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Dopo l’emanazione della L. 101/2024 art. 5 – Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo Commi da 1 a 2-bis (fotovoltaico a terra), il territorio agricolo della Lomellina, è stato interessato da un proliferare di progetti industriali per l’installazione di impianti Agrivoltaici con moduli a terra di dimensioni utility scale, con potenza elettrica compresa tra 50 e 150 MW, tali da prefigurare la cancellazione di oltre 1.000 ettari di fertile suolo agricolo principalmente destinato alla risicoltura. In particolare, ad essere presa d’assalto è la “zona bianca” delimitata ad est dal Parco Lombardo della Valle del Ticino e a ovest dal Torrente Agogna con l’annessa Zona di Produzione Speciale.
Da nord a sud la “zona bianca” comprende i Comuni di Mortara, Cergnago, Tromello, Ottobiano, Alagna, Scaldasole, Dorno, Sannazzaro de’ Burgundi e Pieve Albignola, territori sui quali sono in corso di verifica amministrativa ben 13 progetti per una potenza elettrica totale pari a 555 MW, con una previsione di occupazione di suolo agricolo pari a 10.315.000 m2 e la posa a terra di oltre 700.000 moduli fotovoltaici. Inoltre, ben 7 progetti agrivoltaici, con potenza elettrica complessiva pari a 438 MW, si collegheranno alla Stazione Elettrica TERNA di Pieve Albignola – in fase progettuale di ampliamento – prospettando così la progressiva sostituzione/industrializzazione dell’area agricola e del paesaggio della Lomellina centrale.
Sovradimensionamento degli impianti agrivoltaici. In qualità di referente GrIG per la Provincia di Pavia, su richiesta dell’Associazione locale Futuro Sostenibile in Lomellina ODV, è stata intrapresa con la stessa una proficua collaborazione per la presentazione di osservazioni, in particolare ai progetti Agrivoltaici proposti nei comuni di Mortara, Cergnago, Ottobiano, Scaldasole e Dorno per i quali le Società Proponenti dovevano presentare – ai fini del rilascio del Provvedimento di Via e della successiva Autorizzazione Unica – dichiarazioni, documenti ed elaborati di progetto completi, veritieri, coerenti, dettagliati e univoci, tenuto conto anche della peculiarità del territorio entro cui sono stati proposti gli impianti e come espressamente richiesto anche dalla Commissione Tecnica PNRR – PNIEC. La potenza complessiva dei progetti Agrivoltaici esaminati è pari a 430 MW con una occupazione di SAU pari al 4% del Comune di Mortara, al 27% del Comune di Cergnago, all’8% del Comune di Ottobiano, al 15% del Comune di Scaldasole e al 9% del Comune di Dorno.
I progetti Agrivoltaici oggetto di osservazioni, sono risultati in palese contrasto coni requisiti prescritti dalle Linee Guida in Materia di Agrivoltaico del 2022 emanate dal MASE e dal successivo Decreto MASE 2023 n. 436 (cosiddetto DM Agrivoltaico), in particolare:
– il REQUISITO A, PARAMETRO 1: SAU > 70%non risulta soddisfatto in quanto i progetti presentano documenti ed elaborati con calcolazioni incomplete, errate, incoerenti, non dettagliate e non univoche;
– il REQUISITO B: PIANO AGRONOMICO migliorativo e REQUISITO REDDITIVITA’ post operam> REDDITIVITA’ ante operam: non risulta soddisfatto in quanto viene sempre sostituita la coltura di maggior reddito e maggiore valore ecosistemico rappresentata dal RISO, inoltre, la parte agricola viene sempre approcciata sommariamente e con previsioni colturali avulse dal contesto agro-pedologico della pianura risicola Lomellina, al punto da presentare anomalie progettuali tali da inficiare la credibilità dell’intero progetto Agrivoltaico, come nel caso di un Piano Agronomico dove è stato previsto “lo svolgimento in via principale di una ATTIVITA’ DI PASCOLAMENTO DI OVINI E DI COLTIVAZINE DI PRATO POLIFITA PER L’ALIMENTAZIONE DEGLI OVINI, da effettuarsi nel COMUNE DI PALATA”, quindi, non in Lomellina, ma in un paesino collinare in Provincia di Campobasso attraversato dall’Antica Via dei Pastori. Infine, la redditività delle nuove colture risulta sempre minore della preesistente coltura del RISO;
