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L’enuresi stradale del Veneto.

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campagna nel Padovano. Un “deserto” sul piano della biodiversità

Luca Zaia è stato da poco riconfermato con voto plebiscitario Presidente della Regione Veneto (il 76,8% dei voti validi), anzi Doge a vita per mancanza di avversari che possano far balenare un futuro diverso per la ex Serenissima.

Infatti, interpreta alla perfezione quello che la gran parte degli elettori veneti vuole: una regione dove il successo si misura nella lunga fila di capannoni-fabbrichette-svincoli-tangenziali-pedemontane-centricommerciali oggi spesso dismessi che hanno massacrato e impermeabilizzato il territorio, consegnandolo alle calamità innaturali.

Quelle causate o incrementate dall’uomo nella sua infinita stupida avidità.

Un territorio felicemente massacrato, dove trionfano le pedemontane.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

Veneto, opere di urbanizzazione allagate

IL MICIDIALE MANTRA DELLE IN-FRA-STRUTTURE.

La Superstrada Pedemontana Veneta è la perfetta metafora della nostra “disconnessione” dalla “realtà” del povero Veneto e del “distacco percettivo” tra la gravità delle conseguenze dei nostri atti e la nostra consapevolezza nell’esercizio del nostro libero arbitrio: roba da psicanalisi.

Parliamo di una grande opera gravemente dannosa per l’ambiente, una grande opera in trincea, costruita, tra l’altro, sopra i flussi di falda di un bacino acquifero fra i più grandi d’Europa.

Una grande opera che comporta la depauperazione della terra veneta e della sua fertilità, nonché l’annientamento di quel “patrimonio immateriale e identitario” costituito dal lavoro contadino accumulatosi nei secoli e da quel paesaggio pedemontano sospeso tra le Prealpi e le ville palladiane.

La SPV è metafora della disconnessione dalla realtà ambientale e climatica da parte di una “politica consociativa” che con “un’unanimità bulgara” insiste su un modello di “sviluppo climalterante” (che in Veneto si sta arricchendo di nuovi capitoli con le devastazioni delle Dolomiti per le Olimpiadi 2026 a Cortina e con i mega impianti sciistici tanto energivori quanto vandalici con i loro bacini artificiali di acqua per creare neve finta).

Sulla Spv il Partito Democratico, subendo il processo di una metamorfosi galoppante, da una iniziale posizione, nel 2011, contraria all’opera, è arrivato, nel 2017,  a caldeggiarne  il completamento, coniando per l’occasione  lo slogan “finiamola”, mentre i  cinque stelle hanno fatto un triplice salto mortale con doppio avvitamento, degno di Tania Cagnotto, rimangiandosi la loro posizione contraria pre elettorale e mostrando, agli elettori che li avevano votati per quelle promesse, che non esiste il voto di scambio.

Dolo, veduta dell’area interessata dal progetto Veneto City

Una “politica consociativa” che non si sofferma sui fenomeni naturali, geologici e climatici in evoluzione/involuzione e sulla loro portata nella vita di milioni di persone, tutta presa dalla comunicazione veloce e superficiale social-mediatica sui fenomeni di cui straparla, ma in totale disconnessione con essi.

Cosa ci dice la realtà del territorio veneto?

Ci dice del consolidato primato della Regione Veneto nel consumo di suolo e del peso rilevante che hanno le “infrastrutture stradali” in quel primato e da cui, per evitare danni irreversibili all’ambiente, qualsiasi analisi sul fabbisogno infrastrutturale non può prescindere.

Da tale mancata analisi preventiva sulle caratteristiche infrastrutturali dell’area pedemontana veneta ne sarebbe uscito un quadro impietoso e frustrante sulla più o meno involontaria mancanza di conoscenze da parte della politica consociativa sulle infrastrutture stradali esistenti e sullo stato di abbandono in cui versano le tratte ferroviarie.

Nel “tratto vicentino” della Spv c’è il “primo doppione” della “stradomania veneta”: è la strada provinciale Nuova Gasparona (SP 111) descritta in Wikipedia come “un’importante arteria locale che collega Thiene a Bassano del Grappa. Il percorso si snoda, in maniera pressoché rettilinea dal casello Thiene-Schio dell’autostrada della Valdastico fino alla statale Valsugana”. Nel “tratto trevigiano” c’è il “secondo doppione” della “stradomania veneta”: è la strada provinciale 102 Postumia Romana (inizia, in parallelo alla Spv, ad appena circa 4 chilometri dal progettato casello di Visnadello della Spv!!) che collega Villorba a Castelfranco Veneto con un rettilineo di 30 chilometri, sopra una strada consolare romana fatta costruire nel 148 a.C. dal Console Romano Postumio Albino.

