Importante operazione dei Carabinieri Forestale contro una vera e propria organizzazione delinquenziale finalizzata al bracconaggio di pesci nei fiumi italiani.
Utilizzavano elettrostorditori per catturare senza fatica 5-600 chili di pesce alla volta.
In breve tempo, poi, Carpe e Siluri prendevano la strada del mercato illegale, anche all’Estero.
Tutto il nostro plauso e sostegno alle Forze di polizia ambientale impegnate contro il bracconaggio..
Gruppo d’Intervento Giuridico odv

da Il Messaggero, 19 settembre 2021
Po, allarme bracconieri: pesca con l’elettroshock. In 3 ore portate via 600 chili di carpe e siluri. (Giuseppe Scarpa)
L’acqua dei fiumi del nord Italia è frustata, percorsa da scariche elettriche. Carpe, siluri, temoli russi, lucioperca e carassi galleggiano moribondi. In mezza giornata i pesci, stipati in furgoncini, hanno già superato il confine e sono nei banchi dei mercati dell’est Europa. L’elettrostorditore, simile a un mega retino acchiappafarfalle, è l’arma usata dai bracconieri. È la pesca dei miracoli. In due, tre ore di lavoro, si raccolgono 500, 600 chili di pesce. Tutto illegale. Prenderli è un gioco da ragazzi. Come buttare il phon in una vasca da bagno, così si spezzano vite e si incassano soldi facili. In media 1.500 euro in 180 minuti da dividere tra i vari componenti della banda.
LE BANDE
Le cellule dei pescatori di frodo sono composte da tre persone. Più un capo clan che gestisce da dietro le quinte lo stoccaggio e il trasporto della merce. Questi gruppi si stima che ad oggi, in Italia, siano una ventina, per un totale di novanta persone. Basta fare i conti per capire il business generato e il colpo fatale inferto a madre natura. Milioni di euro all’anno e tonnellate di pescato.
Un fenomeno che negli ultimi anni è stato ridimensionato, l’inchiesta Gold River dei carabinieri forestali, ad agosto del 2020, ha chiesto il rinvio a giudizio di diverse persone per bracconaggio ittico, maltrattamento di animali e frode in commercio. «Basti pensare che nel 2016 si contavano, nel nostro Paese, quasi 400 bracconieri, adesso sono meno di un centinaio. Ovviamente monitoriamo e contiamo di estirpare questa pratica definitivamente.
Siamo sulla buona strada», spiega uno dei più esperti investigatori in tema di pesca di frodo, Stefano Testa tenente colonnello della sezione operativa antibracconaggio dei militari dell’Arma. L’indagine aveva permesso di scoprire ciò che accadeva in un sito protetto del Parco Regionale Veneto del Delta del Po. Una pesca che aveva causato un deterioramento dell’habitat acquatico, fatto crollare l’ittiofauna e creato danni irreparabili.
IL METODO
Ma non è solo il delta del Po a fare i conti con i pescatori di frodo. Fiumi, torrenti e laghi del nord Italia sono depredati da queste bande che planano dell’est Europa soprattutto in Lombardia, Emilia, Veneto e Piemonte. Ogni gruppo è composto da un autista e due pescatori, più un capo che rimane nell’ombra a gestire l’intera partita. Arrivano lungo gli argini, in zone isolate, nel cuore della notte.
Gonfiano il gommone, un tender, con il tubo di scappamento del furgone. Attaccano un terminale di plastica alla marmitta e pompano il gas nei tubolari del gommoncino accelerando con il motore per velocizzare la pratica. In due minuti calano il tender. Poi inizia la raccolta. Si usano i cavetti impiegati per ricaricare le auto in panne.
Una pinza si attacca al polo negativo di una batteria di macchina da 100 ampere e poi viene messa l’altra estremità a mollo nell’acqua. Il morsetto positivo è invece agganciato al mega retino. È questo un elettrostorditore artigianale. Lo strumento viene passato sotto la superfice del fiume e rilascia delle scariche elettriche. I pesci sono attirati dentro la rete. Attratti da una forza magnetica. «Il pesce – spiega il tenente colonnello Testa – corre lungo la linea di forza e viene raccolto. L’altro sale a galla e viene recuperato successivamente».
