Giovedi 9 luglio 2015 si è riunito il Comitato faunistico regionale sardo per deliberare il calendario venatorio regionale 2015-2016.
Uno dei calendari peggiori di questi ultimi anni: non soltanto non rispetta l’arco temporale previsto dal noto “Key Concepts document on Period of Reproduction and prenuptial Migration of huntable bird Species in the EU”, la guida comunitaria in materia, ma in alcuni casi va contro la normativa vigente in tema di caccia.
Questo grazie anche all’ottusa arroganza delle associazioni venatorie e agricole supportate dal rappresentante della Provincia di Olbia – Tempio che ha quasi sempre votato in maniera difforme e contraria alle deliberazioni assunte dalla Provincia stessa, nonostante i richiami del Presidente del Comitato (il Capo di Gabinetto Franca Leuzzi, in assenza dell’Assessore Donatella Spano), costretto in più occasioni a far verbalizzare l’illegittimità di molte delle decisioni purtroppo assunte.
La proposta di calendario approvata sarà ora trasmessa all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (I.S.P.R.A.) per acquisire il parere tecnico-scientifico – sostanzialmente vincolante – previsto dall’art. 18, comma 4°, della legge n. 157/1992 e s.m.i., predisposto in base alla GUIDA PER LA STESURA DEI CALENDARI VENATORI AI SENSI DELLA LEGGE N. 157/92, COSI’ COME MODIFICATA DALLA LEGGE COMUNITARIA 2009, ART. 42.
Quasi certamente sarà respinto dall’I.S.P.R.A., costringendo il Comitato a riunirsi nuovamente per il varo di un nuovo calendario. Purtroppo il voto dei tre rappresentanti ambientalisti e animalisti presenti nel Comitato non è servito al varo di un calendario rispettoso delle norme vigenti.
Queste le decisioni assunte:
* inizio il 3 e 6 settembre, con l’apertura per due giornate intere della caccia alla Tortora;
* caccia alla nobile stanziale: tre mezze giornate il 20 , 27 settembre e 4 ottobre;
* apertura generale l’8 ottobre con la caccia al Germano reale, Alzavola, Codone, Fischione, Mestolone, Moriglione, Gallinella d’acqua, Pavoncella, Frullino, Porciglione, Folaga, Beccaccino e l’inserimento di Marzaiola e Canapiglia fino al 31 gennaio 2016;
* dal 15 ottobre al 31 gennaio, fatte salve le tre mezze giornate del 20, 27 settembre e 4 ottobre, si spara alla Beccaccia;
* per Allodola, Quaglia, Merlo, Cesena, salve le tre mezze giornate, si caccia fino al 10 gennaio;
* caccia al Tordo sassello dal 15 ottobre al 31 gennaio;
* caccia al Tordo bottaccio dal 15 ottobre al 31 gennaio;
* caccia a Cornacchia grigia, Ghiandaia, Colombaccio fino all’8 febbraio;
* caccia alla Volpe fino al 31 gennaio;
* caccia al Cinghiale dal 5 novembre al 31 gennaio, il giovedi e la domenica.
Come si ricorda, recentemente la Commissione europea – Direzione generale “Ambiente” ha reso noto di aver aperto la procedura di indagine EU Pilot 6730/14/ENVI “diretta ad accertare se esista in Italia una prassi di sistematica violazione dell’articolo 6 della direttiva Habitat” a causa di svariate attività e progetti realizzati in assenza di adeguata procedura di valutazione di incidenza ambientale (V.INC.A.) in aree rientranti in siti di importanza comunitaria (S.I.C.) e zone di protezione speciale (Z.P.S.) componenti la Rete Natura 2000, individuati rispettivamente in base alla direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli Habitat naturali e semi-naturali, la fauna, la flora e la direttiva n. 09/147/CE sulla tutela dell’avifauna selvatica.
Fra i casi oggetto d’indagine vi sono il calendario venatorio regionale sardo 2012-2013 e il calendario venatorio regionale sardo 2013-2014 in assenza di procedura di V.INC.A. pur prevedendo la caccia anche entro S.I.C. e Z.P.S. (nota prot. n. ENV.D.2/LS/vf/EU-Pilot/6730/14/ENVI del 15 luglio 2014) e così anche il calendario venatorio regionale sardo 2014-2015.
Anche l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (I.S.P.R.A.), nel parere (nota prot. n. 15625 del 17 luglio 2014) fornito per legge (art. 18 della legge n. 157/1992 e s.m.i.) sul calendario venatorio, aveva richiesto la procedura di V.INC.A., inascoltato.
Il rischio è sempre più l’apertura di una procedura di infrazione per violazione della normativa comunitaria sulla salvaguardia degli Habitat naturali e semi-naturali, la fauna, la flora (direttiva n. 92/43/CEE) e, in conseguenza di eventuale sentenza di condanna da parte della Corte di Giustizia europea, di una pesante sanzione pecuniaria a carico dell’Italia (e per essa alle amministrazioni pubbliche che hanno causato le violazioni), grazie soprattutto a omissioni o pressapochismo in materia di tutela ambientale, nonostante le tante istanze ecologiste.
La procedura di infrazione prosegue e si è arricchita di ulteriori violazioni.
Che cosa accade in questi casi?
Se non viene rispettata la normativa comunitaria, la Commissione europea – su ricorso o d’ufficio – avvia una procedura di infrazione (art. 258 Trattato U.E. versione unificata): se lo Stato membro non si adegua ai “pareri motivati” comunitari, la Commissione può inoltrare ricorso alla Corte di Giustizia europea, che, in caso di violazioni del diritto comunitario, dispone sentenza di condanna con una sanzione pecuniaria (oltre alle spese del procedimento) commisurata alla gravità della violazione e al periodo di durata.
Attualmente sono ben 92 le procedure di infrazione aperte contro l’Italia dalla Commissione europea. Di queste addirittura 18 (circa un quinto) riguardano materie ambientali.
Si ricorda che le sanzioni pecuniarie conseguenti a una condanna al termine di una procedura di infrazione sono state fissate recentemente dalla Commissione europea con la Comunicazione Commissione SEC 2005 (1658): la sanzione minima per l’Italia è stata determinata in 9.920.000 euro, mentre la penalità di mora può oscillare tra 22.000 e 700.000 euro per ogni giorno di ritardo nel pagamento, in base alla gravità dell’infrazione. Fino a qualche anno fa le sentenze della Corte di Giustizia europea avevano solo valore dichiarativo, cioè contenevano l’affermazione dell’avvenuta violazione della normativa comunitaria da parte dello Stato membro, senza ulteriori conseguenze. Ora non più.
L’esecuzione delle sentenze della Corte di Giustizia per gli aspetti pecuniari avviene molto rapidamente: la Commissione europea decurta direttamente i trasferimenti finanziari dovuti allo Stato membro condannato: in Italia gli effetti della sanzione pecuniaria vengono scaricati sull’Ente pubblico territoriale o altra amministrazione pubblica responsabile dell’illecito comunitario (art. 16 bis della legge n. 11/2005 e s.m.i.).
Ovviamente gli amministratori e/o funzionari pubblici che hanno compiuto gli atti che hanno sostanziato l’illecito comunitario ne risponderanno in sede di danno erariale.
Bruxelles è molto più vicina di quanto possiamo pensare.
Il Governo Renzi, le Giunte regionali, gli Enti locali lo capiranno in tempo?
E rischieranno gravissime conseguenze solo per far felici i cacciatori?
Amici della Terra, Lega per l’Abolizione della Caccia, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
(foto S.D., archivio GrIG)
