presupposti, al fine di fondare un titolo di responsabilità precontrattuale. Non può invece ammettersi – in coerenza con gli indirizzi giurisprudenziali sopra riportati – l’insorgere di un affidamento al mantenimento delle previsioni contenute nello strumento urbanistico generale in un momento antecedente all’accordo con il Comune finalizzato a darvi effettiva attuazione.

D’altro canto, non può non rilevarsi che, nel caso oggetto del presente giudizio, la stipulazione della convenzione non era imminente al momento della modifica delle previsioni di piano, non essendo stato ancora elaborato neppure il progetto di piano attuativo. Pertanto – a prescindere dalla valutazione delle ragioni di tale situazione di fatto – è da escludere in ogni caso che i ricorrenti potessero vantare un affidamento qualificato alla conservazione delle previsioni di trasformazione del suolo contenute nel previgente strumento urbanistico generale.

5.1.3 Deve, poi, rimarcarsi che nel caso di specie non è neppure ravvisabile la fattispecie del c.d. lotto intercluso.

Secondo quanto risulta agli atti del giudizio, le aree interessate non costituiscono – come affermato dalle ricorrenti – un fazzoletto di terra delimitato in parte dall’autostrada Pedemontana Lombarda e in parte da zone edificate. Si tratta invece di un compendio di superficie superiore a 5.000 mq, non intercluso all’interno del tessuto urbano consolidato, ma posto ai margini di questo.

5.1.4 In coerenza con i principi sopra esposti, va quindi esclusa la sussistenza di situazioni che imponevano al Comune un onere di motivazione rafforzata delle scelte inerenti alla destinazione delle aree delle ricorrenti.

5.1.5 Ciò posto, deve ancora evidenziarsi, in punto di fatto, che tali aree ricadono nell’ambito della rete verde di ricomposizione paesaggistica di cui all’articolo 31 delle Norme Tecniche di Attuazione del PTCP e, inoltre, sono interessate dal passaggio del Corridoio trasversale della rete verde, disciplinato dall’articolo 32 delle NTA del PTCP; corridoio consistente in una fascia di rispetto di rilevante ampiezza lungo il tracciato dell’autostrada, con finalità di compensazione ambientale.

Occorre poi aggiungere che il PGT di Desio del 2014 risulta essere ispirato chiaramente all’obiettivo di contenere il consumo del suolo e di indirizzare le politiche urbanistiche verso il recupero del patrimonio edilizio esistente. Tale finalità costituisce la direttrice che informa l’intero impianto del nuovo strumento urbanistico, come reso evidente dalla relazione illustrativa, la quale si apre – significativamente – con un paragrafo 1.1 intitolato “Desio non può più espandere l’urbanizzato” (v. doc. 1 del Comune, p. 14).

5.1.6 In un tale contesto, è da ritenere che la scelta del Comune di rendere inedificabili le aree delle ricorrenti non sia manifestamente arbitraria o irragionevole, ma si ponga in linea con gli obiettivi che l’Amministrazione ha inteso perseguire.

E, in questa prospettiva, non sono condivisibili le affermazioni delle ricorrenti, secondo le quali l’illegittimità delle previsioni dello strumento urbanistico deriverebbe dall’assenza di vocazione agricola e di profili di pregio ecologico e paesistico delle aree. La giurisprudenza ha infatti ormai chiarito che la nozione di naturale vocazione edificatoria può essere appropriatamente impiegata soltanto nel contesto delle vicende espropriative, mentre non si attaglia al diverso ambito della disciplina d’uso dei suoli, poiché – postulando la preesistenza di una edificabilità di fatto – contraddice la sottoposizione di ogni attività edilizia alle scelte pianificatorie dell’amministrazione (Cons. Stato, Sez. IV, 21 dicembre 2012, n. 6656).

D’altro canto, è parimenti acclarato che “all’interno della pianificazione urbanistica possano trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi” (così ancora Cons. Stato n. 6656 del 2012, cit.). E ciò in quanto “l’urbanistica, ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo”, per cui l’esercizio dei poteri di pianificazione territoriale ben può tenere conto delle esigenze legate alla tutela di interessi costituzionalmente primari, tra i quali rientrano quelli contemplati dall’articolo 9 della Costituzione (Cons. Stato, Sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710; in termini analoghi, tra le tante: Id. 5 settembre 2016, n. 3806; Id., 25 maggio 2016, n. 2221; Id., 21 dicembre 2012, n. 6656; Id., 28 novembre 2012, n. 6040; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 5 giugno 2014, n. 1465).

In tale prospettiva, deve pure ricordarsi che, per costante giurisprudenza, la destinazione di un’area a verde agricolo non implica necessariamente che la stessa soddisfi in modo diretto e immediato interessi agricoli, ben potendo giustificarsi con le esigenze dell’ordinato governo del territorio, quale la necessità di impedire ulteriori edificazioni, ovvero di garantire l’equilibrio delle condizioni di vivibilità, assicurando la quota di valori naturalistici e ambientali necessaria a compensare gli effetti dell’espansione dell’aggregato urbano (cfr, ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 830; Id., 16 novembre 2011, n. 6049; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 30 settembre 2016, n. 1766; Id., 11 dicembre 2013, n. 2808; Id., 20 giugno 2012, n. 1720).

