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Per salvaguardare l’ambiente e avere l’energia che ci serve bisogna cambiare registro.

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Appennino Umbro-Marchigiano, Monte dei Sospiri dopo la realizzazione della locale centrale eolica (2016)

Quanto sta accadendo nel Bel Paese in materia di proliferazione ad mentula canis degli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili – eolica e fotovoltaica in particolare – merita un vero e proprio radicale cambiamento di approccio e di metodologia.

Lasciare che siano gli interessi privati speculativi a decidere la politica energetica e della gestione del territorio è una vera e propria follìa, ma è quello che sta accadendo, anche con il sostegno di parte del mondo ambientalista.

Cosa ben diversa sarebbe se fosse lo Stato a pianificare in base ai reali fabbisogni energetici le aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), mettesse a bando di gara i siti al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica.

Nell’ambito della pianificazione devono rientrare procedure e premialità per il risparmio, la conservazione e l’efficienza energetica, nonché procedure giuridicamente vincolanti per la progressiva dismissione degli impianti di produzione energetica da fonti fossili.

Siamo ancora in tempo per cambiare registro.

In meglio, naturalmente.

Portoscuso, zona industriale di Portovesme, centrale termoelettrica Enel

Di quanta energia ha bisogno l’Italia?

Il consumo di energia elettrica annuo in Italia è stato di 319.9 TWh (terawattora), secondo i dati TERNA (2021), per l’86,6% di produzione nazionale, per il restante 13,4% di importazione dall’Estero: “la produzione nazionale lorda è stata pari a 289,1 TWh, registrando un +3,0% rispetto al 2020. In dettaglio la produzione nazionale è stata coperta per il 59,0% dalla produzione termoelettrica non rinnovabile (in aumento del 5,5% rispetto al 2020), per il 16,4% dalla produzione idroelettrica (-4,1% rispetto al 2020) e per il restante 24,6% dalle fonti eolica, geotermica, fotovoltaica e bioenergie (eolica +11,5%, fotovoltaica +0,4%, geotermica -1,9% e bioenergie -2,9% rispetto al 2020)”.

Complessivamente gli impianti di produzione energetica hanno una potenza lorda installata pari a 119,8 GW (2021), assolutamente sufficiente per le necessità nazionali, che, in media, necessitano di 38,1 GW di potenza lorda installata.  La potenza lorda installata termoelettrica è pari a 61,9 GW (51,6%), quella da fonti rinnovabili è pari a 58,0 GW (48,4%).

In aumento (+ 8,0%) l’autoconsumo (30,7 TWh), in aumento i sistemi di accumulo energetico (+ 90% rispetto al 2020), sebbene tuttora molto modesti, con una potenza attiva nominale complessiva di soli 407,1 MW.

Fenicotteri rosa (Phoenicopterus roseus) in volo e centrale eolica

Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e Clima (PNIEC).

L’Italia si è dotata di un Piano Nazionale Integrato per Energia e Clima (PNIEC) per affrontare le emergenze climatiche ed energetiche. Il Piano si struttura in cinque linee d’intervento integrate: dalla decarbonizzazione all’efficienza e sicurezza energetica, passando attraverso lo sviluppo del mercato interno dell’energia, della ricerca, dell’innovazione e della competitività.  L’obiettivo è quello di realizzare una nuova politica energetica che assicuri la piena sostenibilità ambientale, sociale ed economica del territorio nazionale e accompagni tale transizione.

Il PNIEC 2030, in attuazione del Regolamento europeo n. 2018/1999 sulla governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima, è in corso di elaborazione, tuttavia nel mentre le richieste private di nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili crescono esponenzialmente, in assenza di alcuna reale ed efficace pianificazione.

Infatti, a prescindere da necessità ed effettivo utilizzo, produrre energia da fonti rinnovabili conviene, perché – a parte le cospicue forme di incentivi – l’energia prodotta deve essere acquistata e pagata dal gestore unico della Rete (cioè lo Stato, cioè la Collettività di tutti noi).

Castell’Azzara, colline

Il land grabbing di casa nostra.

A chi interessa parlare di land grabbing in Marmilla o a Montalto di Castro?

Il fenomeno crescente del land grabbing – l’accaparramento di terreni a uso agricolo, pascolativo o boschivo – viene generalmente collocato nell’Africa sub sahariana, in Asia, nell’America Latina e riguarda la pratica di acquisire in proprietà, in affitto o in concessione vaste estensioni di territorio da parte di società di capitali, governi o anche singoli imprenditori con la finalità di destinarli a un utilizzo esclusivo a fini produttivi.

Non vi sono molti dubbi sul fatto che ponga in pericolo la tutela degli interessi nazionali dei vari Paesi alla sovranità e alla sicurezza nel campo dell’approvvigionamento alimentare, in quanto le popolazioni locali perdono il controllo delle risorse naturali del proprio territorio, in particolare i terreni agricoli e boschivi, nonché l’acqua.

Il land grabbing è giustamente fortemente criticato e avversato in campo economico e sociale.