LA LAVORAZIONE
Ecco che in tre ore il tender fa fatica a stare a galla, straborda di carpe, siluri, temoli russi, lucioperca e carassi: 600 chili. A questo punto scaricano il bottino a terra, sgonfiano il gommone e stipano tutto dentro il furgone. Poi si dirigono verso dei casolari sperduti, sempre in nord Italia. Qui avviene una prima sommaria lavorazione. «Stoccano il pescato, lo lavorano lontano da occhi indiscreti e lo stesso odore non attira nessuno», aggiunge Testa.
È la penultima tappa. L’intero processo viene seguito da un capo che governa due o più cellule. Poi la merce, immersa in cassette di ghiaccio, viene mandata illegalmente in est Europa o in qualche mercatino in Italia, frequentato da romeni, ucraini, ungheresi e indiani. Nell’export, spesso, entrano in gioco complici italiani. Il loro ruolo è fornire le false certificazioni per i prodotti ittici.
da Rovigo in diretta, 24 agosto 2021
Presi i pirati del Po che facevano strage di pesce.
Sequestri a Taglio di Po e a Goro, sigilli alle auto e alle case dei bracconieri.
TAGLIO DI PO – Nella mattinata di domenica 23 agosto, personale del Gruppo Carabinieri Forestali di Rovigo e delle Stazioni dipendenti, a conclusione dell’operazione denominata “Gold River”, tesa a contrastare il fenomeno del bracconaggio ittico, dava esecuzione ad un’Ordinanza del Tribunale di Rovigo con la quale veniva disposto il sequestro preventivo di due immobili destinati alla lavorazione e stoccaggio di pesce d’acqua dolce, uno sito in Comune di Taglio di Po ed uno in comune di Goro e di n. cinque veicoli destinati al trasporto di prodotto ittico.
“Si tratta – spiega la nota stampa dei carabinieri forestali – della conclusione di un’ampia ed articolata operazione di Polizia giudiziaria, iniziata a luglio dell’anno scorso e culminata a marzo-aprile di quest’anno (in pieno lock down dovuto all’emergenza virus Covid19), nel corso della quale, grazie ad una intensa attività di osservazione, controllo e pedinamento, svolta a seguito dei primi sequestri effettuati a luglio dell’anno scorso e le seguenti perquisizioni compiute successivamente, venivano monitorate numerose spedizioni di prodotto, nonché i metodi con i quali la fauna ittica veniva catturata, conservata e tracciata”.
“Nel corso dell’indagine si appurava, anche grazie alla collaborazione dell’Istituto Zooprofilattico di Ferrara e del Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione dell’Università di Padova, intervenuti nella vicenda in qualità di Autorità scientifiche su numerosi campionamenti di prodotto ittico effettuati dalla Polizia Giudiziaria, che la fauna ittica commercializzata, perlopiù delle specie Carpa e Siluro, appariva catturata con l’ausilio della corrente elettrica, pratica vietata dalle norme penali nazionali attinenti la pesca professionale ed il maltrattamento degli animali; non sono comunque mancati anche casi in cui i pescatori sono stati sorpresi in flagranza di questa condotta delittuosa, ovverosia con l’elettrostorditore ‘in mano’ o a bordo dei veicoli utilizzati nel corso delle battute di pesca”.
“Veniva poi accertata la predisposizione di tutta una serie di documentazione falsa in merito alla rintracciabilità del prodotto ittico, il cui scopo era regolarizzare artificiosamente il pesce catturato da pescatori di frodo in luoghi sconosciuti, fattispecie delittuosa che consentiva di configurare la frode in commercio in quanto la norma prevede che debba essere chiara oltre che l’origine anche la provenienza dell’alimento”.