Nel caso di specie, l’interesse dell’area dal punto di vista ecologico e paesaggistico è stato, del resto, espressamente riconosciuto da Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, non impugnato dalle ricorrenti. A questo proposito, è poi utile aggiungere che la mera circostanza che le aree siano prossime a centri abitati e a un’importante arteria stradale di per sé non vale a escluderne la rilevanza dal punto di vista ambientale, poiché tali dati di fatto si prestano anzi a far emergere un interesse alla conservazione del suolo inedificato, per ragioni di compensazione ambientale. E, a ben vedere, proprio tale valutazione risulta essere sottesa alle previsioni del PGT relative alle aree delle ricorrenti, che sono state incluse, non a caso, tra quelle “di compensazione ecologica – ambientale”.

5.1.7 In definitiva, per le ragioni sin qui esposte, le censure articolate con il primo motivo di impugnazione vanno quindi respinte.

5.2 Parimenti infondate sono le doglianze proposte con il secondo motivo, ove le ricorrenti lamentano l’eccessiva genericità delle controdeduzioni comunali alla loro osservazione e sostengono, inoltre, che – contrariamente a quanto affermato dal Comune – l’inclusione dell’area nella rete verde di ricomposizione paesaggistica e nel corridoio ambientale non la renderebbe per ciò solo inedificabile.

5.2.1 Al riguardo, occorre ricordare che per costante giurisprudenza le osservazioni successive all’adozione costituiscono meri apporti collaborativi dei cittadini, in funzione di interessi generali e non individuali, per cui l’Amministrazione può semplicemente rigettarle laddove contrastino con gli interessi e le considerazioni generali sottese allo strumento urbanistico (cfr. ex multis: Cons. Stato, Sez. IV, 1° luglio 2014, n. 3294).

Nel caso di specie, l’osservazione tendente a ottenere il ripristino delle potenzialità edificatorie attribuite all’area delle ricorrenti dal PRG è stata respinta evidenziando che l’area è all’esterno del tessuto urbano consolidato e ricade nella rete verde di ricomposizione paesaggistica e nel corridoio trasversale della rete verde. Da ciò la conclusione che – trattandosi di ambito non edificabile già nel PGT vigente alla data di entrata in vigore del nuovo strumento urbanistico – non fosse consentito prevedere alcuna forma di consumo di suolo (doc. 26 delle ricorrenti).

Si tratta di una motivazione per nulla generica o apodittica, né – tanto meno – errata. L’Amministrazione ha infatti rigettato la richiesta di modifica della disciplina del compendio rinviando alle prescrizioni contenute nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, che hanno imposto un regime di particolare tutela in relazione alle aree delle ricorrenti. E se è vero che gli articoli 31 e 32 del PTCP non escludono in modo assoluto l’edificazione, ma la consentono in alcuni limitati casi, è pure vero che tali fattispecie non risultano essersi verificate nel caso in esame. Il Comune ha infatti evidenziato – come detto – che il compendio era già inedificabile in base alle previsioni previgenti al nuovo PGT, per cui la possibilità di reintrodurre una destinazione edificatoria non è stata salvaguardata dalla disciplina della rete verde contenuta nel PTCP. Quanto alla porzione inclusa nel Corridoio trasversale della rete verde, è la stessa parte ricorrente a evidenziare che la trasformazione edificatoria potrebbe essere consentita nei soli casi e modi previsti dall’articolo 32 del PTCP, che in ogni caso richiede un apposito accordo tra Comune e Provincia. Tale accordo nella specie non è intercorso, né il Comune poteva ritenersi onerato a perseguirlo.

5.2.2 Non risulta, infine, comprovato il lamentato difetto di istruttoria in relazione al recepimento delle previsioni del PTCP alla scala comunale. L’affermazione è infatti posta dalle ricorrenti in relazione alle allegate caratteristiche oggettive delle aree. Su tali caratteristiche, e sulla valutazione che è consentito operarne nel quadro delle scelte urbanistiche, valgono – tuttavia – le considerazioni sopra esposte, alle quali si rinvia.

5.3 E’, infine, da respingere anche il terzo motivo, con il quale le ricorrenti affermano la ritenuta contraddittorietà del comportamento del Comune, che avrebbe impedito di fatto la trasformazione edificatoria dell’area, e che avrebbe anche riconosciuto, ai fini dell’imponibile ICI per gli anni 2005 e 2006, la natura di area edificabile, ma non trasformabile di fatto, per la mancata cessione della porzione di proprietà dello stesso Comune nell’ambito da attuare (in base al PRG) mediante piano di lottizzazione.

Le vicende attinenti alla mancata attuazione delle trasformazioni edificatorie previste nel PRG – che non costituisce neppure lo strumento immediatamente precedente all’attuale strumento urbanistico, essendo stato superato già dal PGT del 2009, e poi dalla variante parziale del 2012 – possono rilevare, eventualmente, ai fini della valutazione dell’operato del Comune, ma non possono dare luogo all’illegittimità delle previsioni del PGT del 2015, che sono sorrette, come detto, di per sé stesse, da adeguata motivazione e non risultano manifestamente illogiche o arbitrarie.

5.4 In definitiva, l’impugnazione del PGT del 2015, proposta con il ricorso R.G. n. 1171 del 2015, va respinta.

  1. Occorre a questo punto prendere in esame le domande risarcitorie proposte con i ricorsi R.G. n. 537 del 2008, n. 3110 del 2012 e n. 1171 del 2015.