Memorabile la trasmissione “Corsa alla terra” di Report (18 dicembre 2011) con cui Milena Gabanelli, allora conduttrice, fece conoscere il fenomeno agli Italiani.   

Ma tante sacrosante contestazioni avverso il land grabbing nei Paesi del Terzo Mondo e un assordante silenzio su quanto sta accadendo in Italia, dove ampie zone stanno ormai perdendo le loro caratteristiche naturalistiche, agricole, storico-culturali, la stessa identità, ad opera dell’accaparramento dei terreni per l’installazione di centrali eoliche e fotovoltaiche da parte di società energetiche.

Altrettanto memorabile la puntata di Report I Fossilizzati (17 aprile 2016) si era trasformata in uno spot del servizio pubblico per i progetti di centrali solari termodinamiche del Gruppo Angelantoni da realizzarsi nelle campagne sarde piuttosto che nelle estese aree industriali dismesse, dove il sole batte ugualmente: espropri e calci in culo agli indigeni, insomma land grabbing di casa nostra, senza che ciò meritasse un minimo cenno.

No, queste cose non si devono raccontare agli Italiani, perché deve imperare la vulgata in favore della speculazione energetica.

Eppure avviene da tempo anche in Europa, anche in Italia.

I terreni agricoli vengono affittati, comprati, espropriati per realizzarvi centrali eoliche e fotovoltaiche.

Decine e decine di migliaia di ettari di terreni agricoli, pascoli, boschi spazzati via, paesaggi storici degradati, aziende agricole sfrattate, questo sta diventando il panorama in larghe parti della Sardegnain Puglianella Tusciain Sicilia.

Fanno sorridere le dichiarazioni in favore di una moratoria relativa a ulteriori centrali eoliche e fotovoltaiche nel territorio regionale del nuovo Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, mentre la stessa Regione Lazio approva l’ennesima centrale fotovoltaica nella Tuscia, a Tarquinia. Altri 6 ettari e mezzo di terreno agricolo mangiati.

E sono più di 7 mila gli ettari fatti fuori dalla speculazione energetica negli ultimi anni in un territorio che negli ultimi anni è sempre stato ai non invidiabili vertici nazionali per il consumo del suolo per abitante (rapporto ISPRA sul consumo del suolo 2019), 1,91 metri quadri per residente rispetto alla media regionale di 0,47 e nazionale di 0,80.

Consumo del suolo che va in direzione opposta agli obiettivi tanto decantati della transizione ecologica.

Consumo del suolo che nemmeno risolve i problemi di un fabbisogno energetico neppure adeguatamente verificato.

Land grabbing di casa nostra.

Forze politiche, intellettuali, gran parte dell’informazione, una bella fetta dello stesso mondo ambientalista ormai adepto senza se e senza ma della divinità eolica e fotovoltaica se ne fregano completamente.

In Marmilla, oggetto ormai di numerosi progetti di centrali eoliche con decine e decine di aerogeneratori alti più di 200 metri, il fenomeno è incombente.

Ma parlare di land grabbing in Marmilla o a Montalto di Castro non è cool.

Montalto di Castro, terreni agricoli occupati da impianti fotovoltaici (da Google Earth)

Le (poche) efficaci norme di salvaguardia.

Fra le poche efficaci norme di salvaguardia del territorio e dei suoi valori ambientali, storico-culturali, naturalistici, in attesa dell’individuazione delle c.d. aree idonee e aree non idonee in base a linee guida nazionali (art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021), c’è la fascia di rispetto estesa tre chilometri dal limite delle zone tutelate con vincolo culturale e/o con vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), posta dall’art. 47 del decreto-legge n. 13/2023 (c.d. decreto PNRR) convertito con integrazioni e modificazioni nella legge n. 41/2023

Ci sono anche le norme e la disciplina del piani paesaggistici, nelle parti in cui essi hanno efficacia immediata e cogente, nonché i piani di gestione delle aree naturali protette rientranti nella Rete Natura 2000.

Davvero poca roba.  

Sardegna, piano paesaggistico regionale (P.P.R.), Baratz e Porto Ferro

I motivi del “no” al Far West energetico in Sardegna.

A neuroni funzionanti e liberi, essere a favore dell’energia prodotta da fonti rinnovabili non vuol dire avere ottusi paraocchi, non vuol dire aver versato il cervello all’ammasso della vulgata dell’ambientalismo politicamente corretto.

E’ proprio il caso della trasformazione della Sardegna in piattaforma produttiva destinata alla servitù energetica, come esplicitato chiaramente da Terna s.p.a. e avallato dall’allora Ministro della Transizione Ecologica Antonio Cingolani.

Qualche sintetica considerazione.