– il REQUISITO C non risulta soddisfatto in quanto l’architettura spaziale non prevede variabilità nella distribuzione in pianta dei moduli, variabilità nei moduli fotovoltaici impiegati e variabilità nell’altezza dei moduli da terra e dei sistemi di supporto dei moduli, infatti,tutti i progetti prevedono un’altezza del bordo inferiore dei moduli dal piano di campagna compresa tra 40 e 80 cm,pertanto, gli impianti esaminati non si configurano come impianti Agrivoltaici recanti soluzioni integrate innovative con moduli elevati da terra;
– il REQUISITO SOGGETTIVO non risulta soddisfatto in quanto tra i documenti degli impianti esaminati non vi è traccia di idonea documentazione comprovante la configurazione di un accordo paritetico e di corresponsabilità sul progetto Agrivoltaico tra un Operatore agricolo e l’Operatore elettrico, anche mediante la costituzione di un’Associazione Temporanea d’Impresa. Infatti, gli impianti Agrivoltaici vengono considerati dalla normativa manufatti strumentali all’attività agricola e sono liberamente installabili se sono realizzati direttamente dall’impresa agricola (singola o associata) che realizza il progetto al fine di contenere i propri costi di produzione utilizzando terreni agricoli di proprietà o da Associazione Temporanea di Impresa (ATI) formate da imprese del settore energia e da una o più imprese agricole che, mediante specifico accordo, mettono a disposizione i propri terreni per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico.
ELEVATO IMPATTO PAESAGGISTICO E AMBIENTALE. L’area entro cui si collocano i progetti Agrivoltici esaminati, è caratterizzata dalla presenza di un elemento importante per l’assetto ecosistemico-faunistico della pianura quale è quello della coltivazione risicola, che trova in Lomellina il suo cuore pulsante, infatti:la coltivazione del riso aiuta a proteggere la salute del suolo, protegge l’umidità del terreno e contrasta la presenza dei patogeni, sopprime l’attività microbica dannosa, fa aumentare la capacità di ritenzione idrica del suolo contrastando così la siccità e migliora la salute dell’ecosistema favorendone la biodiversità. Contemporaneamente il miglioramento della salute del suolo massimizza la longevità del terreno stesso e la coltivazione di riso allagato contribuisce anche ad attirare l’avifauna tipica delle zone umide.
La qualità del paesaggio agricolo della Lomellina dipende da una molteplicità di fattori, difficili da catturare con analisi quantitative, ma innanzi tutto dipende dalla sussistenza di uno spazio rurale dotato di sufficiente continuità e autonomia visiva e funzionale, pertanto,la disgregazione della sua unità visiva e funzionale – come ampiamente dimostrano i layout degli impianti Agrivoltaici esaminati [Cfr ESEMPI DI LAYOUT AV3-AV4] – ne distrugge non soltanto i valori storico-culturali o estetici ma anche la funzionalità ecosistemica, quindi, il suo valore, privo di scenografie emergenti, si sottolinea e si difende mantenendone la continuità al fine di impedire che venga meno la percezione di parti significative, e quindi è necessario innanzitutto intervenire mantenendo libero il campo percettivo, preservandolo dalla possibile inclusione nel quadro visivo di elementi estranei che ne abbasserebbero la qualità paesistica, come avverrà se verranno realizzati gli impianti Agrivoltaici in progetto.
