In materia di tutela paesaggistica è previsto – a differenza di quanto in materia urbanistico-edilizia – il c.d. ravvedimento operoso, se non per valutare eventuali attenuanti generiche in sede di quantificazione della pena.
La recente politica legislativa ha privilegiato il conseguimento dell’obiettivo del ripristino ambientale attraverso analogamente il c.d. ravvedimento operoso nei reati ambientali, sia per l’ottenimento di attenuanti (art. 192 del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i. per la bonifica di aree inquinate, vds. Cass. pen., Sez. III, 30 marzo 2010, n. 12446), sia per la medesima estinzione del reato (art. 181, comma 1 quinques, del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i. per la violazione del vincolo paesaggistico/ambientale, vds. Cass. pen., Sez. III, 8 febbraio 2013, n. 6298), a patto che l’effettivo ripristino ambientale dei luoghi sia stato effettuato dal trasgressore prima della realizzazione d’ufficio da parte della pubblica amministrazione o prima della sentenza di condanna penale.
Tuttavia, la Corte di cassazione, con la sentenza Sez. III, 26 ottobre 2015, n. 42798, ha opportunamente ricordato che lo spontaneo ripristino ambientale estingue solo il reato previsto dall’art. 181, comma 1°, del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i., che contempla l’ipotesi generica (“Chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici”), non quella di maggior gravità, riguardante le aree individuate con provvedimenti specifici e gli aumenti volumetrici abusivi superiori al 30% della volumetria originaria (o mc. 750) o nuove costruzioni abusive superiori a mc. 1.000, prevista dal comma 1° bis (“La pena e’ della reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui al comma 1:
a) ricadano su immobili od aree che[, ai sensi dell’articolo 136,]per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori;
b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142 ed abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi”).
La non estensione dell’ipotesi estintiva del reato è stata anche confermata dall’ordinanza Corte cost. n. 144/2007.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
dalla Rivista telematica di diritto ambientale Lexambiente, 23 novembre 2015
Cass. Sez. III n. 42978 del 26 ottobre 2015 (Ud 8 lug 2015)
Pres. Fiale Est. Di Nicola Ric. Bozzo ed altri
Beni Ambientali. Spontanea rimessione in pristino.
La rimessione in pristino delle aree o degli immobili assoggettati a vincolo paesaggistico, spontaneamente eseguita dal trasgressore, per la sua natura eccezionale, estingue solo il reato previsto dal comma primo e non dal comma 1-bis, dell’art. 181 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.
qui la sentenza Cass. pen., Sez. III, 26 ottobre 2015, n. 42978.
(foto Benthos, S.D., archivio GrIG)
