
Monte Nerone, inadeguatezza del bosco ceduo sulle vette per la protezione del suolo
La comunità scientifica si mobilita avverso il nuovo Testo unico forestale che il Governo Gentiloni avrebbe intenzione di licenziare a pochi giorni dalle elezioni politiche.Un appello al quale sarebbe molto opportuno prestare attenzione.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

Maremma, bosco
Al Presidente della Repubblica
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali
Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
I sottoscritti professori universitari, ricercatori, scienziati ed esperti in scienze ecologiche, naturali, ambientali e forestali esprimono sconcerto e preoccupazione per lo “Schema di decreto legislativo recante disposizioni concernenti la revisione e l’armonizzazione della normativa nazionale in materia di foreste e filiere forestali in attuazione dell’articolo 5 della legge 28 luglio 2016, n. 154” , mirato a costituire il nuovo Testo Unico in materia di Foreste e filiere forestali.
Siamo infatti costretti a sottolineare con forza il nostro stupore per i gravi errori scientifici che informano sia alcuni principi generali, sia numerosi aspetti tecnici, del proposto Decreto, che potranno condurre a effetti deleteri sugli ecosistemi, sul suolo, sulla biodiversità e sul paesaggio.

Foresta demaniale di Bocca Serriola, riconversione a ceduo di bosco ad alto fusto
1) Il Decreto assume, contro ogni evidenza scientifica, la necessità di una gestione selvicolturale del patrimonio forestale per la prevenzione del dissesto e degli incendi e la tutela del paesaggio. Se è innegabile che la selvicoltura è un’attività economica di enorme importanza, che non può certamente essere esclusa da tutti i nostri boschi, dobbiamo con forza sottolineare come sia infondato e paradossale attribuirle capacità di tutela contro eventi come le frane o l’erosione. Numerosi studi, condotti proprio in Italia, hanno mostrato ad esempio la forte erosione dei suoli che consegue alla gestione a ceduo dei boschi.
2) Appare gravissimo, e infondato sotto il profilo scientifico, equiparare i boschi che abbiano “superato il turno” ai terreni agricoli abbandonati (art.3, c. 2, lett. g). Infatti i boschi, anche se gestiti, sono ecosistemi auto-sostenuti e, in assenza di attività selvicolturali, evolvono in modo autonomo con caratteri che ne aumentano i servizi ecosistemici associati (p.e. qualità delle acque, conservazione del suolo e difesa dal dissesto, habitat per la fauna selvatica). I terreni agricoli, invece, sono ambienti creati artificialmente dall’uomo che richiedono un apporto continuo di energia per rimanere tali. Le conseguenze di tale confusione sulla gestione del territorio e sulla biodiversità e le funzioni degli ecosistemi sono potenzialmente irreparabili.

un buon esempio di taglio a scelta (pianta per pianta), così da lasciare un bosco vivo, con tutte le sue caratteristiche
3) Fuori da ogni logica scientifica e dal buon senso è quanto risulta dal combinato fra l’art.12 (in base al quale le Regioni possono sostituirsi al legittimo proprietario dei terreni agricoli “incolti” per promuovere il recupero produttivo della proprietà fondiaria o per imporlo nei casi in cui non sia possibile raggiungere un accordo) e l’art.3 (che equipara i boschi che abbiano superato il turno ai terreni agricoli incolti): in pratica, le Regioni potrebbero procedere al taglio coatto di boschi il cui proprietario abbia lasciato decorrere il turno. Le conseguenze sono sconcertanti: un bosco che evolve naturalmente verso più complessi stadi ecologici e fornisce maggiori servizi ecosistemici è da considerarsi abbandonato (e quindi va tagliato). Tale risultato è completamente all’opposto del principio della incentivazione dei servizi ecosistemici che il Decreto dice a parole di voler promuovere.
4) Il Decreto fa un uso molto distorto del pagamento per i servizi ecosistemici (PES), utilizzando risorse pubbliche, che sarebbero destinate alla tutela ambientale, per sostenere alcune filiere produttive. In particolare, (art. 7, c. 10), appare molto discutibile sotto il profilo scientifico-ecologico ritenere buone pratiche forestali e assoggettabili ai PES qualunque tipo di utilizzazione forestale purché si abbia rinnovazione. Manca nella legge una prospettiva di indirizzo tecnico-scientifico finalizzata ad innovare tecniche selvicolturali a basso impatto ambientale. Di conseguenza, verrebbero pagate con i PSE anche normali pratiche selvicolturali che non implementano o mantengono i servizi ecosistemici, anzi in alcuni casi potrebbero essere causa di degrado.