Nel tratto trevigiano della Spv avremo così tre arterie che in parallelo percorrono la stessa direttrice Est-Ovest: la SPV, la strada provinciale 102 Postumia Romana e la S.S. 53 (Castellana).

Venezia

Non è demenziale costruire un’altra strada anziché adeguare e mettere in sicurezza arterie stradali esistenti che corrono in parallelo alla distanza di una manciata di chilometri?

Si sarebbero fatti più espropri di quelli che si fanno per costruire la Spv?

Se, con un occhio alla necessità di ridurre le emissioni climalteranti del trasporto su gomma, l’analisi  la spostiamo sulle arterie ferroviarie preesistenti alla Spv nell’area geografica pedemontana trevigiana e vicentina e del basso Veneto scopriamo l’esistenza delle tratte Padova-Bassano, Vicenza-Treviso, Montebelluna-Camposampiero, Vicenza-Schio, Belluno-Feltre-Treviso, Padova-Calalzo, Trento-Venezia, ecc., senza dimenticare la linea ferroviaria Montebelluna-Susegana soppressa e trasformata in pista ciclabile.

Anche in questo campo il Veneto non si fa sfuggire l’occasione di stabilire nuovi primati se pensiamo che molte di queste tratte sono a binario unico e non elettrificate e che, purtroppo, la regione Veneto nel periodo 2003-2017 ha speso 1.094,71 milioni di euro per infrastrutture stradali e un’elemosina di 93,85 milioni di euro per ferrovie e metropolitane (Pendolaria 2017 di Legambiente).

 I Recovery Fund per il rilancio dell’economia nel tempo della pandemia e dei cambiamenti climatici non devono finanziare nuove infrastrutture stradali nelle aree, come nel caso Veneto, a cui è già stata iniettata una overdose di asfalto. 

Marano Vicentino, cantiere abbandonato

Il Rapporto Ispra 2017 sul consumo del suolo indicava in 47% il consumo dovuto a infrastrutture stradali, tutti dati ignorati dalla politica consociativa, una politica i cui attori non sono connessi con la realtà dei luoghi che dicono di amministrare, non la vedono proprio: il loro sguardo non è carico di passione e di amore per la bellezza del paesaggio, per lo stato di salute dell’ambiente e dei suoi abitanti.

La regione Veneto, dopo il Passante di Mestre, che poteva avere una legittimazione urbanistica e viaria plausibile e che ha comportato la perdita di centinaia di ettari della campagna veneta, deve arrestare questo consumo sconsiderato del suolo.

Sulla Super Pedemontana Veneta la politica consociativa ha perso la tramontana, in attesa del disastro annunciato in termini di saturazione urbanistica da sprawl per la nascita di centri commerciali, capannoni e abitazioni nelle aree adiacenti le opere complementari e i caselli.

Povero Veneto: tutto questo viene fatto con il largo consenso dei suoi abitanti elettori.

Veggiano, S. Maria, cantiere annandonato

Purtroppo, nell’epoca del digitale non guardiamo più le carte geografiche ed è un peccato, perché, se ci prendessimo la briga di guardare una carta geografica dell’area Pedemontana Veneta scopriremmo un’amara verità: il Veneto dopo il primato dei mq. di cemento per abitante sarebbe probabilmente in lizza anche per il primato dei mq. di asfalto per abitante.

Ma il Veneto resta senza speranza di futuro se il plebiscitario governatore del Veneto in uno dei suoi primi discorsi ha promesso l’autostrada del mare per Jesolo.

Ovviamente per accontentare i milioni di suoi elettori stanchi di essere in coda alla domenica sulla strada verso il mare, ai quali, probabilmente, di tutto quello che abbiamo scritto non interessa una fava e sempre plaudenti per nuovi crimini ambientali, nascosti nelle pieghe di un termine semanticamente contorto e logopedicamente impronunciabile, “in-fra-strutture”, ormai introiettato nelle sinapsi neuronali dei politici, dei media e dei cittadini.

Dante Schiavon, socio GrIG Veneto

Veneto, paesaggio

(foto M.F., S.D., archivio GrIG)


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