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Perché ancora “questa” produzione di alluminio inquinante e costosa?

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Portoscuso, zona industriale di Portovesme, striscione operai Allumina

Portoscuso, zona industriale di Portovesme, striscione operai Allumina

anche su Il Manifesto Sardo, n. 207, 16 gennaio 2016

 

Il 30 dicembre 2015 si è conclusa la conferenza di servizi presso la Regione autonoma della Sardegna nell’ambito del procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) relativo al “Progetto di ammodernamento della raffineria di produzione di allumina ubicata nel Comune di Portoscuso, ZI Portovesme (CI)” da parte della Eurallumina s.p.a.    

In buona sostanza, si è trattato dello snodo fondamentale per far ripartire la produzione di alluminio primario e del connesso ciclo dell’alluminio nel polo industriale di Portovesme, a Portoscuso, nella zona della crisi economica e sociale del basso Sulcis.

Così ne parla la Regione nel proprio sito web istituzionale, in perfetto politichese:

Eurallumina, conclusa la conferenza di servizi con soddisfazione delle parti.

Ampia soddisfazione è stata espressa dalle parti per l’impegno profuso dagli uffici regionali e in particolare per il rispetto dei tempi procedurali. Vista la complessità del progetto presentato è stata fatta richiesta all’azienda di integrare la documentazione.

Cagliari, 31 dicembre 2015 – Nel Palazzo della Regione di viale Trento è terminata, ieri sera, la Conferenza di Servizio per il procedimento di valutazione ambientale necessario per gli interventi di ripresa produttiva dello stabilimento di Eurallumina. 

Ampia soddisfazione è stata espressa dalle parti per l’impegno profuso dagli uffici regionali e in particolare per il rispetto dei tempi procedurali. Vista la complessità del progetto presentato è stata fatta richiesta all’azienda di integrare la documentazione”.

Portovesme, bacino "fanghi rossi" bauxite (foto Raniero Massoli Novelli, 1980)

Portovesme, bacino “fanghi rossi” bauxite (foto Raniero Massoli Novelli, 1980)

Centinaia, migliaia di lavoratori del polo dell’alluminio e dell’indotto, i sindacati hanno salutato l’evento con grande soddisfazione, dopo mesi di manifestazioni e di proteste.

I polmoni degli abitanti di Portoscuso e dei centri vicini, compresi quelli dei lavoratori e dei loro figli, sono invece molto meno contenti.

Significa che potrebbe crescere il già pesante livello di inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo. Basti pensare a 1,5 milioni di tonnellate annue di “fanghi rossi” (lo scarto della lavorazione della bauxite).

Insomma, con la nuova centrale ripartirebbe l’Eurallumina, ripartirebbe di seguito l’Alcoa e centinaia di operai riprenderebbero il lavoro. Sempre che la magistratura provveda al completo dissequestro del bacino “fanghi rossi” e la proprietaria United Company Rusal Limited decida di affrontare i necessari investimenti.  Però, ambiente e salute ne risentirebbero, in qualche forma (agevolazioni fiscali, sostegni diretti, ecc.) per l’ennesima volta l’industria molto probabilmente sarebbe sostenuta da ingenti fondi pubblici.     E non poco.

Il tutto fino alla prossima “crisi”.

Infatti, l’intero territorio comunale di Portoscuso rientra nel sito di interesse nazionale (S.I.N.) per le bonifiche ambientali del Sulcis-Iglesiente-Guspinese (D.M. n. 468/2001).       I siti di interesse nazionale, o S.I.N., come noto, rappresentano delle aree contaminate molto estese classificate fra le più pericolose dallo Stato.   Necessitano di interventi di bonifica ambientale del suolo, del sottosuolo e/o delle acque superficiali e sotterranee per evitate danni ambientali e sanitari.   I S.I.N. sono stati definiti dal decreto legislativo n. 22/1997 e s.m.i. (decreto Ronchi) e nel D.M. Ambiente n. 471/1999, poi ripresi dal decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i. (Codice dell’ambiente), il quale ne stabilisce l’individuazione “in relazione alle caratteristiche del sito, alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell’impatto sull’ambiente circostante in termini sanitari e ecologici nonché di pregiudizio per i beni culturali e ambientali”. Caratteristica fondamentale relativa alle aree ricadenti nei S.I.N. è la necessità che i carichi inquinanti diminuiscano anziché aumentare.

