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Veleno nei campi, veleno nei nostri piatti.

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Grazie al governo del cambiamento giallo-verde, sono stati sdoganati i fanghi tossici in agricoltura.

L’art. 41 del decreto-legge n. 109/2018 convertito con modificazioni nella legge n. 130/2018 consente, infatti, di smaltire sui terreni agricoli e nelle attività di coltivazione fanghi pesantemente contaminati da idrocarburi, diossine, furani, PCB, toluene, selenio, berillio, cromo e arsenico.

E, stando così le cose, i rifiuti finiranno per concimare quello che ci ritroveremo nel piatto.

Ecco che cosa sta avvenendo in concreto.  Fatti e interessi.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

da Fanpage, 14 giugno 2019

Sesa, la Guardia di finanza indaga e i sindaci della Bassa padovana si ribellano al compost.

Sono partite le indagini della Guardia di finanza su ordine della Procura di Padova su quanto scaturito dall’inchiesta di Fanpage.it sulla Sesa. Nel frattempo i sindaci della Bassa si ribellano al compost: a Solesino il sindaco Elvy Bentani ha firmato un’ordinanza contro lo spargimento di compost prodotto a livello industriale, frammisto ad altre sostanze non autorizzate, lo segue il vicino comune di Sant’Elena.

Inchiesta di Fanpage sulla disinvolta gestione dei rifiuti da parte della società SESA (2019).

da Il Fatto Quotidiano, 13 giugno 2019

Rifiuti tossici nei terreni, dopo l’inchiesta di Fanpage c’è solo una richiesta da fare. (Gianfranco Amendola)

Bombo (gen. Bombus) su Girasole

da Il Fatto Quotidiano, 14 giugno 2019

Traffico rifiuti Latina-Roma, compost irregolare interrato nei campi: “Danni irrimediabili per ambiente e salute pubblica”.

La Società Ecologica Pontina, al centro dell’inchiesta della Dda di Roma che vede indagate 23 persone, avrebbe venduto a cinque aziende agricole fertilizzante nel quale i rifiuti organici venivano triturati con scarti di ogni tipo: vetro, plastica, metalli vari. Perfino siringhe. E quelle lo interravano nei loro campi su cui sono coltivati “olivi e granturco e sono attigui ad altre piantagioni”. Un sistema con il quale in 4 anni la società avrebbe smaltito 57mila tonnellate di rifiuti speciali. (Vincenzo Bisbiglia, Mario Pasciuti)

“Qua come c’è un po’ di caldo ci facciamo male”. Perché quella roba puzza, crea percolato nei capannoni e continua a “fumare”, anche quando viene trasportata e stesa sui terreni agricoli. Meglio interrarla nei campi, pagando i proprietari. Pazienza se si creano “danni irrimediabili e devastanti per l’ambiente e la salute pubblica”. Il problema, ai titolari del gruppo Sep srlSocietà Ecologica Pontina, non interessa. Tanto da cedere a diverse aziende dell’Agro pontino il loro compost farlocco, certificato da analisi chimiche falsate, nel quale ai rifiuti organici venivano mischiati scarti di ogni tipo: vetro, plastica, metalli vari. Perfino siringhe. Pagando i proprietari perché se lo prendessero, per risparmiare sullo smaltimento. E i proprietari dei campi lo seppellivano e poi ci coltivavano “olivi e granturco”.

Sono inquietanti i risvolti dell’indagine della Dda di Roma sulla società di smaltimento rifiuti – fra le principali del Lazio – secondo gli inquirenti gestita “in maniera occulta” anche dal dirigente della Regione Lazio, Luca Fegatelli. Una “condotta criminale” che, secondo quanto emerge dalla lettura del decreto di sequestro preventivo emanato dal Tribunale di Roma, “andava avanti da anni”.

La Sep è autorizzata da Provincia e Regione a gestire 50mila tonnellate l’anno di rifiuti per produrre quello che in gergo tecnico è definito “ammendante compostato misto“, materiale ricavato dalla lavorazione della frazione umida degli scarti urbani, degli avanzi dell’industria agroalimentare e dei fanghi di depurazione biologica (la parte solida contenuta nelle acque reflue), che in genere viene venduto alle aziende agricole e utilizzato come fertilizzante in campagna. Ma questo lavoro l’azienda di Pontinia lo fa male, non rispetta le leggi e nel compost, insieme all’umido che arriva dai Comuni della provincia, tritura plastica, vetri e metallo sminuzzando tutto in particelle superiori ai 2 millimetri. Producendo, cioè, una “sostanza qualificabile a tutti gli effetti come rifiuto” che andrebbe smaltita in discarica “e non certo idoneo (anzi nocivo) allo spargimento come fertilizzante sui terreni agricoli”.

