Il 26 aprile 1986 il reattore n. 4 della centrale nucleare centrale nucleare V.I. Lenin vicino alla città di Chernobyl, nell’Ucraina settentrionale, in Unione Sovietica, esplode e s’incendia.
Dopo un’iniziale reticenza, le autorità sovietiche sono costrette ad ammettere l’incidente.
Uno dei due incidenti nucleari classificati come catastrofici con il livello 7, il massimo della scala INES dell’IAEA, insieme a quello avvenuto nella centrale di Fukushima Dai-ichi (Giappone) nel marzo 2011.
Come il Cielo volle, l’incendio venne spento, il reattore venne incapsulato in colate di cemento, l’intera area per centinaia di chilometri quadrati venne evacuata e lo è tuttora.
Non si sa quanti morti e malati vi siano stati, vi siano e vi saranno a causa dell’incidente nucleare. Le stime altro non sono che stime, visto che non sono state effettuate affidabili ricerche epidemiologiche in proposito.
Migliaia, centinaia di migliaia. Come a Fukushima.
E le radiazioni continueranno a uccidere per un bel pezzo.
Quanto accaduto non poteva accadere e ha mandato al diavolo qualsiasi previsione compatibilista sul rischio nucleare.
Non dimentichiamolo, mai.
Gruppo d’Intervento Giuridico
(foto da mailing list ecologista)