L’amministratore delegato del Gruppo ENEL Francesco Starace, circa un anno e mezzo fa ha affermato che lo “scenario ipotizza l’installazione, a Thyrrenian link in esercizio, di un gigawatt di batterie e circa 4/5 gigawatt di potenza di rinnovabili in più rispetto a quanto abbiamo adesso. Oltre agli ovvi benefici ambientali, come la scomparsa di fatto dell’anidride carbonica prodotta dalle fonti fossili, un piano del genere svilupperebbe investimenti sull’intera filiera da qui al 2030 di 15 miliardi di euro, un indotto più che doppio e una occupazione tra i 10 e i 15mila addetti qualificati e specializzati”.

centrale fotovoltaica in area agricola

A oggi in Sardegna non esiste una rete nemmeno decente di impianti di conservazione dell’energia prodotta, si sono solo alcuni progetti approvati e solo uno è entrato recentemente in funzione (il più modesto, ad Assemini):

* un sistema di accumulo a batterie – BESS (Sulcis BESS 1), con potenza 122 MW recentemente approvato all’interno della centrale elettrica ENEL di Portoscuso (decreto direttoriale Ministero Ambiente e Sicurezza Energetica n. 55/03/2023 del 3 aprile 2023);

* un sistema di accumulo a batterie (BESS) denominato Codrongianos BESS 2 (Enel Green Power Italia s.r.l.) avente potenza di circa 140 MW (decreto direttoriale Ministero Ambiente e Sicurezza Energetica n. 55/05/2023 dell’11 maggio 2023);

* un impianto di accumulo elettrochimico da realizzarsi nel Comune di Selargius (CA), avente potenza nominale 150 MW, con collegamento AT alla SE Terna di Selargius (decreto direttoriale n. 55/13/2023 del 15 giugno 2023),;

* un sistema di accumulo a batterie (BESS) fino a 40 MW di potenza all’interno della centrale termoelettrica Enel Produzione s.p.a. di Assemini (decreto direttoriale Ministero Ambiente e Sicurezza Energetica n. 55/15/2021 del 12 ottobre 2021), unico operativo al giugno 2023.

California, deserto del Mojave, centrale solare termodinamica

In Sardegna, se fossero approvati tutti i progetti di centrali per la produzione di energia da fonti rinnovabili, vi sarebbe un’overdose di energia prodotta, pagata dallo Stato, ma inutilizzabile.

Con la realizzazione del Thyrrenian Link, il nuovo doppio cavo sottomarino di Terna s.p.a. con portata 1000 MW, 950 chilometri di lunghezza complessiva, da Torre Tuscia Magazzeno (Battipaglia – Eboli) a Termini Imerese, alla costa meridionale sarda.   Dovrebbe esser pronto nel 2027-2028, insieme al SA.CO.I. 3, l’ammodernamento e potenziamento del collegamento fra Sardegna, Corsica e Penisola con portata 400 MW, che rientra fra i progetti d’interesse europeo.

Al termine dei lavori, considerando l’altro collegamento già esistente, il SA.PE.I. con portata 1000 MW, la Sardegna avrà collegamenti con una portata complessiva di 2.400 MW.  Non di più.

Pur non disponendo di dati ufficiali aggiornati, si può fare qualche considerazione in merito.

TERNA, progetti di centrali eoliche offshore presentati (2021)

In Sardegna, al 20 maggio 2021, risultavano presentate ben 21 istanze di pronuncia di compatibilità ambientale di competenza nazionale o regionale per altrettante centrali eoliche, per una potenza complessiva superiore a 1.600 MW, corrispondente a un assurdo incremento del 150% del già ingente comparto eolico “terrestre” isolano. 

Complessivamente dovrebbero esser interessati più di 10 mila ettari di boschi e terreni agricoli da. un’ottantina di richieste di autorizzazioni per nuovi impianti fotovoltaici.

Le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 31 agosto 2021 risultavano complessivamente pari a 5.464 MW di energia eolica + altri 10.098 MW di energia solare fotovoltaica, cioè 15.561 MW di nuova potenza da fonte rinnovabile, a cui devono sommarsi i venti progetti per centrali eoliche offshore finora presentati, che dichiarano una potenza pari a 13.890 MW.

In tutto sono 29.451 MW, cioè più di quindici volte i 1.926 MW esistenti (1.054 MW di energia eolica + 872 di energia solare fotovoltaica, dati Terna, 2021).

Significa energia che non potrà essere tutta utilizzata in Sardegna, non potrà esser trasferita verso la Penisola, non potrà essere conservata.  

Lo scorso 7 giugno 2023 l’Assessore della Difesa dell’Ambiente della Regione autonoma della Sardegna Marco Porcu ha dichiarato in audizione presso la Commissione permanente “Attività produttive” del Consiglio regionale che “sono circa 300 le richieste presentate dalle società energetiche a ministero e Regione per la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili … Ne arrivano circa 30/40 a settimana”.

Significa energia che dovrà esser pagata dal gestore unico della Rete (cioè soldi che usciranno dalle tasse dei contribuenti.

Gli unici che guadagneranno in ogni caso saranno le società energetiche.

Vogliamo cambiare registro una buona volta?

In meglio, naturalmente.

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

qui il sito Econnextion (Terna s.p.a.), la mappa delle connessioni rinnovabili.

centrale eolica

(foto A.L.C., E.R., S.D., archivio GrIG)


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