Sardegna, Giara, bosco mediterraneo
5) Le opere di compensazione per eventuali eliminazioni di aree boscate secondo il Decreto non devono essere necessariamente vicine all’area sacrificata e (in base all’art.8, c.4, lett. c,d,e) potrebbero, incredibilmente, anche non essere rimboschimenti ma addirittura consistere nell’apertura di strade e simili a servizio e profitto dell’azienda stessa che ha effettuato la trasformazione. Va sottolineato che la viabilità forestale ha notevoli impatti negativi sull’erosione del suolo, sul rischio di frane e sulla biodiversità floristica e faunistica (per il fenomeno noto in ecologia come effetto margine).
6) Il decreto contempla l’eliminazione del bosco al fine di conservare paesaggi agrari in abbandono, azione scientificamente discutibile, che contrasta le naturali tendenze dinamiche degli ecosistemi, utili alla mitigazione dei cambiamenti climatici e alla tutela idrogeologica. Solo in situazioni di paesaggi storici di particolare rilievo (e a seguito di approfondite ricerche) si può pensare di contrastare la naturale evoluzione a bosco.

Bosco, radura
7) La “gestione forestale sostenibile” non può comprendere solo le attività selvicolturali, ma deve prevedere anche l’individuazione delle riserve integrali o il rilascio di isole ad invecchiamento indefinito nelle particelle utilizzate. In tutto il testo manca invece un chiaro riferimento alla zonizzazione del territorio forestale, ossia una distinzione tra boschi da destinare alla produzione e boschi che devono restare indisturbati.
Infine, dobbiamo purtroppo rilevare che molte raccomandazioni approvate dalle Commissioni parlamentari competenti, se applicate, porterebbero ad un ulteriore peggioramento della fondatezza scientifica della norma e delle sue conseguenze sull’ambiente. Infatti, rispetto allo schema originariamente trasmesso dal Governo:
* viene aggiunta una definizione di gestione attiva che rende pericolosamente confusa la distinzione rispetto alla gestione sostenibile;
* viene tolto l’obbligo di utilizzo dell’ingegneria naturalistica per poter considerare le sistemazioni idraulico-forestali come attività di gestione forestale;

bosco in passato governato a ceduo
* viene considerata “buona pratica forestale”, meritevole di pagamento dei servizi ecosistemici (PSE), l’ordinaria gestione del bosco governato a ceduo (un’attività che, pur legittima e tradizionale su vaste superfici, è scientificamente scorretto poter considerare fornitrice di servizi ecosistemici in quanto non porta ad un incremento del capitale naturale e dei suoi servizi, ma porta anzi a perdita di suolo, a bassi livelli di potenzialità per gli habitat faunistici e ad emissione di CO2; in tal modo inoltre non si incentiva in alcun modo il passaggio a forme di selvicoltura più sostenibili, come la conversione ad alto fusto, diversamente da quanto nello spirito del testo originario);
* vengono incluse tra le compensazioni ambientali per eventuali disboscamenti le piantagioni di alberi in ambiente urbano, che nulla hanno a che vedere con gli ecosistemi naturali.
Per tutti questi motivi, riteniamo che il governo si assuma una gravissima responsabilità ad approvare il D.Lgs. in chiusura di legislatura, in assenza di un ampio e ponderato dibattito scientifico; chiediamo pertanto la sospensione dell’iter del decreto, o in subordine che esso venga riveduto tenendo conto di quanto espresso sopra.

Pettirosso (Erithacus rubecula)
primi firmatari
Alessandro Chiarucci – Professore Ordinario di Botanica Ambientale e Applicata – Università degli Studi di Bologna
Goffredo Filibeck – Ricercatore Universitario di Botanica Ambientale e Applicata – Università degli Studi della Tuscia
Gianluca Piovesan – Professore Ordinario di Assestamento Forestale e Selvicoltura – Università degli Studi della Tuscia
Bartolomeo Schirone – Professore Ordinario di Assestamento Forestale e Selvicoltura – Università degli Studi della Tuscia

bosco e girasoli
(foto E.R., A.L.C., S.D., archivio GrIG)