“Particolarmente pericolosa per la salute umana è stato poi l’accertamento che ha consentito di dimostrare come gli indagati si fossero prodigati per commercializzare del prodotto ittico sequestrato sanitariamente dal personale del Servizio Veterinario in quanto non idoneo al consumo umano e del quale era stata disposta la distruzione, anche questa fattispecie delittuosa consentiva di configurare violazioni di carattere penale, in particolare, aver commercializzato sostanze destinate all’alimentazione pericolose per la salute pubblica”.
“Considerato inoltre che l’utilizzo di apparati elettrostorditori veniva accertato anche in particolari tratti del Fiume Po ricadenti all’interno del Parco Regionale Veneto del Delta del Po, in ragione del fatto che trattasi di una forma di cattura che per ovvi motivi colpisce in maniera indiscriminata tutti gli esseri viventi presenti nell’area oggetto delle battute di pesca effettuate con l’ausilio delle scariche di corrente elettrica, si contestava anche il fatto di aver pregiudicato la popolazione acquatica e deteriorato l’habitat all’interno di un sito protetto, compromettendone lo stato di conservazione ambientale”.
“Gli elementi raccolti dalla Polizia giudiziaria consentivano infine alla Procura della Repubblica di Rovigo, nella figura del sostituto procuratore Sabrina Duò, di configurare l’associazione a delinquere a carico di n. tre soggetti di origine rumena, due residenti in comune di Taglio di Po ed uno residente ad Argenta. Questa tesi veniva accolta dal Giudice per le indagini preliminari intervenuto nella vicenda, Pietro Mondaini il quale disponeva i sequestri degli immobili e dei veicoli utilizzati dagli indagati”.
“Nella vicenda risultano anche implicati, ed iscritti nel registro degli indagati a vario titolo, altri quattordici soggetti, tredici di nazionalità rumena ed uno di nazionalità ungherese, parte dei quali, cinque individui di nazionalità rumena, collaborava strettamente con i vertici dell’associazione criminale sia fornendo prestazioni di carattere lavorativo sia offrendo la propria collaborazione nella predisposizione di documentazione falsa, il cui scopo era quello di “regolarizzare” il prodotto ittico illecitamente catturato e soprattutto privo di rintracciabilità”.
Nella sostanza si tratta di un durissimo colpo inferto ai vertici di una organizzazione criminale dedita da molti anni alla pesca di frodo in mezza Italia (si evidenzia che le battute di pesca non avvenivano solo in Polesine e nelle vicine provincie di Venezia e Ferrara, ma anche a Ravenna e nel Mantovano fin poi ai laghi di origine vulcanica del Lazio: Trasimeno e Bolsena ed a quelli di origine glaciale del Piemonte: laghi di Avigliana), il cui giro d’affari si attestava sulle decine di migliaia di Euro mensili, che nel corso del tempo aveva anche sviluppato un centro di potere proprio a Taglio di Po, dove vive in maniera stabile il soggetto a capo dell’organizzazione criminale che fungeva da collettore principale del prodotto ittico illegalmente catturato (pesca con l’ausilio della corrente elettrica) e/o illegalmente commercializzato (mancanza di rintracciabilità), il quale aveva instaurato rapporti commerciali con uno dei più grossi importatori di pesce fresco rumeni che, in ultima analisi, commercializzava in questo paese del prodotto ittico di provenienza ignota e catturato con metodi illegali.
In merito a tale ultimo aspetto si segnala che si è riusciti a documentare anche una serie di raggiri circa i CMR (lettera di vettura internazionale), ad hoc predisposti ed “addomesticati” in modo tale da poter “ripulire” la provenienza del prodotto ittico una volta giunto in Romania.
A margine si vuole evidenziare infine che nel corso delle indagini, oltre alle condotte sopra descritte, sono stati osservati anche altri comportamenti antisociali, trai i quali, qui si vuole evidenziare il mancato ripetuto rispetto delle regole imposte dal lock down dovuto all’emergenza COVID-19 che ha portato alla contestazione di sanzioni di carattere amministrativo anche recidive.
(foto Carabinieri Forestale, S.D., archivio GrIG)