Tali domande sono dirette a ottenere il ristoro del danno consistente nell’impossibilità di dare corso alla lottizzazione delle aree sin dal 2005.

6.1 Al riguardo, occorre anzitutto ricordare che, secondo principi giurisprudenziali consolidati, e che il Collegio condivide, “nel giudizio risarcitorio che si svolge davanti al giudice amministrativo, nel rispetto del principio generale sancito dal combinato disposto degli artt. 2697 c.c. (secondo cui chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda) e 63, co. 1 e 64, co. 1, c.p.a. (secondo cui l’onere della prova grava sulle parti che devono fornire i relativi elementi di fatto di cui hanno la piena disponibilità), non può avere ingresso il c.d. metodo acquisitivo tipico del processo impugnatorio; pertanto, il ricorrente che chiede il risarcimento del danno da cattivo (o omesso) esercizio della funzione pubblica, deve fornire la prova dei fatti base costitutivi della domanda” (Cons. Stato, Sez. IV, 22 ottobre 2015, n. 4823). Incombe, quindi, sulla parte danneggiata l’onere di provare la presenza di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito extracontrattuale: condotta, evento, nesso di causalità, antigiuridicità, colpevolezza (Cons. Stato, Sez. IV, 31 dicembre 2014, n. 6450).

  1. Facendo applicazione di tali principi nel caso in esame, deve anzitutto rilevarsi che il rigetto nel merito dell’impugnazione del PGT del 2015 fa venir meno ogni profilo di antigiuridicità del pregiudizio che le ricorrenti possono aver subito a far data dall’entrata in vigore del nuovo strumento urbanistico.
  2. Per ciò che attiene al periodo precedente – in relazione al quale le censure proposte con i diversi ricorsi sono in parte irricevibili, in parte inammissibili e in parte improcedibili, secondo quanto sopra detto – il Collegio esclude che vi sia un interesse delle parti ricorrenti allo scrutinio nel merito delle doglianze allegate, poiché le domande risarcitorie sono, in ogni caso, infondate. E ciò per mancanza di prova sia del nesso di causalità tra i provvedimenti impugnati e il pregiudizio allegato, sia della colpa dell’amministrazione.
  3. Va, anzitutto, considerato il profilo attinente al nesso di causalità.

9.1 Al riguardo, deve osservarsi che la deliberazione del CIPE di approvazione del progetto preliminare dell’autostrada, impugnata con il primo ricorso, non ha impedito, di per sé, la realizzazione della lottizzazione prevista dal PRG. Tale circostanza è stata affermata già nella relazione del tecnico delle ricorrenti, datata 12 febbraio 2008, depositata con il primo ricorso (v. doc. 9 nel ricorso R.G. n. 537 del 2008), ed è stata definitivamente comprovata a seguito del rilascio, da parte di CAL s.p.a., dell’attestazione di compatibilità tecnica della lottizzazione rispetto alla realizzazione dell’arteria stradale.

Ne deriva che non sussiste alcun rapporto di causalità tra tale provvedimento e il pregiudizio di cui si chiede il risarcimento. E’ quindi da escludersi in radice – per ammissione delle stesse ricorrenti – qualunque responsabilità delle Amministrazioni, diverse dal Comune di Desio, destinatarie della domanda risarcitoria proposta con il ricorso R.G. 537 del 2008, ed evocate in giudizio proprio in relazione alla richiamata delibera del CIPE.

9.2 E’, parimenti, da escludere qualunque efficienza causale nella determinazione del pregiudizio allegato anche del certificato di destinazione urbanistica, impugnato con lo stesso ricorso R.G. n. 537 del 2008. Come detto, si tratta di un atto di portata meramente ricognitiva, e di per sé non lesivo, per cui non può in esso rinvenirsi la fonte dell’impossibilità di realizzare l’intervento edificatorio.

9.3 Vanno, quindi, prese in esame – sempre dal punto di vista della prova del nesso di causalità – le previsioni del PGT del 2009 (che ha stabilito l’edificabilità residenziale nelle aree delle ricorrenti, ma con un indice inferiore rispetto al PRG, previo permesso di costruire convenzionato, e dunque senza necessità di piano attuativo) e quelle della variante parziale del 2012 (che ha reso le aree sostanzialmente inedificabili).

9.3.1 Al riguardo, il Collegio deve constatare che tali nuove determinazioni urbanistiche sono sopravvenute dopo un rilevante lasso di tempo dalla data in cui – nel dicembre del 2006 – il Comune ha annullato l’asta bandita per la vendita della porzione di sua proprietà ricadente nel perimetro dell’ambito C15, con ciò precludendo la possibilità di elaborare il piano attuativo. Le previsioni del 2009 e del 2012, pertanto, non costituiscono la causa da cui è dipesa l’impossibilità di dare corso alla lottizzazione, poiché la ragione prima che ha determinato tale impossibilità è da individuare proprio nella mancata alienazione della porzione di terreno di proprietà del Comune (o nella mancata partecipazione dello stesso Ente alla lottizzazione). E invero, anche laddove – accogliendo le osservazioni delle ricorrenti – l’Amministrazione avesse confermato o reintrodotto la disciplina urbanistica contenuta nel PRG, la lottizzazione non avrebbe potuto comunque essere realizzata, senza la cessione della porzione comunale.