Portoscuso, zona industriale di Portovesme, impianti Alcoa

Portoscuso, zona industriale di Portovesme, impianti Alcoa

Fin d’ora, la situazione ambientale/sanitaria dei residenti di Portoscuso, in particolare della fascia infantile, è già al limite del collasso.

Nel gennaio 2012 (nota stampa ASL n. 7 del 23 gennaio 2012) così avvertiva un comunicato stampa dell’A.S.L. n. 7 di Carbonia, in seguito a comunicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero dell’ambiente: “…si ritiene necessario informare la popolazione di Portoscuso di fare in modo di differenziare la provenienza dei prodotti ortofrutticoli da consumare per la fascia di età dei bambini da 0 a 3 anni. Occorre perciò fare in modo che in questa fascia di età non siano consumati esclusivamente prodotti ortofrutticoli provenienti dai terreni ubicati nel Comune di Portoscuso. Già nel 2008 l’Università di Cagliari (Dipartimento Sanità pubblica, Medicina del lavoro) nel corso di una ricerca (Plinio Carta, Costantino Flore) affermò chiaramente la sussistenza di deficit cognitivi in un campione di bambini di Portoscuso, dovuto a valori di piombo nel sangue superiori a 10 milligrammi per decilitro (vds. “Environmental exposure to inorganic lead and neurobehavioural tests among adolescents living in the Sulcis-Iglesiente, Sardinia” in Giornale italiano di medicina del lavoro ed ergonomia, 15 aprile 2008, in http://www.biowebspin.com/pubadvanced/article/18409826/#sthash.kjkUGkfA.dpuf). La letteratura medica, infatti, indica un’associazione inversa statisticamente significativa tra concentrazione di piombo ematico e riduzione di quoziente intellettivo, corrispondente a 1.29 punti di QI totale per ogni aumento di 1 µg/dl di piomboemia (sulla tossicità del piombo vds. http://www.phyles.ge.cnr.it/htmlita/tossicitadelpiombo.html).

Il Rapporto S.E.N.T.I.E.R.I. – studio epidemiologico, Ministero della salute, S.I.N. Sulcis-Iglesiente-Guspinese (2012) ha evidenziato un pesantissimo rischio per la salute, fra cui un “rischio osservato di circa 500 volte l’atteso … per tumore della pleura fra i lavoratori del settore piombo-zinco (Enirisorse, ex Samin), un incremento di mortalità per tumore del pancreasfra i lavoratori del settore alluminio (Alcoa), mentre fra i “produttori di allumina dalla bauxite (Eurallumina) la mortalità per tumore del pancreas e per malattie dell’apparato urinario è risultata in eccesso”.

Portoscuso, zona industriale di Portovesme, centrale termoelettrica Enel

Portoscuso, zona industriale di Portovesme, centrale termoelettrica Enel

Ormai è la stessa catena alimentare a esser compromessa.

La Direzione generale dell’Azienda USL n. 7 di Carbonia aveva reso noto (nota prot. n. PG/201416911 dell’11 giugno 2014) che “gli esiti” dei monitoraggi condotti con la stretta collaborazione dell’I.S.P.R.A. e dell’Istituto Superiore di Sanità hanno portato alla “richiesta al Sindaco del Comune di Portoscuso di adozione di provvedimenti contingibili e urgenti che al momento consistono in:

* divieto di commercializzazione/conferimento del latte ovicaprino prodotto da sette allevamenti operanti sul territorio comunale con avvio a distruzione presso impianto autorizzato;

divieto di movimentazione in vita e di avvio a macellazione dei capi allevati presso le attività produttive del territorio, nelle more della effettuazione di verifiche  mirate sulla eventuale presenza di diossina nelle carni;

* permane il divieto di raccolta dei mitili e dei granchi nel bacino di Boi Cerbus;

*  permane divieto di commercializzazione e raccomandazione di limitazione del consumo di prodotti ortofrutticoli e vitivinicoli prodotti nel territorio”.