Il che è proprio quello che fa la Sep che, secondo la Dda, cede il suo compost fuorilegge a cinque aziende agricole della zona. Siccome, però, sprigiona un “nauseabondo olezzo di spazzatura simile a quello proveniente dalle discariche ufficiali”, il materiale non può essere semplicemente sparso sui campi come falsamente attestato dai documenti di accompagnamento, ma va seppellito in buche profonde scavate con le pale meccaniche e ricoprendo tutto. Un lavoro di interramento svolto “in quantità tali da alterare morfologia, composizione e persino temperatura del terreno, con danni irrimediabili e devastanti per l’ambiente e la salute pubblica, atteso che tali appezzamenti sono poi destinati alla coltivazione”. Danni di cui i titolari della Sep, indagati insieme ad altre 21 persone, sono perfettamente. “Guardi, noi qui facciamo smaltimento illecito di rifiuti”, dice il 15 marzo 2018 il titolare intercettato nella sua auto, raccomandando al suo interlocutore, non identificato, “di stare attento a non parlare molto perché all’interno del veicolo potrebbero esserci delle microspie”, annotano i magistrati. Soprattutto erano compiacenti i tecnici di tre laboratori, uno di Napoli, uno di Pomezia e uno di Isola del Liri, nel frusinate, che falsificavano le analisi dichiarando la compatibilità di legge del compost nonostante questo avesse percentuali di “impurità” di gran lunga superiori al consentito.

Consapevoli, per i pm, sono anche i titolari delle cinque aziende agricole distribuite tra Sabaudia, Cori, Maenza, Pontinia e Roma. Perfettamente al corrente, secondo i magistrati, di ciò che veniva scaricato nei loro terreni, al punto che non solo non pagavano il compost ma venivano addirittura remunerati dalla Sep per prenderselo. Ed è proprio dall’odore sprigionato dai rifiuti interrati in un terreno tra Aprilia e Ardea è partita l’indagine della Dda, nata dall’accorpamento di altri sei procedimenti a carico della Sep, che ha portato alla luce un sistema tanto oliato al punto che, scrive il gip Claudio Carini, in quattro anni l’azienda ha sversato nei campi strappati alla palude negli anni ’30 del secolo scorso almeno 57mila tonnellate di rifiuti speciali classificati come non pericolosi. Anche in terreni su cui sono coltivati “olivi e granturco e sono attigui ad altre piantagioni – hanno specificato gli investigatori in conferenza stampa a Roma – il rischio che tramite le falde acquifere questo materiale possa aver inquinato le coltivazioni c’è ed è reale”.

campo di grano

13 giugno 2019

Rifiuti, sversamenti in terreni agricoli tra Roma e Latina: 23 indagati. Anche Luca Fegatelli, dirigente della Regione Lazio.

Tra il 2014 e il 2018 hanno sversato almeno 57mila tonnellate di rifiuti speciali  tra nei campi delle province di Roma e Latina, causando un danno ambientale “enorme“, come lo hanno definito gli inquirenti. Ventitre persone sono indagate nell’indagine su un traffico illecito di rifiuti che questa mattina ha portato ad una serie di perquisizioni nelle province di Latina, Roma, Frosinone e Napoli in una operazione congiunta tra polizia e carabinieri coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia della Capitale. Tra loro c’è anche Luca Fegatelli, ex direttore dell’Area Rifiuti della Regione Lazio, e oggi dirigente dell’area tecnica presso l’Ente Parco Regionale dell’Appia Antica.

L’attività di indagine è partita nel 2014 alla luce di una serie di esposti presentati da cittadini del comune di Pontinia che lamentavano lo sversamento di rifiuti non trattati in maniera corretta. Gli accertamenti, condotti dalla polizia Stradale di Aprilia e dal Nucleo investigativo di polizia ambientale forestale-Nipaaf, del Gruppo carabinieri di Latina, hanno permesso di appurare che il materiale prodotto da una azienda specializzata non poteva qualificarsi come compost – gli inquirenti lo definiscono in maniera tecnica “compost fuori specifica” – ma veniva lo stesso smaltita in alcuni terreni, anche scavando profonde buche con delle ruspe. Gli sversamenti avvenivano non solo in zone vicine all’azienda stessa ma anche in terreni agricoli in provincia di Roma.

Fegatelli era stato arrestato nel gennaio 2014 insieme a Manlio Cerroni e ad altre sei persone nell’ambito di una maxi inchiesta su una presunta associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti nel Lazio. Sospeso dal suo ruolo in Regione, il dirigente era stato reintegrato lo scorso febbraio dopo che il 5 novembre 2018 era stato assolto da ogni accusa insieme al patron di Malagrotta. Fegatelli, scrive il gip nel decreto di perquisizione, non ha un ruolo formale nell’azienda ma “si appalesa come un vero socio occulto” ed è è assolutamente organico” ai titolari dell’azienda accusata degli sversamenti, “supportandoli tecnicamente nella gestione illecita dell’azienda”.

“Questa mattina abbiamo proceduto anche ad un sequestro preventivo pari a circa un milione di euro”, ha detto nel corso di una conferenza stampa il procuratore facente funzioni di Roma, Michele Prestipino. “Nei terreni in cui è stato interrato il finto compost sono piantati anche olivi e granturco e sono attigui ad altre piantagioni – hanno specificato gli investigatori – il rischio che tramite le falde acquifere questo materiale possa aver inquinato le coltivazioni c’è ed è reale”.

campo di mais

 

(foto da mailing list ambientalista, M.F., S.D., archivio GrIG)


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