9.3.2 Peraltro, le parti ricorrenti non hanno mai impugnato la determinazione comunale di annullamento dell’asta per la vendita del terreno. Né hanno agito in sede giurisdizionale nei confronti del Comune a tutela del loro interesse a ottenere il perfezionarsi delle condizioni necessarie per poter dare corso alla lottizzazione. Risulta, anzi, che esse abbiano atteso a lungo, pure dopo l’annullamento dell’asta, persino per richiedere il certificato di destinazione urbanistica, dal quale affermano di aver poi appreso dell’approvazione del progetto preliminare dell’autostrada.

9.4 In un tale contesto, deve perciò escludersi che il danno lamentato dalle parti ricorrenti sia stato causalmente determinato dai provvedimenti impugnati, essendo invece riconducibile ad atti che non sono stati censurati nel presente giudizio e, in parte, all’inattività degli stessi soggetti interessati.

  1. Sotto altro profilo, e pure laddove si volesse ritenere che le domande risarcitorie siano dirette a censurare il comportamento comunale in un’ottica complessiva, anche in relazione a profili inerenti al mancato esercizio di attività amministrativa ritenuta doverosa dalle parti ricorrenti, va poi rilevata comunque la mancanza di prova della colpa del Comune.

Secondo i ricorrenti, l’elemento soggettivo dell’illecito sarebbe da riscontrare nell’allegata ostinazione con la quale l’Amministrazione si sarebbe ingiustificatamente opposta alla realizzazione della lottizzazione.

Al riguardo, deve però rilevarsi che, all’epoca della promozione dei primi due contenziosi, il Comune si trovava ad operare in una situazione in cui non era ancora compiutamente definito l’assetto della viabilità dell’autostrada: ciò poteva giustificare l’assunzione di una condotta prudenzialmente attendista nell’assumere scelte definitive inerenti all’assetto del proprio territorio, e comunque vale ad escludere la colpa dell’Amministrazione nell’essersi così determinata.

Quanto, poi, alla scelta, successivamente assunta con la variante del 2012, di assegnare alle aree destinazioni che precludevano l’edificazione, tale determinazione risulta orientata – come quella alla base del PGT del 2015 – al perseguimento di finalità di contenimento del consumo del suolo, in un contesto ordinamentale che sempre più indirizza gli enti locali verso tale obiettivo. Anche in questo caso, non trova perciò riscontro l’affermata opposizione immotivata all’iniziativa economica delle ricorrenti.

  1. In definitiva, per tutte le ragioni sin qui esposte, le domande risarcitorie devono essere respinte.
  2. La complessità delle questioni affrontate sorregge, peraltro, la compensazione delle spese tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), previa riunione dei ricorsi in epigrafe indicati, definitivamente pronunciando:

– dichiara le domande di annullamento proposte con il ricorso R.G. 537 del 2008 in parte irricevibili e per la restante parte inammissibili, nei sensi e nei termini di cui in motivazione; respinge la domanda risarcitoria;

– dichiara improcedibile il ricorso R.G. 2306 del 2009;

– dichiara improcedibili le domande di annullamento proposte con il ricorso R.G. 3110 del 2012; respinge la domanda risarcitoria;

– respinge il ricorso R.G. 1171 del 2015 in tutte le domande proposte, inclusa quella risarcitoria.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 30 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Mario Mosconi, Presidente

Stefano Celeste Cozzi, Consigliere

Floriana Venera Di Mauro, Referendario, Estensore

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Floriana Venera Di Mauro Mario Mosconi
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

depositata in Segreteria il 21 febbraio 2017

 

Toscana, paesaggio agrario

(foto E.R., M.F., S.D., archivio GrIG)


Ciao Vincenzo…

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Oggi è deceduto improvvisamente Vincenzo Migaleddu, medico radiologo e presidente regionale I.S.D.E. – Medici per l’Ambiente.

Siamo sgomenti, con infinita tristezza.

Una persona di grande competenza e grandissima generosità, sempre pronto a battersi per difendere la salute e la qualità della vita in Sardegna.    Il suo esempio è e sarà sempre con noi.

Ciao Vincenzo…

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

Iris planifolia

(foto S.D., archivio GrIG)



La prossima Pasquetta sulla Sella del Diavolo!

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Cagliari, la Sella del Diavolo si protende verso il Golfo degli Angeli

Le associazioni ecologiste Amici della TerraGruppo d’Intervento Giuridico onlus organizzano per il lunedi 17 aprile 2017, la mattina di Pasquetta, una passeggiata lungo il sentiero storico-naturalistico della Sella del Diavolo, dedicato a tutte le persone desiderose di trascorrere la mattina di Pasquetta alla scoperta, o riscoperta, di uno degli angoli più suggestivi di Cagliari, tra gli odori della macchia e le numerose testimonianze della storia della città.

Cagliari, Sella del Diavolo, gruppo di escursionisti

Ai partecipanti sarà donato il calendario 2017 del Gruppo d’Intervento Giuridico onlus.

L’appuntamento è per le ore 9.30 presso il piazzale di Calamosca, è necessario prenotarsi all’indirizzo e-mail grigsardegna5@gmail.com.

Vi aspettiamo!

