
Ormai da anni dura la contrapposizione fra buona parte della popolazione di Magomadas (OR) e dei limitrofi centri della Planargia e la Geco s.r.l., impresa titolare di impianti di recupero inerti e recupero fanghi (rifiuti non pericolosi) per la produzione di ammendante compostato con fanghi.
Ormai il clima locale è deteriorato sotto ogni aspetto basilare della convivenza civile: incendio degli impianti (1 gennaio 2020), danneggiamento dell’automobile e della vigna del rappresentante del Comitato locale per la tutela dell’ambiente (luglio 2020). Nel mezzo insulti, minacce e fine di qualsiasi confronto civile.
A monte ci sarebbe dovuta essere senza dubbio maggiore attenzione nell’ubicazione della zona industriale di San Pietro a ridosso del centro abitato, perché è ovvio che in zona industriale vengono ubicati impianti industriali con tutti i prevedibili inconvenienti sulla qualità della vita di chi lì risiede. Così un’analisi puntuale avrebbe potuto prevedere le ricadute su ambiente e qualità della vita di un impianto che tratta fanghi da depurazione.
Ma così non è stato e Regione ed Enti locali hanno emanato specifica “Autorizzazione per la realizzazione e l’esercizio, ai sensi dell’art. 208 del d.lgs. 152/06, di un impianto di recupero di rifiuti speciali non pericolosi rilasciata alla Geco s.r.l. con sede operativa in loc. San Pietro Z.I. del Comune di Magomadas” con determinazione dirigenziale Prov. OR n. 1283 del 24 ottobre 2018: l’impianto è stato autorizzato per operazioni di recupero fanghi da depurazione (R5) mediante comunicazione in procedura semplificata (artt. 214-216 del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.) per una capacità di trattamento di 15 mila tonnellate annue, come risulta dal catasto nazionale dei rifiuti.
In precedenza, con deliberazione Giunta regionale n. 16/25 del 28 marzo 2017, si era conclusa positivamente con prescrizioni la procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) – che, tra l’altro, ha autorizzato il trattamento fino a “80.000 tonnellate per i fanghi da essiccare (circa 223 giornate lavorative all’anno)” – e, con la deliberazione Giunta regionale n. 33/25 del 26 giugno 2018, sono stati autorizzati sia la “assegnazione della operazione di recupero R3 a due dei tre codici CER gestiti dall’impianto, in vece della operazione R5”, sia il subentro nella titolarità della Geco s.r.l. nell’esercizio del progetto di “Installazione di un impianto di recupero di rifiuti speciali non pericolosi mediante essicazione e pirogassificazione”.
Con determinazione dirigenziale Prov. OR n. 394 del 10 aprile 2020 sono stati ritenuti insussistenti gli eventuali motivi di annullamento d’ufficio delle autorizzazioni in favore degli impianti Geco s.r.l., mentre con ordinanza T.A.R. Sardegna, Sez. I, 25 giugno 2020, n. 258 è stata respinta la richiesta di provvedimenti cautelari avverso l’attività di trattamento fanghi della Geco s.r.l.
Viceversa, dopo mesi di indagini, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Oristano ha ottenuto il sequestro preventivo degli impianti (14 luglio 2020), poi parzialmente dissequestrati (16 luglio 2020).

Alcuni elementi importanti, però, sembrano rimasti un po’ in secondo piano.
Infatti, con verbale A.R.P.A.S. – Dipartimento Oristano del 28 novembre 2019, concernente l’attività ispettiva espletata in data 18 ottobre 2019, è stata accertata:
* irregolarità nella tenuta dei registri di carico e scarico in relazione a n. 6 trasporti di rifiuti in entrata;
* trasporto di 1.140 chilogrammi rifiuti non pericolosi (codice CER170904) in assenza di formulario;
* l’assenza di “idonee certificazioni attestanti l‘avvenuta stabilizzazione dei fanghi ricevuti dall’impianto” in relazione a ben 54 carichi;
* mancata risultanza della verifica adeguata giornaliera del livello di umidità in ogni vasca;
* assenza di cartellonistica di individuazione dei rifiuti depositati;
* presenza di mescolamento vietato di fanghi di diversa tempistica di trattamento;
* errata percentuale di miscelamento di fanghi e terre da recupero per la produzione di ammendante (non si dovrebbe superare il rapporto di fanghi al 35% e terre da recupero al 65%).
L’A.R.P.A.S. – Dipartimento Oristano ha manifestato “perplessità sul fatto che il prodotto in uscita … fosse applicabile la denominazione Ammendante compostato con fanghi (D.Lgs. 75/10, Allegato 2, Ammendanti, n. 13)”: in proposito si evidenzia che il mancato rispetto delle prescrizioni di cui al decreto legislativo n. 75/2010 e s.m.i. comporta la classificazione dei fanghi come “rifiuto” sia “in uscita dalle vasche di trattamento che il prodotto della loro miscelazione con terra; di conseguenza il loro successivo spandimento in agricoltura si configurerebbe come un’attività illecita di gestione e smaltimento di rifiuti”.
Inoltre, il sostanziale rispetto delle prescrizioni in materia di contenimento degli effetti odorigeni riscontrato dall’A.R.P.A.S., ha dimostrato, tuttavia, la palese inefficacia delle stesse, vista la ripetuta, sistematica, contestazione di miasmi (oltre che la presenza incessante di insetti) da parte della popolazione residente.
La Provincia di Oristano – titolare della competenza in materia di autorizzazioni di tali impianti – ha tenuto adeguatamente conto delle gravi irregolarità accertate dall’A.R.P.A.S. e dell’inefficacia delle misure anti-miasmi adottate?

Probabilmente no. Pertanto, il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha inoltrato (26 luglio 2020) una specifica istanza di accesso civico, informazioni ambientali e adozione dei provvedimenti di annullamento in via di autotutela ovvero, quantomeno, di modifica delle autorizzazioni emanate per quanto concerne le misure di contenimento dei miasmi provocati dall’attività industriale.
Coinvolti il Ministero dell’ambiente, la Provincia di Oristano, il Corpo forestale e di vigilanza ambientale, L’A.R.P.A.S., il Comune di Magomadas, informata per opportuna conoscenza la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Oristano.
A prescindere da come andranno a concludersi i procedimenti penali in corso tali impianti industriali non dovranno più operare nel medesimo modo in cui hanno operato per questo lungo tempo. E’ un problema di qualità della vita di tutti, residenti, lavoratori, imprenditori, nel senso più ampio del termine.
Gruppo d’intervento Giuridico onlus
Aggiornamento (30 luglio 2020): si qualifica da solo chi non fornisce alcun atto in proprio possesso o chiarimento per mesi e poi si lamenta di “interventi tardivi”. Veramente incommentabile.



(foto Benthos, da mailing list ambientalista, S.D., archivio GrIG)