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Il ricorso è tardivo, ingiustizia è fatta.

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Alpi Apuane, marmettola cementata in un corso d'acqua

Alpi Apuane, marmettola cementata in un corso d’acqua

Si è chiusa recentemente davanti alla Corte di cassazione in un nulla di fatto la vicenda processuale relativa a presunti accordi fra Amministrazione comunale di Carrara e imprese riguardo la “tassa sui marmi”, d’importo molto più contenuto rispetto al valore di mercato.

Il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus – Apuane ha scritto al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Massa perché sia fatta chiarezza su eventuali responsabilità relative all’invio “tardivo” del ricorso.

Il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus è in prima linea da tempo contro i gravissimi problemi ambientali per il contesto territoriale interessato e le pesanti conseguenze sul fronte della sicurezza nel lavoro determinate dall’attività estrattiva del marmo sulle Alpi Apuane.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

Alpi Apuane, il bivacco Aronte e Punta Carina

Alpi Apuane, il bivacco Aronte e Punta Carina

Massa, 24 maggio 2016

Al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Massa,

Oggetto: Cassazione e ricorso “tardivo”.

In relazione alla nota comparsa sulla stampa locale il 23 maggio 2016, relativa al fatto che la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso contro l’amministrazione di Carrara, relativo alla mancata concessione delle cave e alla convenzione stipulata con le società estrattive per la tassa marmi, perché TARDIVO, il Gruppo di Intervento Giuridico onlus chiede al Procuratore della Repubblica di Massa, dott. Aldo Giubilaro,  che sia fatta chiarezza in merito alla mancata ottemperanza della scadenza da parte degli Uffici della Procura e siano presi gli opportuni provvedimenti nei confronti di eventuali responsabili, dal momento che, a parer nostro, è stato leso il diritto dei cittadini e dello Stato ad aver giustizia.

Franca Leverotti

Referente Presidio Apuane Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

Carrara, bacino estrattivo Torano

Carrara, bacino estrattivo Torano

da Il Tirreno, 23 maggio 2016

La Cassazione: sulla tassa marmi il ricorso è stato tardivo.

Ecco il motivo per cui è stato confermato il non luogo a procedere per sindaco, amministratori, rappresentanti delle imprese. (Massimo Braglia)

CARRARA. Ecco perché si è conclusa con un definitivo non luogo a procedere l’inchiesta sui presunti accordi fra amministrazione comunale e imprese sulla cosiddetta tassa marmi: perché il ricorso contro il proscioglimento del gup è stato presentato in ritardo dalla Procura di Massa-Carrara. Sei giorni di ritardo, per la precisione: tanti sono bastati perché nel marzo scorso la Corte di Cassazione neppure entrasse nel merito della complessa vicenda ma anzi, lo stesso Procuratore generale di fronte al ritardo ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

E’ stata pubblicata la sentenza dello scorso 2 marzo della Suprema Corte: sul momento, era emerso solo che la Cassazione aveva dichiarato inammissibile il ricorso e quindi confermato la sentenza del 25 giugno 2015, quella con la quale il gup Antonia Aracri aveva stabilito il non luogo a procedere “perché il fatto non sussiste” per tutti i quindici indagati, sindaco, amministratori, rappresentanti delle imprese (non Assindustria, non coinvolta nell’inchiesta). E si era rimasti in attesa delle motivazioni, per capire cosa avesse convinto anche la Cassazione a respingere l’impianto accusatorio della Procura. Era stata un’inchiesta di grande visibilità mediatica. E costosa per le casse comunali: di recente è stato pagato un maxi onorario da 90mila euro agli avvocati degli amministratori comunali.

Scrive nella sentenza la suprema Corte (relatore Angelo Costanzo, presidente Vincenzo Rotundo) che dopo aver letto gli atti e il ricorso contro la sentenza emessa il 25 giugno 2015 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Massa, nel procedimento n.232/2015, è stato sentito il Sostituto procuratore generale Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso perché tardivo. Sono stati poi sentiti anche gli avvocati difensori: Luca Pietrini, Riccardo Diamanti, Enrico Marzaduri, Annarosa Francini, Marina Menconi e tutti – si spiega – si sono associati alla richiesta del Pubblico Ministero.

La vicenda processuale – specifica la Suprema Corte – nasce dalla sottoscrizione, da parte del Comune di Carrara e di rappresentanti degli imprenditori del settore del marmo, di un accordo sulla entità del contributo unificato (canone di concessione e contributo regionale, ex legge Regione Toscana 3 novembre 1978 n. 78) che ogni destinatario di provvedimento abilitativo alla coltivazione degli agri marmiferi deve corrispondere, e dalla sua approvazione da parte della Giunta municipale, con delibera n. 409 del 2009, che ha individuato il valore unitario medio del materiale da utilizzare in misura largamente inferiore al prezzo medio di mercato dei materiali come invece richiesto dalla legge. Con sentenza n.168/2015 del 21/07/2015, il Giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Massa ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di tutti gli imputati – ribadisce l’estensore della sentenza – perché il fatto non sussiste.

Il Giudice – ricorda la Cassazione, era pervenuta alla conclusione «escludendo che l’accordo abbia ingiustamente avvantaggiato i titolari della concessioni o autorizzazioni con ingiusto danno per il Comune valutando che l’accordo si è inserito in un contesto nel quale è valso a “ovviare il contenzioso per la restituzione della tassa marmi e per conseguire un livello di risorse stabile nel tempo che consentisse la programmazione di interventi per infrastrutture e per la tutela dell’ambiente”.

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Massa aveva chiesto l’annullamento della sentenza deducendo, innanzitutto vizio di motivazione, per avere la stessa sentenza dato atto che soltanto un numero limitato di titolari del diritto di escavazione ha rinunziato in realtà al rimborso mentre tutti hanno continuato a beneficiare di un contributo unificato rimasto inferiore a quello previsto da legge e regolamento». A suo avviso, inoltre, sarebbe stata utile una verifica dibattimentale.

L’elemento del ritardo si è rivelato decisivo. Scrive la Corte: «Il termine di impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, pronunciata all’esito dell’udienza preliminare, è quello di quindici giorni per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio. Nel caso in esame, il Giudice dell’udienza preliminare ha emesso la sentenza il 25 giugno 2015, ha depositato la decisione il 21/7/2015 e il Procuratore della Repubblica ha depositato il suo ricorso il 15/9/2015, mentre avrebbe dovuto – computata la sospensione feriale del termine – depositarlo entro il 9 settembre 2015. Ne deriva che il ricorso è tardivo e, pertanto, inammissibile».

 

Massa, Fiume Frigido biancastro per la marmettola (11 gennaio 2016)

Massa, Fiume Frigido biancastro per la marmettola (11 gennaio 2016)

(foto F.L., archivio GrIG)

 



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