Amici della TerraGruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

Cagliari, Sella del Diavolo, Torre costiera medievale e postazione II guerra mondiale

(foto S.D., archivio GrIG)


Un buon esempio di gestione delle terre a uso civico, il caso di Pattada.

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Sardegna, versanti boscosi

Quando sentite qualcuno parlarvi di “difficoltà insormontabili” per gestire i demani civici, non dovete credergli.

Con volontà e competenza, anche con pochi mezzi, i Comuni possono gestire correttamente e in trasparenza i terreni a uso civico dei propri cittadini.

Bosco, radura

E’ il caso del Comune di Pattada (SS) e di oltre 7 mila ettari di terre civiche.

Il Comune è munito di regolamento di gestione e il piano di valorizzazione e recupero delle terre civiche fin dal 2001.

Non solo.

Gheppio (Falco tinnunculus)

Sul sito web istituzionale sono disponibili tutte le fondamentali informazioni su consistenza e utilizzi delle terre civiche:

* la consistenza del demanio civico, gli utilizzi, le autorizzazioni al pascolo, il seminativo;

* la programmazione e l’attuazione del legnatico;

* i corrispettivi;

* gli interventi di forestazione e i canoni per l’utilizzo degli immobili.

Bravo il Comune di Pattada e particolare apprezzamento per l’operato e l’abnegazione del responsabile del settore Usi civici della struttura comunale, Luigi Fraghì, responsabile anche della Polizia locale, che ha posto in essere un positivo modello di gestione del demanio civico, nella legalità, nella trasparenza, nel rispetto del territorio e per il benessere dei cittadini titolari dei diritti di uso civico.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

bosco e girasoli

(foto S.D., archivio GrIG)


Dialogo con il Presidente Pigliaru sugli usi civici in Sardegna.

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Cuglieri, Cascata di Capo Nieddu

Lo scorso dieci aprile il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha consegnato al Presidente della Regione Autonoma della Sardegna Francesco Pigliaru la petizione promossa dall’Associazione per la tutela delle terre ad uso civico della Sardegna che, nel giro di poche settimane, ha raggiunto 1.147 firme.

L’incontro ha rappresentato l’occasione per un dialogo franco e costruttivo con il Presidente Pigliaru, con il Direttore Generale della Presidenza Alessandro De Martini e con il Direttore Generale della pianificazione urbanistica territoriale e della vigilanza urbanistica Elisabetta Neroni e lo staff del Presidente, su realtà attuale e futuro degli usi civici in Sardegna.

Baunei, Baccu Goloritzè

Ricordiamo sinteticamente che la petizione promossa dal GrIG ha chiesto, per la tutela dei terreni gravati da uso civico:

1) l’abrogazione della recente legge regionale n. 26/2016, la quale aprirebbe la strada all’ennesima operazione di sdemanializzazione di terreni a uso civico;

2) la promulgazione di 123 provvedimenti di accertamento di terre a uso civico già predisposti ma tuttora giacenti da anni presso l’Assessorato regionale dell’Agricoltura e Riforma Agro-Pastorale;

3) l’avvio degli interventi sostitutivi nei confronti dei Comuni inadempienti per il recupero dei terreni a uso civico abusivamente occupati, ai sensi dell’art. 22 della legge regionale n. 12/1994 e successive modifiche e integrazioni.

Cabras, Torre di S. Giovanni di Sinis e Tharros

Dal vivace dialogo è emersa, comunque, la comune volontà di studiare delle soluzioni mirate a prevenire una eventuale perdita o comunque un impoverimento dello straordinario patrimonio paesaggistico, sociale e identitario rappresentato delle terre ad uso civico in Sardegna, e focalizzate soprattutto sull’esigenza di considerare la sdemanializzazione come ipotesi remota ed in ogni caso, da collegare con il trasferimento dei diritti di uso civico su altri terreni di rilevante calore ambientale (boschi, coste, zone umide), anche con il concorso della Regione, in modo da non privare la collettività del proprio patrimonio di terre civiche.

Per quanto attiene invece alla promulgazione dei provvedimenti di accertamento di terre ad uso civico e ai mancati recuperi delle terre civiche occupate illegittimamente, oggetto anche di procedimento penale aperto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari, le relative verifiche saranno avviate dall’Assessorato all’Agricoltura e Riforma Agro-Pastorale, competente in materia, ed il dialogo con il GrIG proseguirà nelle prossime settimane.

Il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus non può che esprimere soddisfazione per l’attenzione e l’impegno manifestati dal Presidente Pigliaru in tale ambito e continuerà a vigilare e battersi per garantire alle collettività sarde una gestione razionale ed equa delle terre civiche.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

qui il sintetico dossier Diritti di uso civico e demani civici in Sardegna

qui la Proposta di legge regionale “Trasferimento dei diritti di uso civico e sdemanializzazione di aree compromesse appartenenti ai demani civici resa disponibile gratuitamente dal Gruppo d’Intervento Giuridico onlus per chiunque volesse utilizzarla in sede di iniziativa legislativa.  La proposta è stata naturalmente consegnata anche al Presidente della Regione autonoma della Sardegna Francesco Pigliaru.

 

 

Cagliari, Villa Devoto, incontro con il Presidente della Regione autonoma della Sardegna Francesco Pigliaru (10 aprile 2017)

 

(foto R.A.S., J.I., S.D., archivio GrIG)


No al pessimo recepimento della nuova direttiva sulla valutazione di impatto ambientale!

