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La Foca Monaca nel Mediterraneo, qualche segnale positivo.

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Molto probabilmente, dopo circa cinquant’anni, la Foca monaca (Monachus monachus), l’unica e rarissima foca del Mediterraneo, si è riprodotta in Italia.

Lungo le coste pugliesi, infatti, è stato avvistato e soccorso, purtroppo, infruttuosamente, un cucciolo di Foca monaca. Un cucciolo così piccolo che non può che esser nato lì. Supposizione confermata dall’analisi del d.n.a., che riconduce la madre alla colonia delle Isole Jonie.   Un segnale positivo, che indica l’espansione verso le coste pugliesi.

Un altro esemplare di Foca monaca è stato avvistato e filmato all’Isola di Capraia, dove – giustamente – sono state adottate dall’Ente Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano immediate misure di salvaguardia (ordinanza presidenziale n. 1 del 24 giugno 2020).

Solo poco tempo fa, una ricerca coordinata dal biologoAlexandros A. Karamanlidis e pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale Mammal Review (The Mediterranean monk seal Monachus monachus: status, biology, threats, and conservation priorities, aprile 2016) stima in 700 esemplari la popolazione complessiva del mammifero marino.

Certo è ancora a rischio di estinzione, ma il numero degli esemplari è ben superiore ai 400 precedentemente stimati.

Suddivisa in tre o quattro colonie dove si riproduce (Madera, Capo Blanco, Mar Egeo e, forse, Isole Dalmate), grazie alla straordinaria mobilità compare tuttora in numerose località del Mediterraneo, dalla costa orientale sarda alle Egadi, dall’Istria alle coste triestine, dai litorali algerini a quelli tunisini.

Grotta del Fico, Foca Monaca (anni ’60 del secolo scorso)

In Sardegna viveva e si riproduceva una colonia forse fino alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, poi è stata letteralmente cacciata via.

Fondamentali in proposito le ricerche di P. Antonio Furreddu, indimenticabile figura di scienziato.

Avvistamenti di esemplari erratici ve ne sono stati e ve ne sono tuttora lungo le coste isolane (Carloforte, La Maddalena, Cagliari – Sella del Diavolo, Quartu S. Elena – IsMortorius, Teulada, Villasimius – Capo Carbonara, Villaputzu – Porto Corallo, litorale di Baunei – Dorgali, Castelsardo, Asinara), ma la piccola colonia della Grotta del Fico (Baunei) è ormai scomparsa.

Grotta del Fico, Foca Monaca (anni ’60 del secolo scorso)

Oggi, purtroppo, nelle calette del Golfo di Orosei nel periodo estivo barconi vomitano incessantemente bagnanti mordi-e-fuggi con una patina logora di politiche di tutela ambientale, mentre le uniche foche sono riproduzioni nella Grotta del Fico.

Sì, il turismo, pur mal gestito, ha portato un po’ di soldi, ma ha fatto perdere un bel pezzo di anima.

Per questo, per garantire un po’ di pace alla nostra Foca monaca, abbiamo quindi deciso di non divulgare i luoghi di eventuali avvistamenti di cui possiamo venire a conoscenza.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

manifesto a lutto per la Foca Monaca, becero esempio di autolesionismo (anni ’90 del secolo scorso)

da Il Fatto Quotidiano, 5 luglio 2020

Foca monaca, torna in Italia dopo oltre mezzo secolo: la conferma nel Dna di un cucciolo. Esperti: “Ora protocolli per la conservazione”.

Due gli esemplari avvistati nella penisola che confermerebbero l’ipotesi degli studiosi, uno a gennaio e uno di questi giorni. Da inizio giugno, infatti, una foca monaca si è stabilizzata in una grotta dell’isola di Capraia. Ma i pericoli come “degradazione dell’habitat costiero, traffico marittimo, attività di pesca e turistiche” sono dietro l’angolo. (Gabriele Vallarino)

Dorgali, donne in costume e piccolo di Foca Monaca (anni ’60 del secolo scorso)

Dopo oltre mezzo secolo la foca monaca è tornata in Italia. Nonostante negli ultimi anni non sia mancato qualche avvistamento sporadico di individui di passaggio, è il 2020 a portare con sé due segnalazioni che rendono più concreto il futuro di un suo nuovo insediamento.

