Nei giorni scorsi si è registrato l’ennesimo attacco frontale delle associazioni Uecoop e Coldiretti contro i Cormorani (Phalacrocorax carbo). Ovviamente chiedono di aprir loro la caccia, visto che, a loro dire “funzionano solo le doppiette”.
“Solo nell’ultimo anno abbiamo calcolato un mancato reddito di 2 milioni e 600mila euro causato da 15mila cormorani, censiti nel 2014, che consumano 9,3 chili di pesce al giorno a testa … queste devono essere raddoppiate”.
Nel giugno 2015 le stesse associazioni di categoria affermavano: “tra ottobre 2014 e aprile 2015 i cormorani … sono stati 12mila” con un danno dichiarato “di circa 8 milioni” di euro. Nel luglio 2015, dopo solo un mese, il danno dichiarato diventava di ”oltre 4milioni e mezzo di euro”. Ora i Cormorani sono diventati 15 mila ma il danno dichiarato è sceso a 2 milioni e 600 mila euro. In soli tre mesi.
Parole e cifre in libertà.
Unico filo conduttore, tanto per cambiare, la responsabilità della cattiva gestione della pesca negli Stagni oristanesi, attribuita esclusivamente ai Cormorani, vil razza dannata.
Mai un briciolo di autocritica.
Inquinamenti, cattiva gestione, opere pubbliche spesso disastrose non contano nulla.
Poco importa che le fogne di Nurachi – tanto per citare un caso – continuino a scaricare nello Stagno di Cabras i reflui inquinanti o che prosegua la pesca abusiva sotto gli occhi di tutti ovvero che – secondo la stessa Coldiretti – ben l’80% dei “prodotti del mare e degli stagni” (pesci, crostacei molluschi) consumati ogni anno in Sardegna sia di provenienza extra-regionale, sintomo anche di cattiva organizzazione del settore, la colpa è sempre e solo dei Cormorani.
Ma è possibile avere un po’ di chiarezza e decenza nella gestione di beni ambientali pubblici piuttosto che sentire continuamente questi richiami alle crociate contro il capro espiatorio di turno?
Proviamo a capirci qualcosa di più.
Pur essendo riconosciuta una sensibile presenza nidificante e svernante dei Cormorani, non ci sono ancora censimenti validati, nemmeno stime ufficiali dei pesci predati, solo richieste di abbattimenti degli uccelli neri e rivendicazioni di indennizzi sulla base delle mere richieste delle organizzazioni dei pescatori[1].
Come noto, negli anni scorsi ci sono state varie campagne di abbattimenti dei Cormorani, ma nessun risultato concreto.
Nel 2013 è partito il Progetto CorMan, il censimento europeo dei Cormorani (Phalacrocorax carbo) recentemente avviato presso le Regioni e Province autonome con nota Ministero ambiente – Direzione generale per la protezione della natura e del mare n. 23643 del 28 settembre 2012 in base alla Risoluzione Kindermann del Parlamento europeo.
Prima delle risultanze del censimento e della relativa valutazione degli eventuali danni economici provocati dai Cormorani, coordinati in Italia dall’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale – I.S.P.R.A., che – nota dell’1 ottobre 2012 – ha avviato le relative procedure, non saranno autorizzate eventuali misure di contenimento della popolazione di Cormorani di alcun genere.
Gli ultimi dati disponibili (2012) affermano: “in 2012, the breeding population of Great Cormorants (Phalacrocorax carbo sinensis) in Italy was estimated at 3,914 occupied nests in a total of 48 colonies”. Quindi 3.914 nidi suddivisi nelle 48 colonie censite in tutta Italia. Circa 750 nidi (24%) rispetto al 2011 (3.170 nidi) e un aumento di circa 1.770 nidi (82%) rispetto al 2006 (2.142 nidi).
Dati ufficiali relativi agli esemplari svernanti attualmente non ve ne sono.
Non devono certo essere i Cormorani a pagare le conseguenze della scarsa capacità gestionale della pesca nelle zone umide della Sardegna, c’è bisogno di approfondite verifiche e di una seria riforma del settore.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus Lega per l’Abolizione della Caccia
________________________________________________
[1] Un’interessante serie di considerazioni sulla variabilità dell’alimentazione dei Cormorani è in “ANALISI DELL’ALIMENTAZIONE DEL CORMORANO Phalacrocorax carbo sinensis E DELL’IMPATTO PREDATORIO SULLA FAUNA ITTICA IN TRE AREE LACUSTRI DEL LAZIO” (a cura di Deborah Celauro, A.R.P.A. Lazio, 2011).
(foto S.D., archivio GrIG)