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simulazione posa gasdotto (Studio Newton, Fano)

Gli Ambientalisti sul DLgs sulla Valutazione di Impatto Ambientale trasmesso alle Camere

PROCEDURE AUTORIZZATIVE POCO TRASPARENTI E CITTADINI DISINFORMATI

IL GOVERNO SPOSA IL MODELLO OPACO E DANNOSO DELLA LEGGE OBIETTIVO

Il Governo aveva assunto il solenne impegno di chiudere con le opache procedure accelerate e semplificate derivanti dalle legge Obiettivo, che tanti danni hanno creato alle casse dello Stato e all’ambiente, e invece torna a riproporle, estendendole, non più solo alle infrastrutture strategiche, ma a tutte le opere. La denuncia viene da 19 associazioni ambientaliste riconosciute che mettono sotto accusa lo schema di decreto legislativo di (contro) riforma della VIA (Atto di Governo n. 401), che il Governo ha trasmesso a metà marzo e su cui le Commissioni Ambiente di Camere e Senato si esprimeranno con un parere entro il 25 aprile. Le associazioni chiedono un radicale ripensamento che assicuri maggiore trasparenza e partecipazione del pubblico e degli enti locali e si domandano come mai il Ministero dell’Ambiente non abbia mai aperto un tavolo di confronto tecnico sulla nuova normativa con le organizzazioni della società civile.

Portoscuso, centrale eolica

Le 19 associazioni ambientaliste riconosciute – che hanno chiesto già audizioni ai presidenti delle due Commissioni Ermete Realacci alla Camera e Giuseppe Francesco Marinello al Senato – scrivono oggi al Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti sottolineando come venga tradito lo spirito della Direttiva 2014/52/UE che l’AG n. 401  intende recepire che intende meglio chiarire e rafforzare i capisaldi della procedura di VIA per renderla più trasparente, tramite un rafforzamento della qualità delle informazioni rese disponibili al pubblico per favorirne la sua partecipazione.

“Numerose modifiche vanno esattamente nella direzione opposta: non fornire informazioni adeguate e complete al pubblico, né garantire la sua effettiva partecipazione, rendendo più opaca, approssimativa e fallace la nuova procedura, rispetto a quella vigente, favorendo, ogni volta che sia possibile, il proponente il progetto”, fanno notare le associazioni ambientaliste nelle loro Osservazioni trasmesse oggi al Ministro Galletti e nei giorni scorsi al Parlamento.

Nella lettera le associazioni ambientaliste rilevano: “Il modello seguito nell’AG n. 401 nella modifica delle procedure di VIA vigenti ricalca per molti versi l’impostazione dalla normativa speciale per le infrastrutture strategiche derivante dalla legge Obiettivo, che sia la legge delega 11/2016, che il nuovo Codice Appalti (DLgs n. 50/2016 hanno inteso espressamente superare considerati i danni provocati dal 2001 al 2015 – come è stato ricordato a suo tempo dal Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Graziano Delrio e dal presidente dell’ANAC, Raffaele Cantone -.”

centrale fotovoltaica

Tra le numerose modifiche peggiorative le associazioni contestano: “la scelta contenuta nell’AG n. 401 di effettuare la valutazione di impatto ambientale sul progetto di fattibilità, invece che su quello definitivo, con un blando monitoraggio delle condizioni ambientali contenute nel provvedimento di VIA nelle fasi successive di progettazione, sottrae informazioni fondamentali al pubblico (sul dettaglio tecnico del progetto e sugli impatti sull’ambiente e sulle aree a vario titolo vincolate) e impegna, con un primo atto autorizzativo, l’amministrazione pubblica competente nei confronti del proponente con il rischio concreto (come è avvenuto nei 15 anni di applicazione della legge Obiettivo) che si abbiano variazioni, anche sostanziali, del progetto, dei relative impatti ambientali e delle misure di compensazione e mitigazione necessarie. Variazioni che fanno lievitare i costi delle opere provocando un danno erariale allo Stato, nonché danni all’ambiente e alla comunità. Per questo le associazioni ambientaliste chiedono nella loro lettera al Ministro del’Ambiente un serio e radicale ripensamento su molte delle disposizioni dell’AG n. 401 che, invece di costituire quel passo avanti, atteso e perseguito dal legislatore comunitario, costituiscono un passo indietro anche rispetto allo stesso testo vigente del DLgs n. 152/2006 (Testo Unico sull’Ambiente).

