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Disastro ambientale nell’Artico.

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Russia, Norilsk, inquinamento da idrocarburi (giugno 2020, foto Corriere della Sera)

Fra incidenti nucleari misteriosi, devastanti incendi senza fine, non poteva mancare il disastroso inquinamento da idrocarburi.

A dispetto dello sbandierato polso fermo da parte della Russia di Putin, la Siberia e l’Artico sono la nuova frontiera senza legge dove il rischio del cataclisma ambientale è sempre più forte.

E a breve partirà il lungo viaggio della Akademik Lomonosov, una vera e propria centrale nucleare galleggiante che dovrebbe fornire energia alle terre russe sulle coste del Mar Glaciale Artico.

E’ già stata soprannominata Chernobyl na lidu, cioè Chernobyl sul ghiaccio.

Beneaugurante…

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

da Il Corriere della Sera, 4 giugno 2020 

Russia, disastro ambientale oltre il circolo polare artico: 20 mila tonnellate di diesel nel fiume.

Putin ha proclamato lo stato di emergenza. L’incidente si è verificato il 29 maggio in un impianto della Norilsk Nickel. L’azienda accusata di non aver dato l’allarme per tempo. (Fabrizio Dragosei)

Per chi segue da vicino le vicende dell’Artico, l’inquinamento da gasolio che ha colpito due fiumi siberiani è solo un anticipo di quello che potrebbe accadere se dovessero andare avanti come previsto i piani della Russia e di altri Paesi nordici per lo sfruttamento intensivo di questa delicata regione. Gas, petrolio, metalli preziosi sono nascosti in quantità nelle viscere della terra al di sopra del 66° parallelo. E la corsa a queste risorse è iniziata. Nei pressi della città di Norilsk, a quasi tremila chilometri da Mosca, un deposito di gasolio ha sversato la settimana scorsa più di 20 mila tonnellate di carburante diesel in uno dei fiumi siberiani. L’allarme, per giunta, è stato dato in ritardo, quando oramai la chiazza oleosa aveva percorso più di 20 chilometri coprendo un’area di 350 km quadrati e inquinando un secondo fiume.

L’intervento di Putin

Le notizie hanno suscitato una forte reazione dell’opinione pubblica, tanto da indurre il presidente Vladimir Putin a intervenire di persona, proclamando lo stato d’emergenza e rimproverando duramente in diretta televisiva i responsabili di quanto accaduto. Non solo i dirigenti dell’industria colpevole del disastro, ma anche il governatore locale che aveva candidamente confessato al presidente di essere venuto a sapere dell’incidente dalle piattaforme social. «Perché il governo è stato informato solo due giorni dopo l’accaduto? Dobbiamo venire a sapere di una situazione d’emergenza dai social media?», ha chiesto infuriato il presidente rivolgendosi al responsabile locale dell’azienda. «Ma lei è a posto con la testa o ha qualche problema?», ha aggiunto, sempre più alterato. La società, che fa capo al colosso delle estrazioni minerarie Norilsk nickel, aveva in un primo momento cercato di controbattere alle accuse del governatore, ma poi quando ha visto che quella strada la portava in rotta di collisione con Putin, ha pensato bene di non insistere sulla sua posizione. Vladimir Potanin, uno degli oligarchi che negli anni Novanta fecero la loro fortuna privatizzando con una spesa irrisoria le grandi aziende statali, è l’azionista di riferimento e presidente della Norilsk. Le azioni ieri sono scese di oltre l’8 per cento e Potanin, secondo Forbes, avrebbe perso un miliardo e mezzo di dollari.

La dinamica dell’incidente alla cisterna

L’incidente è avvenuto il 29 maggio in una centrale elettrica di proprietà di una controllata della Norilsk, la Ntek. I sostegni di un enorme serbatoio circolare hanno ceduto a causa del riscaldamento del terreno. In quella zona il suolo è normalmente ghiacciato sia d’estate che d’inverno, grazie al fenomeno noto come permafrost. Ma i cambiamenti del clima stanno mettendo in crisi tutte le costruzioni che si reggono su pali profondamente infissi nel terreno. Il carburante per la centrale è così finito nel fiume Ambarnaya. Il ritardo negli interventi di bonifica ha fatto sì che il gasolio inquinasse anche un altro fiume, il Pyasina che sfocia nel mare di Kara.

Il secondo grande incidente

I tecnici stanno ora cercando di fermare la chiazza con solventi e galleggianti di contenimento. Ma, secondo gli ambientalisti locali, la situazione è estremamente critica. Dopo l’intervento di Putin, il direttore della centrale Vyacheslav Starostin è stato arrestato e ora è in attesa di processo per inquinamento colposo. Quello di Norilsk è il secondo grande incidente ambientale che si verifica nell’Artico russo. Nel 1994 nella repubblica di Komi ci fu una fuoriuscita di petrolio da un oleodotto. Più di 94 mila tonnellate di greggio finirono nel fiume Pechora e giunsero fino al mare di Barents. Qualche mese dopo, con l’arrivo di piogge torrenziali, il petrolio si allargò su un vastissimo territorio tra altri due fiumi. La bonifica del disastro richiese dieci anni di lavori.

(foto da Il Corriere della Sera)


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