Il paesaggio della Lomellina centrale in cui si inseriscono gli impianti Agrivoltaici esaminati, si presenta piuttosto omogeneo, pur nelle lievi variazioni di altitudine, e il suo aspetto attuale è frutto degli imponenti lavori di trasformazione compiuti dall’uomo tra il 1300 e il 1500 e proseguiti fino al XX secolo, qualificandosi per la presenza di elementi che descrivono la rilevante interazione uomo-natura nel modellare in particolare il paesaggio agrario a favore della coltivazione risicola, pertanto, tutelare questo paesaggio significa anche tutelare un’immagine agraria che per la sua particolarità assume dignità di categoria a sé stante.
Quello della Lomellina centrale è un paesaggio “scomodo” e perciò si tende a non qualificarlo come tale, ma bensì come pura materia disponibile a ogni trasformazione produttiva, pertanto, la sottolineatura di ogni elemento assume l’importante significato di definizione di un segno storico e di un presidio ambientale. Si tratta di una bellezza austera e nostalgica, che ci ricorda quanto sia importante preservare il patrimonio risicolo di questa terra con la sua trama colturale e quanto sia necessario evitare il danno derivante dall’implementazione di un diverso piano colturale come previsto nei progetti Agrivoltaici esaminati, con la conseguente dismissione del morfotipo colturale della risaia.
L’elemento che contraddistingue la coltivazione del riso con l’allagamento primaverile dei campi, ha imposto una caratteristica organizzazione colturale e poderale dei Comuni lomellini attraverso una più ricca presenza di acqua che ne costituisce l’aspetto più spettacolare e singolare.
RISCHIO ELEVATO DI SPEREQUAZIONE ECONOMICA. L’Agrivoltaico è un modello sperimentale di utilizzo di aree agricole per la produzione di cibo ed elettricità solare allo stesso tempo. Affinché apporti i benefici auspicati occorre che l’Operatore elettrico eviti di concepire prima l’impianto fotovoltaico e poi andare a cercare qualcuno che ci faccia dentro qualche attività agricola, come invece risulta nella maggior parte dei casi.
Siccome i due sistemi sono spesso distanti tra loro, devono essere pensati e progettati insieme, facendo dialogare due settori che finora non si sono ancora confrontati su progetti chiari di abbinamento tra energia solare e coltivazioni, perché non è possibile considerare Agrivoltaico un impianto con moduli collocati a terra, anche se viene previsto un ampio spazio tra le file.
Nell’affrontare un progetto Agrivoltaico è necessario che da una parte l’Operatore agricolo interessato valuti preventivamente esperienze già realizzate e veda se è possibile sfruttare al meglio il proprio contributo in termini di resa agricola e di redditività, dall’altra parte occorre che l’Operatore elettrico si guardi bene dall’avere un approccio speculativo che può mettere a rischio la continuità dell’attività agricola, pensando di investire in distese di pannelli occupando suolo e danneggiando e/o sostituendo colture pregiate come previsto nei progetti Agrivoltaici della Lomellina.
Di fatto le soluzioni dei progetti esaminati rappresentano impianti Agrivoltaici caratterizzati da un modello produttivo utility scale ottimizzato esclusivamente sulla massima prestazione energetica ed economica in termini di produzione elettrica.
Quindi, chi ci guadagna?