Accademia Kronos    Associazione Ambiente e Lavoro     CTS     ENPA     FAI    

Federazione Pro Natura     FIAB   Geeenpeace Italia    Gruppo di Intervento Giuridico onlus     

Gruppi di Ricerca Ecologica    Italia Nostra    Legambiente    LIPU     Marevivo    

Mountain Wilderness     Rangers d’Italia     SIGEA    VAS     WWF

Maremma, bosco

questa è la lettera inviata il 12 aprile 2017 al Ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti e, per conoscenza, al Ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio e al Presidente dell’A.N.A.C. Raffaele Cantone.
Oggetto: richiesta di un radicale ripensamento dell’AG n. 401 – Riforma della procedura di VIA

Egregio Ministro Galletti,
Le scriventi associazioni sono costrette a rilevare che nel pur positivo recepimento, per vari aspetti, della Direttiva 2014/52/UE non si è inteso con l’AG n. 401 trasporre nell’ordinamento italiano fedelmente gli obiettivi di fondo della modifica normativa comunitaria, tesa a meglio chiarire e rafforzare i capisaldi della procedura di VIA per renderla più trasparente, tramite un rafforzamento della qualità delle informazioni rese disponibili al pubblico per favorirne la sua partecipazione.
Numerose modifiche vanno esattamente nella direzione opposta: non fornire informazioni adeguate e complete al pubblico, né garantire la sua effettiva partecipazione, rendendo più opaca, approssimativa e fallace la nuova procedura, rispetto a quella vigente, favorendo, ogni volta che sia possibile, il proponente il progetto.
Il modello seguito nell’AG n. 401 nella modifica delle procedure di VIA vigenti ricalca per molti versi l’impostazione dalla normativa speciale per le infrastrutture strategiche derivante dalla legge Obiettivo, ricompresa nel vecchio Codice Appalti (DLgs n. 163/2006), che sia la legge delega 11/2016, che il nuovo Codice Appalti (DLgs n. 50/2016) hanno inteso espressamente superare considerati i danni provocati dal 2001 al 2015 – come è stato ricordato a suo tempo dal Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Graziano Delrio e dal presidente dell’ANAC, Raffaele Cantone -.
In particolare, la scelta contenuta nell’AG n. 401 di effettuare la valutazione di impatto ambientale sul progetto di fattibilità, invece che su quello definitivo, con un blando monitoraggio delle condizioni ambientali contenute nel provvedimento di VIA nelle fasi successive di progettazione, sottrae informazioni fondamentali al pubblico (sul dettaglio tecnico del progetto e sugli impatti sull’ambiente e sulle aree a vario titolo vincolate) e impegna, con un primo atto autorizzativo, l’amministrazione pubblica competente nei confronti del proponente con il rischio concreto (come è avvenuto nei 15 anni di applicazione della legge Obiettivo) che si abbiano variazioni, anche sostanziali, del progetto, dei relative impatti ambientali e delle misure di compensazione e mitigazione necessarie. Variazioni che fanno lievitare i costi delle opere provocando un danno erariale allo Stato, nonché danni all’ambiente e alla comunità.
Noi chiediamo a questo Ministero (trasmettendo in allegato il documento con le puntuali e numerose richieste di modifica all’AG n. 401, già inviato alle Commissioni parlamentari competenti) un serio e radicale ripensamento su molte delle disposizioni dell’AG n. 401 che, invece di costituire quel passo avanti, atteso e perseguito dal legislatore comunitario, costituiscono un passo indietro anche rispetto allo stesso testo vigente del DLgs n. 152/2006 (Testo Unico sull’Ambiente).
Per questi motivi, rimarcando come questo Ministero incomprensibilmente non abbia aperto per tempo alcun tavolo di confronto con le Associazioni nazionali riconosciute che rappresentiamo, auspichiamo una risposta ufficiale e urgente a questa nostra richiesta, rilevando come l’impostazione attuale dell’AG n. 401 non consente né di indirizzare gli interventi verso le migliori soluzioni, né di contenere più semplicemente le ricadute sull’ambiente degli interventi, marginalizzando lo stesso ruolo del Ministero.
Distinti saluti,
i Presidenti delle Associazioni ambientaliste riconosciute

Alghero, costa di Punta Cristallo

questa è la lettera inviata il 12 aprile 2017 ai Presidenti e agli Assessori all’Ambiente delle Regioni e Province autonome

Oggetto: radicale ripensamento dell’AG n. 401 – Riforma della procedura di VIA

Gentile Presidente, Gentile Assessore,

come sapete il Governo ha trasmesso a metà marzo alle Commissioni Ambiente di Camere e Senato lo schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva 2014/52/UE sulla Valutazione di Impatto Ambientale (AG n. 401) e che entro il 25 aprile le Commissioni Ambiente di camera e Senato dovranno rendere un parere, come anche dovrà fare la Conferenza Stato Regioni.

Ci preme informarvi che le sottoscritte associazioni ambientaliste riconosciute valutano che con l’AG n. 401 il Governo non abbia inteso trasporre fedelmente nell’ordinamento italiano gli obiettivi di fondo della modifica normativa comunitaria, tesa a meglio chiarire i capisaldi della procedura di VIA per renderla più trasparente, tramite un rafforzamento della qualità delle informazioni rese disponibili al pubblico per favorirne la sua partecipazione.

Numerose modifiche alla normativa vigente (DLgs n. 152/2006 – Testo Unico sull’Ambiente) vanno esattamente nella direzione opposta: non fornire informazioni adeguate e complete al pubblico, né garantire la sua effettiva partecipazione, rendendo più opaca, approssimativa e fallace la nuova procedura, rispetto a quella vigente, favorendo, ogni volta che sia possibile, il proponente il progetto.