In poche parole, a Portoscuso non si può vendere il latte ovicaprino né fare allevamento ovicaprino, non si possono raccogliere mitili e crostacei, non si possono vendere frutta, verdura e vino, chi li consuma lo fa a rischio e pericolo.

Portoscuso, zona industriale di Portovesme, cartelli bonifica bacino "fanghi rossi"

Portoscuso, zona industriale di Portovesme, cartelli bonifica bacino “fanghi rossi”

Anche sotto il profilo energetico non emerge quella necessità di nuovi impianti produttivi, a fronte di un eccesso del 21,3% di energia prodotta in Sardegna rispetto al fabbisogno e già oggi esportata verso la Penisola e la Corsica (dati P.E.A.R.S., gennaio 2014), per giunta con impianti in progetto alimentati da combustibile fossile come il carbone, foriero di ulteriori emissioni di CO2 e di altri elementi non favorevoli al miglioramento qualitativo dell’aria e delle altre componenti ambientali, con indubbi riflessi sulla salute pubblica.

Quali alternative allora?

L’alluminio è materiale completamente riciclabile e riutilizzabile all’infinito per la produzione di oggetti anche sempre differenti.                       L’Italia (insieme alla Germania) è oggi il terzo Paese al mondo per la produzione di alluminio riciclato, dopo gli Stati Uniti e il Giappone.

Attualmente ben il 90% dell’alluminio utilizzato in Italia (il 50% nel resto dell’Europa occidentale) è alluminio riciclato e ha le stesse proprietà e qualità dell’alluminio originario: viene impiegato nell’industria automobilistica, nell’edilizia, nei casalinghi e per nuovi imballaggi.

Portoscuso, polo industriale di Portovesme

Portoscuso, polo industriale di Portovesme

La raccolta differenziata, il riciclo e recupero dell’alluminio apportano numerosi benefici alla Collettività in termini economici perché il riciclo dell’alluminio è un’attività particolarmente importante per l’economia del nostro Paese, storicamente carente di materie prime, in termini energetici, perchè permette di risparmiare il 95% dell’energia necessaria a produrlo dalla materia prima[1], nonchè sotto il profilo ambientale in quanto abbatte drasticamente le emissioni inquinanti e necessità di molte meno risorse naturali.

Nel 2014 in Italia sono state recuperate ben 47.100 tonnellate di alluminio, il 74,3% delle 63.400 tonnellate immesse nel mercato nello stesso anno: così sono state evitate emissioni inquinanti pari a 402 mila tonnellate di CO2 ed è stata risparmiata energia per oltre 173 mila tonnellate equivalenti petrolio (dati Consorzio Italiano Imballaggi Alluminio – CIAL, 2015).     Attualmente nel nostro Paese operano undici fonderie che trattano rottami di alluminio riciclato, con una capacità produttiva globale di circa 846 mila tonnellate di alluminio secondario (2014), un fatturato complessivo di oltre 1,57 miliardi di euro e circa 1.500 lavoratori occupati nel settore.

Per quale curioso motivo non si punta alla trasformazione del polo industriale dell’alluminio di Portovesme in polo produttivo dell’alluminio riciclato (raccolta, riciclo e riutilizzo, nuovi prodotti): i posti di lavoro sarebbero conservati, i costi di produzione diminuirebbero, l’ambiente e la salute di residenti e lavoratori finalmente ne avrebbero benefici, infine si smetterà di buttar via soldi pubblici per iniziative industriali fuori mercato da tempo.

La Regione e i sindacati non han nulla da dire in proposito?

Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

 

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[1] la produzione di un kg. di alluminio di riciclo ha un fabbisogno energetico (0,7 kwh) che equivale solo al 5% di quello di un kg. di metallo prodotto a partire dal minerale (14 kwh).

 

a Portoscuso si deve vivere così?!

a Portoscuso si deve vivere così?!

 

(foto Raniero Massoli Novelli, S.D., archivio GrIG)



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