Cacciata per la sua pelle e perché vista come competitrice per i pescatori, dagli anni sessanta, di fatto, la foca monaca è estinta in Italia. Un tempo diffusa in tutto il Mediterraneo, nel mar Nero e sulle coste atlantiche dalla Spagna all’Africa occidentale, oggi sopravvive, con meno di 700 individui, in Grecia, Turchia, Madera, regione autonoma del Portogallo, e Mauritania. Ma a gennaio, è arrivata una buona notizia per questo pinnipede: un cucciolo di foca monaca è stato avvistato in Puglia. Una meta che non dovrebbe sorprendere. Le coste pugliesi sabbiose e rocciose, ricche di cavità, infatti, rappresentano una casa ideale da sempre: ci sono, per esempio, testimonianze fossili di foca monaca nella Grotta Romanelli risalenti al paleolitico. Sfortunatamente il piccolo era molto debilitato, tanto che nonostante i soccorsi a Torre San Gennaro in Torchiarolo (Brindisi) non è sopravvissuto.

L’ipotesi che quel cucciolo fosse nato proprio lì in Puglia e non in Grecia, però, ha entusiasmato gli scienziati che hanno prelevato un frammento della sua pelle per indagare il DNA. E la risposta della genetica è arrivata in questi giorni confermando che “il Dna mitocondriale del cucciolo, che si eredita interamente per via materna, ci dice che la madre appartiene alla popolazione di foche monache delle isole ioniche e non a quelle presenti nell’Egeo – spiega a ilfattoquotidiano.itGiulia Calogero ricercatrice e presidente di Menkab, associazione che da anni studia i mammiferi marini – quindi siamo di fronte a un caso di espansione del proprio territorio, la madre, abile nuotatrice come tutte le foche monache, in cerca di un luogo per partorire, ha scelto le coste di fronte a quelle di casa sua, distanti in fondo solo 300 km”.

Lo studio genetico pubblicato su Diversity, condotto da un gruppo di ricercatori italiani coordinato da Vincenzo Caputo Barucchi dell’Università politecnica delle Marche, ha evidenziato le corrispondenze tra il Dna del cucciolo e quello delle foche campionate proprio nelle isole di Cefalonia e Zante. A sostegno della tesi della nascita pugliese, anche le dimensioni del cucciolo: “Si trattava di una femmina di peso 22,5 kg, per una lunghezza di 118 cm che ci fa stimare un’età tra i 2 e i 4 mesi e considerando che era molto emaciata e che l’allattamento dura fino ai 5 mesi – e solo al termine dello svezzamento l’animale si allontana da solo – è altamente probabile che la sua casa fosse vicino al luogo del ritrovamento”, aggiunge l’esperta. Nonostante il mancato lieto fine, il caso della Puglia ha rivelato che l’area è tornata a essere un sito di riproduzione.

Intanto un altro sorprendente capitolo si è aperto più a nord. Tra le isole del parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, proprio in questi giorni, all’interno di una grotta dell’isola di Capraia che, neanche a dirlo, porta il suo nome, grotta della Foca, sta soggiornando una foca monaca. “È un ritorno dopo ben 60 anni. I ricercatori dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ndr.) hanno effettuato un sopralluogo senza farsi notare dall’animale e montato un dispositivo per il monitoraggio – chiarisce Calogero – e sempre per la sua sicurezza l’Ente Parco con un’ordinanza ha vietato l’accesso, in ogni forma e con ogni mezzo, nell’area vicina alla grotta”.

Isola di Capraia, avvistata una foca monaca: il video girato da un turista. Da 50 anni non si riproduce in Italia

Le grotte per la foca monaca sono una “location” non banale che richiede determinati accorgimenti, non può mancare, ad esempio, “una zona pianeggiante all’interno, come una sorta di spiaggia”. Ma non disprezzano le distese sabbiose, anzi. “La scelta di rintanarsi in cavità è dovuta al fatto che l’animale per riprodursi ha bisogno di zone tranquille, quindi fugge dall’eccesivo disturbo umano tipico dei litorali – spiega ancora l’esperta – ma la foca monaca non è sempre diffidente, ad esempio, nella greca isola di Samos, diversi esemplari sono stati immortalati a ridosso degli stabilimenti balneari direttamente sulle sdraio in spiaggia, spesso monitorate dai cittadini stessi”.

Il sogno di una ri-colonizzazione della foca monaca nella zona mediterranea occidentale richiede grandi sforzi, serve “informare adeguatamente i cittadini e i turisti su come comportarsi in caso di incontro con questo pinnipede”. I pericoli d’altronde sono dietro l’angolo, “degradazione dell’habitat costiero, traffico marittimo, attività di pesca e turistiche”, conclude Calogero, “andrebbero al più presto attivati dei protocolli specifici di conservazione, ma oltre agli accordi su carta, serve finanziare la ricerca: strumento concreto per conoscerli e proteggerli”.

Foca monaca (Monachus monachus), mare della Sardegna (2010)

(foto P. A. Furreddu S.J., per conto GrIG, S.D., archivio GrIG)


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