
Le bandiere blù assegnate ogni anno dalla Fondazione per l’Educazione Ambientale (F.E.E.) spesso sono vere e proprie foglie di fico per tentare di nascondere veri e propri scempi ambientali.
Fra le “perle” litoranee dove sventolano le bandiere blù troviamo anche la spiaggia di Tuerredda, a Teulada (SU), nei mesi estivi letteralmente sempre più soffocata da chioschi, ombrelloni, parcheggi come una qualsiasi spiaggia della Riviera Romagnola, mentre dovrebbe esser salvata da un rigido numero chiuso di auto e bagnanti, e quella di Pirrotto Li Frati-Baia delle Mimose, a Badesi (SS), invece soffocata dal cemento del complesso Baia delle Mimose, ormai colato fin sulle dune, nonostante numerose azioni legali ecologiste e di procedimenti penali per abusivismo edilizio.
Ecco che cosa ne pensa e ne scrive con la sua mirabile penna Gian Antonio Stella, per Il Corriere della Sera.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

da Il Corriere della Sera, 11 giugno 2019
Quelle bandiere blu tra gli ombrelloni. (Gian Antonio Stella)
Possibile che tra tutti questi criteri benemeriti della Ong internazionale non ci sia anche il rispetto, come in questo caso, per il paesaggio naturale asfissiato da un eccesso di turisti?
Quanti ombrelloni a metro quadro sono tollerati per avere la «bandiera blu»? Te lo chiedi guardando il sito degli ambientalisti del Grig, il gruppo d’intervento giuridico, su come sono state distribuiti dalla danese Fee (Foundation for Environmental Education) i premi alle «buone pratiche ambientali» delle nostre spiagge. Titolo della home page: «Bandiere blu orgogliose sventolano su scempi ambientali». Foto l’apertura: la spiaggia di Tuerredda, a Teulada. Stupenda, una volta. E nei mesi invernali. Ma infestata con l’arrivo dei primi caldi, specialmente fra luglio e agosto, da valanghe di turisti pronti a contendersi fazzoletti di sabbia dove posare l’asciugamano tra ombrelloni, chioschi, sedie a sdraio, musica, schiamazzi «come una qualsiasi spiaggia della Riviera Romagnola». Sono anni che le persone di buon senso (non occorre essere rancorosi nostalgici dei paesaggi antichi per inorridire davanti a uno stupro simile) suggeriscono di mettere un freno all’assalto introducendo il numero chiuso almeno nelle settimane più calde. Tutto inutile. «La ong ogni anno assegna le Bandiere Blu ai comuni italiani che si affacciano sul mare (ma anche sui laghi) sulla base di 32 criteri», spiega il Grig: «balneabilità delle acque (secondo i dati Arpa), depurazione, raccolta differenziata, aree pedonali, piste ciclabili, servizi in spiaggia, abbattimento delle barriere architettoniche, ricettività alberghiera, educazione ambientale e altro»…

E questo è il punto: possibile che tra tutti questi criteri benemeriti della Ong internazionale non ci sia anche il rispetto, come in questo caso, per il paesaggio naturale asfissiato da un eccesso di turisti? Non fa parte anche questo dell’«educazione ambientale»? Per non dire di un’altra spiaggia sarda da tempo messa sotto accusa dagli ambientalisti. Quella di Badesi, sulla costa da Santa Teresa di Gallura a Castelsardo. Zona bellissima, di dune bianche. Al centro però, in anni recenti, di polemiche roventi per il tipo di insediamenti turistici. Dice tutto la pubblicità di un villaggio in costruzione su quelle dune: «Una casa davvero sulla spiaggia!». In alto, la scritta «129.000 euro» sbarrata da uno sconto: «meno 10%». Lo slogan: «In un posto così sono soldi spesi bene». Per capirci: 116.100 euro. Il prezzo di un appartamento al mare a Torre del Greco o Torvaianica. È quello il modello di turismo della Sardegna? Mah…

(immagine pubblicitaria, foto S.D., archivio GrIG)