Il Presidente della Repubblica turco Recep Tayyip Erdoğan ha subìto un altro colpo alle sue ambizioni di sultano islamista del XXI secolo.
Dopo aver perso alle recenti elezioni politiche la maggioranza parlamentare assoluta, che gli avrebbe permesso di disfare la costituzione laica, ha dovuto patire indirettamente uno smacco forse piccolo, ma molto significativo.
Il Tribunale di Istanbul ha condannato il poliziotto Fatih Zengin per aggressione e abuso di potere per aver irrorato gratuitamente di gas urticante l’inerme ragazza in rosso Ceyda Süngür nel corso delle proteste popolari per salvare i 600 alberi del Gezy Park, condannati a morte dal progetto governativo concernente la realizzazione di un centro commerciale, nell’ambito di un ampio programma di opere pubbliche nell’area del Bosforo dal pesantissimo impatto ambientale.
La condanna a morte degli alberi è stata poi annullata dal Consiglio di Stato turco (maggio 2014) e, ora, il poliziotto è stato condannato a 20 mesi di libertà vigilata e dovrà piantare 600 alberi, una pena del contrappasso che sembra puntare ben più in alto del poliziotto troppo zelante.
Un nuovo aeroporto internazionale, il terzo ponte sul Bosforo, un canale artificiale parallelo a quello naturale e una serie di progetti di contorno, questo il megalomane programma governativo in base al quale doveva esser spazzato via il parco: nel 2013 ecologisti e, soprattutto, semplici cittadini sono scesi in piazza per difendere i loro alberi contro le ruspe, mentre la polizia turca (abituata a fare cose turche) ha massacrato un bel po’ di manifestanti.
I contestatori erano però aumentati, decine di migliaia, sempre di più. E la protesta si era allargata, contro la megalomania governativa che vorrebbe autocelebrarsi con opere pubbliche costosissime e assurde.
Centinaia di migliaia, milioni di turchi sono scesi in piazza in un centinaio di città.
Gli abitanti di Istanbul non hanno voluto abbandonare i loro alberi, milioni di turchi non vogliono abbandonare la loro laica progressiva modernizzazione per scivolare indietro nell’islamismo fondamentalista retrogrado.
In Turchia, abituati a vedere cose turche, non meraviglia più di tanto che un consigliere del principe prenda pubblicamente a calci un manifestante tenuto fermo dai poliziotti solo perché osa protestare contro un terribile disastro minerario annunciato (Soma, maggio 2014) con centinaia di vittime. Così il Governo turco ha recentemente (marzo 2015) pensato bene di regalare le foreste a nord di Istanbul “alle aziende che hanno vinto gare di appalto per la costruzione del terzo ponte sul Bosforo con annessa autostrada e per tutti i servizi relativi al nuovo aeroporto di Istanbul”. Ovviamente sono imprese “vicine” allo stesso governo e si prevede un aumento del già alto tasso di corruzione.
In una situazione simile anche una sentenza striata di verde può far bene alla democrazia.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
da Il Corriere della Sera, 10 giugno 2015
Turchia, la foto aveva fatto il giro del mondo e la ragazza era diventata un’icona delle manifestazioni. (Elmar Burchia)
Lei era diventata un’icona della «primavera turca», la foto era stata condivisa sui social migliaia di volte: nel maggio di due anni fa, la studentessa Ceyda Süngür era stata investita da una nuvola di gas urticante sparatole addosso da un agente negli scontri in piazza Taksim, a Istanbul. Mercoledì, un tribunale della capitale ha condannato quel poliziotto a 20 mesi di libertà vigilata. Inoltre, dovrà piantare 600 alberi.
Abuso di potere
Lo scatto di un fotografo Reuters della giovane manifestante attaccata al volto a meno di un metro di distanza durante i giorni della resistenza di Gezi era diventata il simbolo della rivolta dei giovani turchi contro il premier islamico Recep Tayyip Erdogan. L’agente antisommossa Fatih Zengin rischiava una condanna fino a tre anni di carcere e il licenziamento. Come riferisce mercoledì l’agenzia di stampa DHA, il tribunale di Istanbul ha ritenuto l’uso della forza del poliziotto «un’aggressione» e «un abuso di potere». Durante le settimane di protesta contro un mega-progetto edilizio nell’ultimo spazio verde rimasto a Istanbul, il Gezi Park, la polizia turca aveva usato il pugno di ferro contro i manifestanti. Il bilancio in tutto il Paese: cinque giovani dimostranti uccisi e oltre 8 mila feriti. Il progetto edilizio era stato temporaneamente sospeso dalla magistratura.

Istanbul, Gezy Park, il poliziotto Fatih Zengin irrora a fondo Ceyda Süngür con il gas urticante (2013)
(foto Reuters)