– Parte agricola?: gli Operatori elettrici dei progetti Agrivoltaici esaminati, si qualificano come unici promotori e capofila dell’intero sviluppo agroenergetico. Infatti, oltre a curare tutti gli aspetti della parte fotovoltaica, si occupano – contrariamente a quanto previsto dalle Linee Guida MASE e dalla normativa del DM Agrivoltaico – anche di tutta la parte agricola, emarginandola figura dell’Operatore agricolo al quale verrebbe concesso esclusivamente un Contratto di Conduzione;
– Parte proprietaria dei terreni?: in Lomellina nell’ultimo anno, per la realizzazione di impianti Agrivoltaici, sono stati stipulati contratti di cessione del diritto di superficie – tra Operatorielettrici e proprietari dei fondi (che non sempre coincidono con i conduttori dei terreni) – che prevedono un corrispettivo di 4.000 euro/Ha/annoper una durata di 30 anni, con un extra profitto che, dal punto di vista fiscale, viene considerato operazione speculativa;
– Parte Operatore elettrico?: a fronte di un investimento di alcune decine di milioni di Euro, ammortizzabile in 6-7 anni, l’Operatore elettrico potrà incassare la Tariffa incentivante erogata dal GSE sul totale della producibilità elettrica pari a centinaia di milioni di kWh/anno, indipendentemente dal contingentamento di energia utilizzata dal GSE stesso.
La risposta a questi quesiti può essere sintetizzata con un esempio, prendendo come spunto i dati tecnici di progetto di un impianto Agrivoltaico presentato in Lomellina (Impianto AV3 in TAB.1], dai quali si ricavano, salvo errori e omissioni, i seguenti dati di redditività:
– Parte agricola: Redditività post operam 200.265 Euro/anno;
– Parte proprietaria dei terreni: Redditività 524.000 Euro/anno (che in 30 anni sommano 15.720.000 Euro) cessione diritto di superficie 131 ettari;
– Parte Operatore Elettrico: Redditività pari a 17.205.367 Euro/anno derivante dalla vendita di energia prodotta dall’impianto fotovoltaico di potenza 72 MW, con producibilità elettrica del primo anno pari a 107.533.543 kWh, con Tariffa incentivante GSE 0,16c€/kWh (media 2024).
I dati sopra indicati evidenziano come tali operazioni si configurino come fenomeni puramente speculativi, causa di notevoli sperequazioni socio-economiche a danno soprattuttodegli operatori agricoli, con offerte contrattuali per l’acquisizione dei diritti di superficie molto più redditizie dell’attività agricola stessa, incentivandone da una parte l’abbandono e dall’altra parte precludendo l’accesso, in particolare ai giovani agricoltori, all’acquisto dei terreni e/o ai contratti di affitto agrari pluriennali, con ricadute che possono condurre a un pericoloso effetto domino a carico anche di tutta la comunità locale.
CONSUMO DI SUOLO DEGLI IMPIANTI AGRIVOLTAICI DIFFICILMENTE REVERSIBILE. Il Prof. Paolo Pileri nel suo libro “DALLA PARTE DEL SUOLO. L’ECOSISTEMA INVISIBILE” Laterza (2024), illustra compiutamente tutti gli impatti negativi che gli impianti con moduli fotovoltaici a terra in aree agricole producono sul suolo e sull’ambiente, pertanto, in chiusura, si ritiene utile trascrivere le parti salienti estratte dal Capitolo pag. 99-106 “IL DILEMMA DELLE RINNOVABILI”:
“Il pannello solare è stato subito visto come una soluzione totalmente conforme alla sostenibilità, a zero impatto sull’ambiente e quindi anche per i suoli. E’ stata sdoganata la falsa equazione rinnovabile uguale sostenibile, […] Peccato che non sia proprio così: anche i pannelli solari hanno effetti ambientali che vanno evitati. Innanzitutto, hanno un indiscutibile impatto sul paesaggio. E poi dove atterrano i pannelli cessa del tutto o quasi la produzione di cibo e il suolo viene danneggiato. Per agire in modo prudente occorre darsi degli ottimi criteri di pianificazione onde evitare l’assalto alle superficie piane, coltivate o coltivabili, le preferite dagli investitori energetici per via del minor costo di realizzazione degli impianti. […]
