
Cagliari, Via della Pineta, un giorno di ordinario traffico sull’orlo di una crisi di nervi.
Decine di veicoli bloccati in una strada ormai dalle carreggiata ridotta da parcheggi auto e piste ciclabili con cordoli di cemento larghi una quarantina di centimetri.
Cagliari, 155 mila residenti, cioè quanto un quartiere romano, una città dalle grandi attrattive naturalistiche e storico-culturali, tuttora a misura d’uomo, con una gestione del traffico veicolare da terzo mondo.
Oggi, se possibile, peggiorata con la realizzazione di chilometri di piste ciclabili in strade tutt’altro che ampie e, per giunta, con modalità che fan di tutto per far odiare incolpevoli bici e ciclisti.
Piste ciclabili evitate da parecchi ciclisti proprio per la loro intrinseca pericolosità.
Basti vedere gli ottusi cordoli in cemento pronti a rompere un bel po’ di ossa di malcapitati motociclisti (e di ciclisti stessi).
E se il risultato di tali lavori fosse, per pura ipotesi, dovuto a imperizia, negligenza nella progettazione o nella realizzazione?
Talvolta viene modificato in corsa, comunque niente paura, perché il lucroso lavoro pubblico potrà esser progettato o realizzato anche da cani (senza offesa per i veri cani a quattro zampe) senza alcun timore d’esser perseguiti.
Infatti, il Governo Conte, da buon avvocato degli italiani, sta per approvare una norma nell’ennesimo c.d. decreto-legge “semplificazioni” che prevede l’abrogazione della responsabilità per colpa grave in caso di danno erariale[1], soluzione folle e autolesionista (per gli interessi pubblici, beninteso) che ha già visto il Presidente della Corte dei conti appellarsi al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Rimanendo a Cagliari, per capirci, in assenza di responsabilità per colpa grave, il disastroso ripascimento della spiaggia del Poetto sarebbe rimasto completamente impunito.
Incapacità e negligenza in libertà, allora?
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
[1] secondo la giurisprudenza della Corte dei conti, la colpa grave va intesa come trascuratezza, da parte del dipendente pubblico, dei propri doveri istituzionali, che si sostanzia in condotte negligenti, imperite, imprudenti, superficiali o noncuranti in relazione all’applicazione di discipline normative; essa va rapportata, altresì, all’assetto funzionale e organizzativo dell’amministrazione interessata e, nella sua valutazione, deve infine tenersi conto della conoscibilità, prevedibilità ed evitabilità dell’evento lesivo.

(foto S.D., archivio GrIG)