La vicenda dei Mufloni sulle Isole dell’Arcipelago Toscano appare proprio l’emblema della stupida presunzione umana nel voler fare il bello e il cattivo tempo in campo naturalistico.
In questi giorni, grazie a un accordo fra il Presidente dell’Ente Parco dell’Arcipelago Toscano Giampiero Sammuri e l’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, i residui esemplari di Muflone lasceranno l’Isola del Giglio per esser destinati ad alcune oasi sulla terraferma toscana ovvero finiranno in un recinto isolano.
Curiosamente il Presidente del Parco naturale regionale di Migliarino-San Rossore Lorenzo Bani si era proposto per l’acquisizione dei Mufloni dell’Isola del Giglio, pur avendo sulla coscienza ben 1.300 Daini (Dama dama) uccisi nel 2020.
Nessuna presenza in libertà, comunque.
Dovrebbe essere l’atto finale della presenza dell’ungulato nell’Arcipelago Toscano, dov’era stato introdotto a fini venatori nei decenni scorsi.
Con gli anni, senza nemici naturali a parte l’uomo, i Mufloni si sono moltiplicati con gli ovvi effetti sulla biodiversità, sulla vegetazione e sulle coltivazioni agricole.
Il Progetto LIFE Lestgo Giglio prevede il ristabilimento degli equilibri ecologici anche con l’allontanamento del Muflone dall’Isola del Giglio. Dalla primavera del 2021 sono stati già trasferiti sulla terraferma toscana 20 esemplari sui 70-80 viventi sull’Isola.
Ma da anni ci sono interventi sui Mufloni dell’Arcipelago: “in 25 anni di esistenza il parco dell’Arcipelago Toscano ha abbattuto 2100 mufloni tra Elba, Giglio e Capraia. Al Giglio in particolare 97 in 10 anni”.
La popolazione di Muflone (Ovis aries musimon),introdotto per scopi venatori[1] sull’Isola d’Elba, nel Comune di Marciana, negli anni ’80 del secolo scorso, si è riprodotta notevolmente: dopo l’adozione di diversi piani di cattura o abbattimento selettivo eseguiti negli anni scorsi – vi sarebbero tuttora 500-600 esemplari, con vari effetti negativi su vegetazione e colture agricole.
Il 30 maggio 2016 il Consiglio direttivo dell’Ente parco nazionale dell’Arcipelago Toscano ha deliberato un atto di indirizzo finalizzato alla predisposizione di un piano di completa eradicazione del Muflone dall’Isola d’Elba, in quanto specie non autoctona.
La situazione delle popolazioni originarie autoctone di Muflone della Sardegna e della Corsica, invece, non è delle migliori, tanto da esser tutelate con stringenti misure normative per la rarità[2]: in Sardegna si stimano complessivamente circa 6 mila esemplari sparsi in areali (Asinara, parte del Limbara, Capo Figari, Supramonte-Gennargentu, Tonneri, Monte Albo, Pabarile-Montiferru) limitati e non collegati fra loro (vds. I.S.P.R.A., Linee guida per la gestione degli Ungulati, 2013)[3], mentre in Corsica si stimano 400-600 esemplari, presenti soprattutto nelle riserve naturali di Bavella e di Asco.
Per venir incontro alle varie esigenze e per e, soprattutto, alla salvaguardia di una delle più caratteristiche e rilevanti specie selvatiche del Mediterraneo, il Gruppo d’Intervento Giuridico aveva coinvolto (3 giugno 2016) il Ministero dell’Ambiente, la Regione autonoma della Sardegna, la Comunità territoriale della Corsica, la Regione Toscana, l’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (I.S.P.R.A.), l’Ente Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano.
La proposta consisteva nella predisposizione – con il sostegno di fondi comunitari – di un vero e proprio piano di trasferimento dei Mufloni dall’Elba a idonee aree di reintroduzione in Sardegna e in Corsica. Un vero e proprio ritorno a casa.
Purtroppo, non ha avuto accoglimento favorevole.
Infatti, le risposte pervenute non sono state confortanti. Anzi.
L’I.S.P.R.A. ritiene (nota prot. n. 39341 dell’1 luglio 2016) che “oggi le maggiori minacce per il Muflone sardo sono rappresentate dal bracconaggio, dall’allevamento ovino allo stato brado e dal randagismo canino” e che “la conservazione del Muflone sardo debba essere perseguita in via prioritaria attraverso la rimozione delle principali minacce nell’areale sardo piuttosto che attraverso immissioni di soggetti provenienti da altre aree del Paese. Inoltre, un’eventuale traslocazione di esemplari dall’Arcipelago Toscano alla Sardegna richiederebbe un’attenta selezione dei soggetti da traslocare, sia in termini di rapporto classi di età e di sesso, sia assicurando l’idoneità sanitaria e genetica degli esemplari da traslocare”, riguardando un numero comunque ridotto di esemplari rispetto all’obiettivo dell’eradicazione o quantomeno forte riduzione, oggi prescritte dalle normative in materia (leggi n. 221/2015 e n. 116/2014, D.M. Ambiente 19 gennaio 2015).
La Regione autonoma della Sardegna – Assessorato della difesa dell’ambiente (Servizio tutela della natura e politiche forestali) ha comunicato (nota prot. n. 12887 del 4 luglio 2016) che “un’eventuale traslocazione di mufloni dall’Isola d’Elba non risulta un’opzione tecnicamente accettabile per la conservazione della popolazione sarda. Si sottolinea che un’eventuale immissione andrebbe preceduta dalla rimozione delle numerose minacce per la specie … che hanno un ruolo importante nell’impedire l’ulteriore incremento della consistenza e della distribuzione, e da un’attenta analisi genetica e sanitaria, che escluda rischi di effetti negativi sulla popolazione sarda”.
Lo stesso Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano ritiene (nota prot. n. 5353 del 30 giugno 2016) che non vi siano le condizioni per discostarsi dalle “operazioni in essere di drastica diminuzione, fino all’eradicazione, nelle isole dell’Arcipelago Toscano della specie aliena Ovis aries, minaccia per gli ecosistemi dell’area protetta, così come ribadito dalle norme in materia”. Le operazioni sono previste da uno specifico piano di gestione con parere favorevole I.S.P.R.A. e costituiscono “un obiettivo prioritario” per il Parco.
Le uniche speranze per i Mufloni dell’Arcipelago Toscano sono quindi riposte nel ricollocamento presso oasi e aree naturali protette della terraferma toscana.
L’alternativa è il piombo.
E tutto questo grazie alla decisione egoista e un po’ idiota di introdurli a fini venatori.
Magari s’imparasse qualcosa…
Gruppo d’Intervento Giuridico odv
[1]. L’idea era quella di far felici i cacciatori locali, così come accaduto in tante altre parti d’Italia (Appennino, Alpi), in Germania e nel resto dell’Europa centrale, nei Balcani e, addirittura, nelle Americhe.
[2] la popolazione originaria e autoctona sardo-corsa è specie faunistica tutelata dalla direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli Habitat naturali e semi-naturali, la fauna e la flora (allegati B, D), dalla Convenzione di Berna (1979, allegato III), dalla legge n. 157/1992 e s.m.i. (artt. 2, 30) e dalla legge regionale Sardegna n. 23/1998 e s.m.i. (artt. 48, 74).
[3] Secondo la Carta delle vocazioni faunistiche della Sardegna – Aggiornamento 2012, i Mufloni in Sardegna sarebbero poco più di 7.000.
(foto J.I., S.D., archivio GrIG)