[…] Grazie a una lunga sperimentazione su diversi parchi solati in Francia, si è scoperto che la qualità dei suoli tende a peggiorare nei parchi solari molto di più e molto prima rispetto alle aree sottoposte a colture agricole di qualità. […] Lambert ha però accertato che la necessaria e preventiva rimozione della vegetazione nelle fasi costruttive degli impianti solari innesca un iniziale declino di materia organica nei suoli che va a ridurre di molto la loro densità microbiologica, con il risultato di favorire una riduzione progressiva della biodiversità. […] C’è poi la questione delle piogge e dei deflussi d’acqua. I pannelli solari fanno da enormi tettoie, generando ampie zone di riduzione dell’umidità a terra con conseguente inaridimento. […]
[…] Alcuni studi hanno concluso che in soli sette anni di pannelli a terra si modifica drasticamente la fertilità dei suoli proprio per via dell’umidità ridotta (Moscatelli 2022). […] Lo studio conclude affermando che la corretta presa in carico dei danni causati al suolo durante l’esercizio del parco solare implica, se si vogliono far bene le cose, accantonare un adeguato budget per rigenerare i parametri biochimici dei suoli prima di ridestinarli alle attività agricole.[…]
[…] Questo aspetto compromette il concetto di reversibilità di cui tanto si parla quando si accenna al consumo di suolo degli impianti fotovoltaici. Al momento non è infatti previsto alcun tipo di attività di ripristino ecologico a fine vita del parco solare. […]
[…] Altri aspetti che non vengono quasi mai considerati riguardo la tipologia di impianti sia a terra, sia sospesi da terra. La recinzione attorno ai parchi solari genera una barriera ecologica verticale che impedisce la libera circolazione degli animali di media e grossa taglia. La fase di cantierizzazione implica dei movimenti terra, l’apertura di nuove strade, la compattazione dei suoli per il passaggio dei mezzi pesanti, la pur minima realizzazione di fondazioni e di cabine e edifici di servizio, lo scavo per la realizzazione dei cavidotti, la risagomatura dei cigli e morfologie di campo […] Lavorazioni simili si ripresentano al termine del ciclo di vita del parco solare, a cui va aggiunto lo smaltimento dei pannelli e di tutti i materiali dell’impianto. Altrettanto trascurato, ma esistente, è il tema del rischio di contaminazione poiché i pannelli devono essere periodicamente puliti con detergenti chimici che si disperdono nel suolo. Inoltre, alcune tipologie di pannelli contengono piccole quantità di gas tossici e sostanze altamente contaminanti che, in caso di incidente o incendio, andrebbero a disperdersi nell’ambiente (Boyle 1996) e quindi anche nel suolo. […]
[…] Senza fare altri giri di parole, possiamo insomma dire che i pannelli solari non sono affatto una soluzione indolore per il suolo, gli ecosistemi, gli equilibri ambientali e il paesaggio. Questi primi studi dovrebbero convincere i soggetti pubblici preposti alla pianificazione ad avere un atteggiamento meno trionfalistico e più cauto. […]
[…] In situazioni di incertezza ambientale è buona cosa agire applicando il principio di precauzione. Sarebbe allora consigliabile, anzi dovrebbe essere obbligatorio, destinare a parchi solari a terra quelle aree già impermeabili e paesaggisticamente compromesse. Esistono migliaia di ettari di superfici piane cementificate che possono essere pannellizzate come i lastrici solari di edifici civili, pubblici, industriali, agricoli, zootecnici, commerciali e logistici. […] Senza poi contare le aree parcheggio, aree dismesse e altre infrastrutture. Prima di toccare qualsiasi campo agricolo e qualsiasi suolo libero, vista la quantità di superfici opache potenzialmente disponibili, è prioritario iniziare da queste. Sono le uniche davvero idonee, ecologicamente parlando.”.
Caterina F.M. Grimaldi, Referente Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) per la provincia di Pavia
(foto PPR Lombardia, Ecomuseo del Paesaggio Lomellino, da mailing list ambientalista, S.D., archivio GrIG)