Il modello seguito nell’AG n. 401 nella modifica delle procedure di VIA vigenti ricalca per molti versi l’impostazione dirigistica nazionale dalla normativa speciale per le infrastrutture strategiche derivante dalla legge Obiettivo, ricompresa nel vecchio Codice Appalti (DLgs n. 163/2006), che sia la legge delega 11/2016, che il nuovo Codice Appalti (DLgs n. 50/2016) hanno inteso espressamente superare considerati i danni provocati dal 2001 al 2015 – come è stato ricordato a suo tempo dal Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Graziano Delrio e dal presidente dell’ANAC, Raffaele Cantone -.

In particolare, la scelta contenuta nell’AG n. 401 di effettuare la valutazione di impatto ambientale sul progetto di fattibilità, invece che su quello definitivo, con un blando monitoraggio delle condizioni ambientali contenute nel provvedimento di VIA nelle fasi successive di progettazione, sottrae informazioni fondamentali al pubblico (sul dettaglio tecnico del progetto e sugli impatti sull’ambiente e sulle aree a vario titolo vincolate) e impegna, con un primo atto autorizzativo, l’amministrazione pubblica competente nei confronti del proponente con il rischio concreto (come è avvenuto nei 15 anni di applicazione della legge Obiettivo) che si abbiano variazioni, anche sostanziali, del progetto, dei relative impatti ambientali e delle misure di compensazione e mitigazione necessarie. Variazioni che fanno lievitare i costi delle opere provocando un danno erariale allo Stato, nonché danni all’ambiente e alla comunità.

Le nostre associazioni hanno chiesto al Ministero dell’Ambiente (trasmettendo il documento con le puntuali e numerose richieste di modifica all’AG n. 401, già inviato alle Commissioni parlamentari competenti) un serio e radicale ripensamento su molte delle disposizioni dell’AG n. 401 che, invece di costituire quel passo avanti, atteso e perseguito dal legislatore comunitario, costituiscono, a nostro avviso, un passo indietro anche rispetto allo stesso testo vigente del DLgs n. 152/2006 (Testo Unico sull’Ambiente).

Immaginiamo che le Regioni focalizzeranno le proprie critiche sulla avocazione allo Stato di competenze relative alla procedura di VIA, ma crediamo che ci possa essere una significativa convergenza sulle principali richieste di modifica da noi sollevate in vista del parere che la Conferenza Stato-Regioni dovrà dare sullo schema di decreto legislativo n. 401, ai sensi dell’art. 2, comma 3, d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281.

Chiediamo alle Regioni – come già è avvenuto sui provvedimenti riguardanti le attività di prospezione, ricerca e coltivazione in mare degli idrocarburi e gli inceneritori – di far valere le ragioni dell’ambiente e di darci un riscontro sulla condivisione degli obiettivi e delle modifiche da noi richieste nel documento allegato.

Distinti saluti,

i Presidenti delle Associazioni ambientaliste riconosciute

 

 

qui il testo coordinato delle direttive sulla V.I.A.direttiva n. 2014/52/UE di integrazione e modifica della direttiva n. 2011/92/UE sulla valutazione di impatto ambientale

qui lo Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/52/UE che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati proposto dal Governo Gentiloni

qui le osservazioni allo schema di decreto legislativo di recepimento della nuova normativa sulla V.I.A. (aprile 2017)

Nitticora (Nycticorax nycticorax) e Garzetta (Egretta garzetta) (foto Cristiana Verazza)

(simulazione Studio Newton – Fano, foto Cristiana Verazza, E.R., S.D., archivio GrIG)


Interpretazioni e correzioni del piano paesaggistico regionale sardo.

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Gonnesa-Iglesias, costa di Nebida e Funtanamare

Con recente deliberazione, la Giunta regionale ha fornito interpretazione autentica di alcuni aspetti del piano paesaggistico regionale (P.P.R., 1° stralcio costiero), esecutivo con D.P.Re. 7 settembre 2006, n. 82.

In particolare:

le aree interne ai piani delle aree e dei nuclei industriali, approvati ai sensi delle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 1523 del 1967 e nel D.P.R. n. 218 del 1978, che contengono previsioni di dettaglio, con articolazione in aree, specificazione delle destinazioni, indicazione dei parametri edificatori e delle condizioni per l’edificazione, non necessitanti di ulteriori atti di pianificazione, e le cui destinazioni d’uso siano riconducibili a quelle previste dalle zone urbanistiche ‘D’ e ‘G’ del D.A. n. 2266/U del 1983, indipendentemente dalle previsioni riportate negli strumenti urbanistici comunali, sono escluse dall’operatività del vincolo paesaggistico ‘fascia costiera’, ai sensi dell’articolo 19, comma 3, lettera c), delle norme tecniche di attuazione del Piano paesaggistico regionale – primo ambito omogeneo” (deliberazione Giunta regionale n. 16/24 del 28 marzo 2017).

Sono state apportate anche alcune conseguenti correzioni cartografiche.

Eccole di seguito.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

Sardegna sud-occidentale, Teulada, costa

Delibera del 28 marzo 2017, n. 16/24 [file .pdf]
Atto di indirizzo interpretativo e applicativo delle disposizioni contenute nel Piano paesaggistico regionale – primo ambito omogeneo – articolo 19, comma 3, lettera c). Legge regionale n. 8 del 2004, articolo 8, comma 3-bis, correzione della rappresentazione cartografica delle grandi aree industriali del Piano paesaggistico regionale – primo ambito omogeneo. 

 

Arbus, Fluminimaggiore, Capo Pecora

 

(foto S.D., archivio GrIG)


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